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Emersione da un libro. “E’ abbastanza divertente fare l’impossibile”

Creato il 09 aprile 2012 da Unarosaverde

“E’ abbastanza divertente fare l’impossibile”, come disse Walt Disney e come scoprì Steve Jobs. Sono riemersa ieri, dopo tre mesi dall’inizio,  dalla lunga biografia di Walter Isaacson dedicata al carismatico fondatore della Apple.

Leggo spesso biografie di scrittori, personaggi  storici, imprenditori e, di solito, ci metto molto meno tempo. Questo libro – o forse dovrei dire ebook ma bisognerebbe prima decidere se con libro intendiamo contenuto o contenitore – è interessante, enciclopedico e capitatomi tra le mani in un periodo di poche letture e molti impegni.

Sono un’utilizzatrice di prodotti Apple, di cui apprezzo il design, l’affidabilità, la semplicità d’uso e le caratteristiche innovative. Ho ammirato, leggendo il libro, la determinazione e la genialità di Steve Jobs sicura, d’altro canto, che avere a che fare con un personaggio così complesso fosse molto difficile. Dalle pagine emerge, mescolata alle caratteristiche da “genio mago”, l’umanità della persona, non nell’accezione di pietas del termine quanto in quella del limite di un essere umano dotato di una mente brillante e di un pessimo carattere. Al di là di ogni polemica, confronto, giudizio, alla fine della lettura mi rimangono in testa due concetti che si rincorrono costanti tra i capitoli.

Il primo è contenuto in due citazioni: “La natura ama la semplicità e l’unità”, di Keplero, e “Simplicity is the Ultimate Sophistication”, motto coniato da Steve Jobs stesso. Se penso al design degli oggetti o dei manufatti artistici che mi piacciono, al modo in cui si vestono  coloro che considero eleganti, alla maniera, scritta o orale che sia, in cui preferisco mi vengano veicolate le informazioni, al tipo di persone e di relazioni umane che trovo a me più congegnali, al genere di divertimento che ricerco e a molte altre cose so che queste sono il più possibile  prive di orpelli, lineari, immediate, per nulla roboanti eppur complete nella loro essenzialità. Le cose perfette sono, di solito, anche molto semplici.

Il secondo invece riguarda un approccio culturale, che ho sempre ritenuto fondamentale, che sostiene sia basilare l’incontro tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche  per essere creativi, per capire il mondo, per esprimere se stessi, per uscire dalla massa grigia della conformità e dello stereotipo. I grandi artisti del passato, come Leonardo e Michelangelo, erano anche uomini di scienza. Noi siamo sottoposti ad una miriade di informazioni, a differenza dei nostri avi, e costretti ad un’eccessiva specializzazione o in un ambito umanistico o in uno tecnico. Questo ci porta a perdere di vista l’importanza di una solida educazione di base sia nelle arti liberali che nelle materie scientifiche e, di solito, propendiamo per una o per l’altra, in una dicotomia che si rispecchia anche nell’opinione che abbiamo dei mestieri altrui, nelle idee che sono veicolate dai giornali, nell’espressione dei gusti e dei disgusti nei confronti di qualche materia che “non capiremo mai”.

Il post di ieri, quello sulla mia pessima relazione con la Fisica, era, in fondo, scherzoso. Io vorrei possedere le chiavi per capire bene la matematica, la fisica, la chimica, l’economia perché esse sono alla base del funzionamento della maggior parte degli oggetti che uso e dei fenomeni naturali che mi circondano. Mi sono state fornite più volte, durante gli studi, le vie d’accesso alle parole; molto più raramente ho incontrato insegnanti in grado di togliere il velo di mistero da iniziati che sembra aleggiare su formule e teoremi. Durante i miei studi qualcosa ho imparato ma non è sufficiente: credo sia fondamentale, per l’evoluzione culturale delle persone, trovare il territorio comune in cui umanesimo e tecnica si incontrano e producono scintille creative. Lo penso adesso e lo pensavo a diciassette anni, quando leggevo e rileggevo queste parole di Hermann Hesse:

“pensa che per tutte le immagini e i fenomeni del mondo c’è una risposta in fondo al tuo cuore, che ogni cosa ti riguarda e di ogni cosa dovresti sapere tutto quanto è possibile che un uomo ne sappia”.

Ode al Polymath, l’uomo Universale, mio unico, enorme, oggetto di invidia.


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