Inizia con questa uscita una serie di articoli dedicati alla storia del medium videoludico. Si parte dai giochi di ruolo occidentali
Prima di cominciare la nostra storia dei giochi di ruolo, è d'obbligo fare qualche premessa.
In primo luogo specifichiamo cosa non troverete nel testo: mancano quasi completamente riferimenti ai giochi di ruolo orientali, che saranno trattati in un capitolo a parte dell'enciclopedia del videogioco e che quindi non aveva senso inserire qui; e manca tutto il lato online della faccenda, anch'esso oggetto di un articolo a parte.
Inoltre, leggendo il testo troverete sicuramente alcune, necessarie, mancanze. Nonostante la grandezza dell'articolo non ci è stato possibile inserire tutto ciò che desideravamo (avremmo finito per scrivere un libro). Soprattutto gli anni ottanta e i primi anni novanta sono così pieni di uscite che abbiamo potuto citare solo quelle più rilevanti, ma anche negli anni successivi abbiamo dovuto togliere più di qualcosa.
Detto questo, senza ammorbarvi ancora con le avvertenze, vi lasciamo alla lettura dello speciale, che speriamo vi sia utile per fare il punto della situazione sul genere e per scoprire da dove veniamo e dove stiamo andando.
Gli albori
Gary Gigax, il papà dei gioco di ruolo Se dovessimo dare un nome ai genitori dei giochi di ruolo elettronici alla occidentale non avremmo alcuna esitazione: J.R.R. Tolkien e Gary Gigax. Per chi non li conoscesse, il primo è lo scrittore della trilogia de Il Signore degli Anelli, oltre che di diversi altri libri fantasy, mentre Gigax è autore del primo manuale del gioco di ruolo cartaceo per eccellenza, Dungeons & Dragons. I primi giochi di ruolo elettronici riconosciuti sono stati pubblicati a cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni settanta. Avevano tutti un'interfaccia testuale e giravano sui mainframe universitari (PLATO), all'epoca una delle poche vie di accesso ai videogiochi. Dungeon (1975), Pedit5 (1975), dnd (1975), Orthanc (1978), Avatar (1979) e alcuni altri titoli segnarono gli albori del genere dettando i primi canoni. È facilmente intuibile che già allora era presente un grande amore per il fantasy e che l'obiettivo principale che i pionieri dello sviluppo si proponevano era quello di riuscire a replicare le sessioni dal vivo dei giochi di ruolo cartacei. Rogue Ovviamente, giocandoli oggi, viene da sorridere guardandone la grafica spartana e le interfacce interamente testuali (non era previsto neanche l'uso del mouse, che pur nato ufficialmente nel 1967, si era diffuso solo molti anni dopo), ma è innegabile l'importanza che ebbero gli ambienti universitari nel determinare le tendenze dei primi videogiochi per computer (non solo di ruolo). Era un mondo colto, in cui gli studenti si divertivano a sfidarsi a vicenda proponendo ai loro compagni avventure impegnative in cui perdersi per ore. Era anche la prima generazione post-anni sessanta, più disincantata rispetto a quella precedente e desiderosa di cambiare le regole del gioco e diventare essa stessa produttrice di una cultura che potesse incidere sulla realtà (in meglio o in peggio solo la storia potrà dircelo). Fu in questo contesto che nacque il concetto di multiplayer online con i MUD (di cui parleremo in un capitolo a parte) e furono inventati i giochi di ruolo roguelike grazie, appunto, a Rogue (1980). Fu sempre dagli ambienti universitari americani che emersero le prime personalità dell'industria videoludica occidentale.
Akalabeth, anzi no, Ultima
Il primo gioco commerciale di Richard Garriott Era il 1980 quando Richard Garriott diede alle stampe Akalabeth: World of Doom per Apple II. Allora Garriott era solo un ragazzo appassionato de Il Signore degli Anelli, il Silmarillion e di Dungeons & Dragons (alla morte di Gigax, nel 2008, Garriott gli dedicherà un messaggio di cordoglio appassionato, riconoscendogli il ruolo avuto nella storia dei videogiochi e non solo). Ovviamente amava anche i giochi elettronici. Ricevuto in regalo il suo primo computer, un Apple II, decise di esaudire un suo sogno e si mise a scrivere il suo primo videogioco. L'anno precedente era uscito Temple of Apshai (1979) di Epix per TRS-80, il primo successo commerciale del genere. Garriott pensava di poter fare di meglio e mise insieme il suo pezzo di codice. Pubblicato inizialmente in ben dodici copie, con i dischi di gioco infilati in sacchetti di plastica, la copertina disegnata dalla madre, il manuale fotocopiato e la distribuzione fatta a mano, Garriott ottenne il suo primo successo (curiosità: una di queste dodici copie è stata venduta su Ebay nel marzo del 2013 per poco meno di 100.000 dollari). Non solo vendette tutte le dodici copie, ma ebbe la fortuna di farne finire una nelle mani della California Pacific Computer Company che gli propose un contratto di pubblicazione. Garriott acconsentì. Akalabeth vendette la bellezza di trentamila copie, fruttandogli i primi centocinquantamila dollari della sua carriera e dando il la alla serie che definirà i giochi di ruolo elettronici come nessun'altra: Ultima. Fu Ultima IV a introdurre un sistema morale nei videogiochi Negli stessi anni usciranno altri titoli di grande rilevanza per il genere che non vanno trascurati. Parliamo del primo Wizardry (1981) di Sir-Tech, capostipite di un'altra serie di enorme successo, in parte viva ancora oggi, e il roguelike Sword of Fargoal (1982) di Jeff McCord, che fu un altro grosso successo commerciale per l'epoca e che ancora oggi viene citato dai suoi numerosi fan. Ultima I: The First Age of Darkness (1981) fu l'ultimo gioco di Lord British, questo il nick che Garriott si diede spinto dal successo della sua saga, a essere pubblicato dalla California Pacific Computer Company (ORIGIN Systems viene fondata Richard, Robert (fratello) e Owen (padre) Garriott nel 1983). Non è difficile vederci dentro tutti gli ingredienti che avevano reso Akalabeth un successo: dungeon da esplorare in prima persona, elementi survival come il cibo da portarsi dietro per nutrire il party, un mondo, Sosaria, ottimamente caratterizzato, nonostante i limiti grafici, e l'uso dell'inglese elisabettiano che rendeva particolarmente affascinanti i testi. Vengono introdotti personaggi riconoscibili come Iolo, Shamino e Lord British stesso, che torneranno nei capitoli successivi. Diciamo comunque, per farla breve, altrimenti finisce che parliamo solo di questa serie, che le novità più rilevanti arriveranno con il terzo e il quarto capitolo. In Ultima III: Exodus (1983, primo titolo sviluppato sotto etichetta ORIGIN), furono introdotti i combattimenti con il party, la divisione del mondo in "tile" (caselle) e una narrazione di ampio respiro, molto più appassionante rispetto alle storie spesso semplici, anzi banali, dei giochi precedenti. Invece, con Ultima IV: Quest of the Avatar (1985) fu introdotto nel mondo dei videogiochi il primo sistema morale integrato nelle meccaniche di gioco. Basato su quello cavalleresco era incentrato sulle virtù e sulla loro relazione con i tre principi cardini (verità, amore e coraggio). Sono introdotti anche temi più adulti rispetto a quelli generalmente affrontati dai videogiochi.
Ad esempio si parla di omosessualità e di razzismo. Sempre in Ultima IV viene varata una novità non da poco per la cultura videoludica: il personaggio creato dal giocatore è chiamato "Avatar", denominazione che prenderà piede nel settore e sarà comunemente usata per gli alter ego virtuali degli utenti, nei videogiochi e non solo. Non è sbagliato dire che la maggior parte delle novità introdotte in Ultima III e IV non hanno ancora smesso di influenzare i giochi di ruolo, non solo quelli occidentali. Dei capitolo successivi, oltre l'indiscussa qualità, vanno citati Ultima VII: The Black Gate, il primo Ultima in tempo reale, e Ultima: Underworld, il primo gioco di ruolo elettronico in 3D (anche se finto). Ovviamente non va dimenticato Ultima: Online, che di fatto ha inventato gli MMORPG moderni e di cui parleremo in uno speciale dedicato al genere. Lo citiamo soltanto per sottolineare che Ultima, Garriott e ORIGIN Systems sono stati sinonimi di evoluzione e innovazione fino al fallimento definitivo, sancito dopo il passaggio nelle mani di EA.Tutto si trasforma
The Bard's Tale Gli anni ottanta e i primi anni novanta sono stati una vera fucina per i giochi di ruolo elettronici. È difficile riportare tutti i titoli validi pubblicati in quel periodo, che molti considerano il migliore per il genere. Nascono nuove serie che arricchiscono enormemente il modo di concepire il fantasy dei videogiochi, iniziando a emanciparsi rispetto alle fonti d'ispirazione originali. Ad esempio la serie Might & Magic, iniziata nel 1986 con Might and Magic Book One: The Secret of the Inner Sanctum, oltre a un mondo originale e credibile, introduce variazioni nel gameplay in base alla razza dei personaggi selezionati. Si tratta di una delle saghe più longeve della storia dei videogiochi, di cui sta per uscire a giorni il decimo capitolo. Sempre di quegli anni è un altro importante esponente del genere: The Bard's Tale (1985) di Interplay. Primo capitolo di una trilogia, segna l'esordio sulla scena videoludica di Brian Fargo (inXile vi dice nulla?). Era caratterizzato da regole più semplici rispetto alla concorrenza, ma anche dalla possibilità di esplorare dettagliate città e di ammirare splendidi artwork colorati (all'epoca non erano frequenti). Interplay sfrutterà lo stesso motore di Bard's Tale per realizzare il gioco di ruolo post apocalittico Wasteland, che sta per ricevere un seguito proprio in queste settimane (la beta è già disponibile) e che sarà la base di partenza per un'altra importante serie: quella di Fallout. Più tradizionalista, ma enormemente produttiva, fu Strategic Simulations, Inc., software house famosa per i suoi complessi giochi di strategia, che con Pool of Radiance (1988) iniziò la pubblicazione di un gran numero di giochi di ruolo, molti dei quali con la licenza ufficiale di Advanced Dungeons & Dragons. Non erano titoli originali, visto che seguivano i canoni dell'esplorazione in prima persona con combattimenti a turni, ma erano molto amati per il loro essere ottime versioni elettroniche delle regole del noto gioco di ruolo cartaceo. Erano anche molto più semplici di Wizard's Crown (1985) e The Eternal Dagger (1987), i precedenti giochi di ruolo di SSI, caratterizzati da un'incredibile complessità (anche se alcuni li amano proprio per questo), quindi più abbordabili da un pubblico più vasto. Altra caratteristica di rilievo, mutuata dalla serie Wizardry e amata dai videogiocatori ancora oggi, era la possibilità di importare i personaggi da un titolo della serie all'altro. Dungeon Master Se il 1988 vede l'uscita di Times of Lore di ORIGIN Systems, che introduce meccaniche alla Zelda nei giochi di ruolo occidentale, innestandole in una struttura ruolistica standard, è il 1987 a offrire un altro GDR immenso: Dungeon Master di FTL per Atari ST, che rinnovò profondamente il modo di concepire l'esplorazione dei dungeon in prima persona e che introdusse novità come l'interazione diretta con gli oggetti tramite mouse e i combattimenti in tempo reale, sia con armi che con magie, queste ultime da scoprire sperimentando con le rune rinvenibili nei dedali che componevano il gioco. Il mondo dei videogiochi deve moltissimo a Dungeon Master, non solo per titoli come Eye of the Beholder (primo capitolo: 1990) e Lands of Lore (primo capitolo: 1993), entrambi di Westwood Studios, che ne furono epigoni diretti. Anche giochi come il recente Skyrim vengono da lì e ancora offrono alcune delle innovazioni introdotte dal titolo di FTL. Non per niente i cloni non si contano. Per comodità citiamo la serie Ishar della defunta Silmarils e Stone Keep, tentativo poco riuscito di non far morire il genere introducendo una grafica più appetibile per il grande pubblico (svilendo così il gameplay). Sempre di quegli anni sono serie come Quest for Glory (iniziata nel 1992) di Sierra, un bel miscuglio tra gioco di ruolo e avventura grafica; Betrayal at Krondor (1993), Betrayal in Antara (1997) e Return to Krondor (1998), sempre di Sierra, trilogia dalle strane sorti (il secondo capitolo non aveva la licenza di Midkemia, scenario di Raymond Feist, mentre il primo e il terzo sì) che si fece notare più per le qualità "narrative" che per le innovazioni o la solidità generale. Ci fa piacere citare anche Amberstar e Ambermoon per Amiga, un ottimo esempio di mini serie di giochi di ruolo europei di grande qualità.
La crisi
Albion, bello e sconosciuto È normale che ad anni così ricchi seguissero anni di crisi, che corrisposero all'avvento di nuove tecnologie come il CD-ROM e l'aumento generale della potenza dei computer casalinghi. Stiamo parlando del periodo a cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni novanta, che vide la nascita di problemi inediti per gli sviluppatori e in cui si aprirono questioni che ancora oggi sono dibattute. Ad esempio le nuove tecnologie offrirono sì nuove possibilità, ma fecero lievitare i costi di produzione. Molti si trovarono spiazzati di fronte alle trasformazioni in atto e non riuscirono a sfruttare adeguatamente i nuovi mezzi, anche in virtù di alcuni grossi limiti del sistema. Ad esempio è vero che la possibilità di aggiornare i componenti dei computer aveva avviato una concorrenza spietata tra i produttori di hardware, concorrenza che avrebbe prodotto una grandissima accelerazione nello sviluppo tecnologico, ma allo stesso tempo la mancanza di documentazione e la grande quantità di schede e periferiche presenti sul mercato avevano reso più difficile lo sviluppo.
I tempi di consegna divennero incerti, alcune serie sparirono nel nulla per la necessità di concentrare le risorse su un solo titolo alla volta, mentre i bug aumentarono accrescendo i costi dell'assistenza post-vendita. Sono di quegli anni orrori come il già citato Stonekeep (1995), il primo e il secondo Dragon Lore (1994) o Betrayal in Antara (1997) e Return to Krondor (1998), anch'essi già citati. A quegli anni di decadenza dobbiamo anche alcuni grossi cambiamenti nel modo di concepire i giochi di ruolo. Da genere hardcore pensato per una nicchia di giocatori, si iniziò a ragionare su come far diventare più appetibili certe meccaniche alle grandi masse. Del capolavoro involutivo Diablo di Blizzard parleremo nel prossimo paragrafo, qui vi basti sapere che se oggi abbiamo GDR più dark e con un maggior numero di dialoghi con i personaggi secondari lo dobbiamo proprio a questi anni. Titoli come il misconosciuto Albion (1995) di Blue Byte Software, piccolo capolavoro passato purtroppo inosservato, rappresentano il canto del cigno di un mondo che andava mutando a una velocità incontrollabile. Di questi anni è anche l'uscita di Daggerfall (1996), secondo capitolo della serie The Elder Scrolls che introdusse praticamente tutti gli elementi che la caratterizzano ancora oggi: un mondo aperto tutto da esplorare, sviluppo del personaggio libero e una grande quantità di meccaniche di contorno.L’avvento di Diablo e i giochi di ruolo d’azione
A dare il colpo di grazia al genere, creando paradossalmente un filone commercialmente molto florido, fu Diablo. Il primo gioco di ruolo d'azione della storia fu pubblicato da Blizzard il 31 dicembre 1996, nel pieno della crisi. La software house americana prese tutti i canoni seguiti fino ad allora e li buttò via. Via le decine di statistiche, benvenuta una scheda semplificata con poche caratteristiche da gestire. Via storie profonde e quest articolate, qui si mena e basta. Via scontri strategici basati sulla tattica, qui si combatte con orde di nemici premendo forsennatamente sul mouse. Via mondi ben caratterizzati, benvenuta area hub da cui partire all'esplorazione di un unico, vasto dungeon generato proceduralmente (quindi scarsamente caratterizzato). Il focus è completamente spostato rispetto al passato e la necessità culturale di tentare di riprodurre sessioni di giochi di ruolo cartacee è solo un ricordo. Se i giochi di ruolo elettronici precedenti erano tutti indirizzati agli appassionati dei giocatori di ruolo, Diablo scelse di rivolgersi a un pubblico diverso e indistinto, il più vasto possibile. In Diablo contava riuscire a far crescere il personaggio facendogli acquisire equipaggiamento sempre più potente e facendolo crescere di livello. Determinanti sono il "danno per secondo" e la resistenza, mentre il resto è solo un orpello. Le pozioni diventano oggetti di consumo rapido che si trovano e comprano in grandi quantità. I combattimenti, più che epici, diventano una prova di resistenza. Il bello è che questo "imbarbarimento" del genere risulta essere contemporaneamente sublime e in grado di catturare i giocatori per mesi e anni nelle sue spire (solo più tardi sarà studiato e teorizzato che è così perché i Diablolike vanno a stimolare gli stessi meccanismi psicologici di slot machine e simili). In fondo ci siamo cascati tutti almeno una volta, e ogni tanto ci ricadiamo. Oltre ai due seguiti, Diablo ha prodotto un'immensa quantità di cloni e ha influenzato profondamente numerosi generi, come quello degli MMORPG (basta pensare a World of Warcraft, sempre di Blizzard). Le sue meccaniche, incentrate sull'accumulo, sono la base fondante del modello free to play, che le sfrutta per motivare all'acquisto dei contenuti a pagamento. Tra i cloni di Diablo più famosi citiamo Nox (2000), Dungeon Siege (2002), Fate (2005), Sacred (2004), Hellgate: London (2007), Torchlight (2009), Din's Curse (2011) e Torchlight 2 (2012).
Interplay, BioWare e Black Isle
Uno dei pochi publisher che provò a rivitalizzare il genere mescolando i gusti dei giocatori moderni con quelli dei giocatori classici fu Interplay. Alcune dei titoli e delle serie più citati dagli appassionati ancora oggi, furono sviluppati da due software house che lavoravano praticamente in parallelo e i cui membri ancora oggi mantengono ottimi rapporti di collaborazione. È a Black Isle che dobbiamo uno dei capolavori assoluti del genere: Fallout (1997), seguito apocrifo di Wasteland ambientato in un'America post apocalittica dura e realistica. La grafica isometrica minimale non inganni, perché Fallout portò tali e tante innovazioni tra interfaccia, temi, narrazione e gameplay non lineare (poteva essere completato senza mai combattere) che è difficile illustrarle tutte in questo contesto. Numerose erano anche le scelte morali da compiere che alteravano enormemente i rapporti con i personaggi non giocanti. Probabilmente il primo Fallout è il gioco di ruolo più influente degli anni novanta, ancora oggi molto citato. Nel 1998 uscì il seguito, Fallout 2, che ampliava l'originale senza modificarne le meccaniche. La trilogia ideale è conclusa da Fallout Tactics: Brotherhood of Steel (2001), titolo di minor impatto, maggiormente incentrato sui combattimenti. Molti anni più tardi, Bethesda riprenderà la serie e realizzerà Fallout 3 (2008), mescolando i temi del gioco di Black Isle alla struttura di Elder Scrolls. Sempre Bethesda produrrà nel 2010 Fallout: New Vegas, sviluppato da Obsidian Entertainment, software house, quest'ultima, che comprende molti ex membri di Black Isle. L'anno dopo Fallout, Interplay pubblicò Baldur's Gate (1998), altro gioco di ruolo isometrico sviluppato da BioWare, caratterizzato dalla licenza ufficiale di Advanced Dungeons & Dragons, da scenari disegnati a mano e da combattimenti in tempo reale con pause tattiche. Il gioco di BioWare non portò particolari innovazioni, ma fu acclamato per le sue qualità complessive, confermate e superate dal sequel ufficiale, Baldur's Gate II: Shadows of Amn (2000), sempre di BioWare. Sfruttando lo stesso motore grafico, l'Infinity Engine, Interplay pubblico altri giochi di ruolo di alto livello. Tra questi la serie Icewind Dale (2000) di Black Isle, formata da due episodi e incentrata sui combattimenti e il capolavoro assoluto Planescape: Torment (1999), sempre di Black Isle, titolo diventato famoso per l'immensa bellezza del suo lato narrativo. In generale, i GDR realizzati da BioWare e Black Isle con l'Infinity Engine sono considerati tra i migliori esponenti del genere e hanno fruttato a entrambi gli sviluppatori una grossa fama tra gli appassionati. Nonostante questo, Black Isle fu costretta al fallimento.
Sempre più mondi, sempre più ibridi, sempre più console
Il primo decennio del nuovo millennio dei giochi di ruolo è stato caratterizzato da quattro ceppi nati negli anni precedenti, che ci permettono di parlare di un vera e propria rinascita del genere: il ceppo Diablo e cloni, il ceppo BioWare, il ceppo dei derivati di Black Isle e il ceppo Bethesda. A questi si sono comunque affiancate diverse produzioni di rilievo. Di questi anni sono capolavori come il cyberpunk Deus Ex (2000) di Ion Storm, ibrido tra un gioco di ruolo e uno sparatutto in prima persona, o Gothic (2001) di Piranha Bytes, rilevante rappresentante della scuola tedesca che, senza rinunciare ad alcuni dei fondamentali dei giochi di ruolo, ha messo in campo un motore grafico di prim'ordine. Si tratta del primo capitolo di una serie che conterà ben tre episodi, dei quali il secondo è considerato uno dei giochi di ruolo alla occidentale moderni migliori di sempre. Dopo Gothic 3, Piranha Bytes perderà i diritti sulla serie e ne inizierà un'altra. Nasce Risen, titolo gemello in cui si trovano tutte le caratteristiche che hanno reso popolare Gothic. La serie, per ora, è ferma al secondo capitolo, caratterizzato dal tema piratesco. Ma torniamo alle "scuole" di sviluppo di cui parlavamo prima. Dal ceppo BioWare nasceranno titoli come Neverwinter Nights (2002), titolo fantasy con licenza AD&D nato sulla scia dei Baldur's Gate. Fu un immenso successo commerciale che vide per la prima volta lo sviluppatore cimentarsi con un motore 3D. BioWare rilasciò anche un potente editor per permettere agli utenti di creare le proprie avventure (era prevista anche l'introduzione della figura del dungeon master per dirigere le partite). Neverwinter Nights godette anche di un seguito nel 2006, primo gioco a usare la terza edizione delle regole di D&D, sviluppato però da Obsidian Entertainment, società che, come già detto, fu fondata da alcuni dipartiti da Black Isle Studios. Neverwinter Nights 2 è ricordato non solo per il gioco base, ma anche per la qualità delle sue espansioni. Soprattutto la prima, Neverwinter Nights 2: Mask of the Betrayer (2007) è rimasta impressa nel cuore di molti per la bellezza e la profondità della storia narrata, oltre che per l'introduzione di meccaniche hardcore non presenti nel gioco base. Neverwinter Nights 2: Storm of Zehir (2008), la seconda e ultima espansione, ottenne una certa fama, in questo caso non tanto per la storia quanto per l'introduzione di un sistema di esplorazione molto simile a quello di alcuni titoli degli anni ottanta. Ma abbandoniamo un attimo BioWare e Obsidian e parliamo di un altro prodotto del "ceppo Black Isle". Infatti ci fu un altro studio che nacque dalle ceneri di quell'esperienza: Troika Games, il cui primo titolo fu Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura (2001), gioco di ruolo isometrico steampunk che condivideva lo stesso approccio e la stessa qualità di scrittura dei primi due Fallout. Non fosse stato per qualche bug di troppo (marchio di fabbrica di Troika), probabilmente sarebbe stato accolto meglio dai videogiocatori. Comunque, con il tempo, si è guadagnato lo status di titolo di culto e molti lo considerano addirittura migliore di Fallout, grazie alla maggiore vastità e all'originalità del suo scenario. Gli altri titoli di Troika furono The Temple of Elemental Evil (2003) e Vampire: The Masquerade - Bloodlines (2004), entrambi ricordati come ottimi giochi di ruolo ed entrambi famosi per i loro bug. Purtroppo, nonostante la qualità della sua produzione, Troika non riuscì mai a spiccare il volo a livello di vendite e nel 2005 dovette chiudere i battenti. BioWare e Obsidian, invece, hanno continuato a realizzare videogiochi. BioWare, acquisita da Electronic Arts, sarà tra i primi sviluppatori classici di GDR a tentare la via delle console, ibridando il genere con quello degli action in terza persona. Nascono così Star Wars: Knights of the Old Republic (2003) e Jade Empire (2005), entrambi esclusivi per la prima Xbox (ma in seguito portati anche su PC). In quegli anni inizia lo sviluppo di Dragon Age: Origins, poi pubblicato nel 2009 su PC, Xbox 360 e PlayStation 3, probabilmente l'ultimo gioco di ruolo puro della società. Nel frattempo Obsidian, archiviato Neverwinter Nights 2, si era imbarcata nel suo progetto più ambizioso: Alpha Protocol, pubblicato nel 2010 sempre su PC e console, che ottenne critiche negative e che, nonostante alcune ottime qualità, era macchiato da problemi d'intelligenza artificiale. Tra le sue caratteristiche c'erano una storia non lineare e la mescolanza tra stealth e gioco di ruolo. A fianco a questi storici nomi aveva continuato a lavorare anche un'altra grande: Bethesda Softworks. Salvata dal dissesto finanziario da Zenimax, per colpa di alcuni titoli sbagliati (Battlespire e Redguard), Bethesda iniziò a dedicarsi quasi esclusivamente alla serie nata nel 1994 con Arena e proseguita nel 1996 con Daggerfall, quella di The Elder Scrolls. Nel 2002 esce Morrowind, terzo capitolo della serie che mostrò un miglioramento incredibile nella tecnologia usata per lo sviluppo e che, nonostante i bug, fece breccia nel cuore dei giocatori PC che furono rapiti dalla possibilità di esplorare una vasta isola piena di dungeon e missioni. Il capitolo successivo, Oblivion, sarà il primo a essere progettato nativamente anche per console (Morrowind uscì anche su Xbox, ma con un port successivo). Uscirà infatti su Xbox 360 e PC nel 2006, per poi essere portato anche su PlayStation 3. Tra i primati di Oblivion ce n'è uno non molto amato dai fan: fu il primo videogioco della storia a introdurre il concetto di DLC, ossia di micro contenuti a pagamento. Tra il quarto e il quinto capitolo della serie ci sarà la pausa Fallout 3 (2008), che di fatto salvò dall'oblio la serie di Black Isle, ridandole vita e portandola al successo, quindi sarà la volta del recentissimo Skyrim (2012), successo mondiale che può vantare ben più di dieci milioni di copie vendute.
Deriva action
Avviene nel primo decennio del nuovo millennio un passaggio storico che segnerà completamente il genere dei giochi di ruolo: i mondi PC e console, che fino ad allora avevano viaggiato in parallelo incontrandosi raramente, stavano per convergere. L'aumento dei costi di produzione dei videogiochi rendeva necessario rivolgersi ai mercati più floridi. Produrre giochi di ruolo costa molto di più di altri generi, vista la quantità di meccaniche e di risorse da realizzare. Si tratta di anni difficili per il mercato PC, decisamente in ribasso rispetto a quello concorrente. Per questo motivo si iniziano a progettare interfacce ibride che permettano di inserire alcuni elementi dei giochi di ruolo in esperienze più action, gradite a un mercato da sempre caratterizzato da produzioni più leggere (in termini di meccaniche). Se con la generazione Xbox/PlayStation 2 i titoli multipiattaforma si moltiplicano, è con quella Xbox 360/PlayStation 3 che diventano la regola. Serie come Fable, nata nel 2004 sulla prima Xbox, dettano la strada, grazie anche al loro enorme successo. Dei giochi di ruolo tradizionali rimane spesso in campo solo la complessità dello scenario, la possibilità di far crescere il personaggio, anche se in modo molto più blando rispetto a titoli del passato, e la strutturazione in quest principali e sotto quest. Indicativa in questo senso è la serie Mass Effect di BioWare, nata con ambizioni da gioco di ruolo ibrido con il primo capitolo del 2007, e trasformatasi in uno sparatutto puro con il secondo e terzo capitolo, molto più vicini concettualmente ai Gears of War, tenendo solo i dialoghi e una certa non linearità come elementi da gioco di ruolo. Nel terzo capitolo sarà semplificato enormemente anche il sistema di quest secondarie, ridotto a un origliare i desideri dei personaggi non giocanti. La stessa sorte toccherà anche a un altro titolo di BioWare, il già citato Dragon Age: Origins, che da gioco di ruolo puro, molto vicino come concetto ai Baldur's Gate, subirà una deriva action con il secondo episodio, seguendo la strada presa da Mass Effect, anche se in modo meno marcato. I grandi publisher, semplicemente, non vogliono più produrre giochi di ruolo tradizionali, come imparerà Obsidian stessa che, contemporaneamente a Fallout: New Vegas, dovrà realizzare il terzo Dungeon Siege, praticamente un action con meccaniche alla Diablo. In questo scenario sono soprattutto gli studi europei a mantenere la barra dritta. Ad esempio si affermano realtà come la software house belga Larian Studios, che con la serie Divinity prova a rendere meno blando il modello Diablo, inserendo una narrazione più articolata e una minore linearità. L'ultimo episodio della serie, Divinity II (2009-2010), riesce con successo a mescolare azione in terza persona, gioco di ruolo e meccaniche alla Diablo, senza ridursi a essere un mercatino delle pulci di oggetti dai nomi strambi. Dalla Polonia arriva invece CD Projekt con The Witcher (2007), ormai quasi al terzo capitolo, che prende una serie letteraria fantasy quasi sconosciuta fuori dai confini polacchi e la fa affermare a livello internazionale, segno che a volte bisogna credere nella propria cultura per tirarne fuori qualcosa di buono, senza per forza doversi appoggiare alle culture altrui. Il secondo The Witcher sarà pubblicato con successo anche su console, dopo aver fatto scalpore su PC, e segnerà l'inizio di progetti multipiattaforma anche per CD Projekt (The Witcher 3 e l'annunciato Cyberpunk sono in sviluppo anche su PlayStation 4 e Xbox One). I tentativi di ibridazione non mancano anche in Europa, ma l'occhio è sempre più verso il mercato hardcore che verso la massa. Uno sparatutto come S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl (2007) di GSC Game World, ad esempio, è pieno di elementi da gioco di ruolo più profondi e articolati di quelli di alcuni giochi di ruolo classici. Comunque, a parte nobili eccezioni, molti considerano questo come un nuovo periodo di crisi per il genere, sempre più snaturato dalle sue radici e sempre più contaminato. In realtà è proprio di questi anni la nascita di un gran numero di spinte dal basso che tenteranno di recuperare alcuni degli elementi cardine dei giochi di ruolo.
La scena indipendente e il crowd funding
Insieme all'impossibilità dell'industria dei tripla A di produrre giochi di ruolo tradizionali dall'alto budget, nascono e si sviluppano una serie di progetti indipendenti che portano alla ribalta vecchie formule e che ridanno vita commerciale a meccaniche che ormai si pensava morte. Se Spiderweb Software, attiva del 1994, non ha mai cessato di pubblicare giochi di ruolo tradizionali hardcore, con serie come quella di Exile, Avernum e Avadon, titoli come The Age of Decadence di Iron Tower Studio o Legend of Grimrock di Almost Human rivitalizzano la concezione hardcore del genere. Soprattutto il secondo, un clone di Dungeon Master di enorme successo, ha portato effetti positivi su tutta la scena, convincendo ad esempio un colosso come Ubisoft a produrre un gioco di ruolo hardcore come Might & Magic X - Legacy senza scendere a compromessi con il pubblico di massa. Dopo anni di mega produzioni, il mercato sembra essere tornato ad aprirsi alla possibilità di generare opere più piccole, ma mirate, in cui gli elementi estetici possono essere sacrificati a favore di un gameplay più profondo. Così, se il mercato dei giochi di ruolo tripla A va sempre più verso l'online e verso le micro transazioni, chi volesse avere un'esperienza ruolistica più profonda non può che rivolgersi ai mercati alternativi. Da questo nuovo scenario, con il formarsi di un mercato di rigetto, ne è derivato un altro. Gli sviluppatori della vecchia scuola, stanchi di non poter realizzare i giochi desiderati, si sono rivolti al crowd funding per ottenere finanziamenti. Portali come Kickstarter, sicuramente il più noto, o IndieGoGo, per citarne un altro, consentono di esporre i propri progetti al pubblico ottenendo finanziamenti. Campagne ben orchestrate, e la fama dei proponenti, sono quasi sempre garanzia di successo. Insomma, invece di un singolo produttore che mette tutti i soldi, lo stesso ruolo viene affidato ai potenziali clienti del prodotto. Si sono rivolti a questo sistema giganti dello sviluppo dei giochi di ruolo come inXile di Brian Fargo, che ha ricevuto finanziamenti per ben due prodotti: Wasteland 2, ormai quasi pronto, e Torment: Tides of Numenera, ancora in pre-produzione. Oppure Obsidian, che ha ottenuto un grande successo proponendo Pillars of Eternity, ancora in sviluppo; il vate Richard Garriott in persona, alla ricerca di fondi per il seguito spirituale della serie Ultima: Shroud of the Avatar, arrivato alla prima fase alpha, e così via. Anche se molti di questi titoli non sono ancora arrivati sul mercato, è indubbio che si tratta di un nuovo modo di concepire la produzione dei videogiochi. Volete un gioco di ruolo (e non solo) hardcore? Bisogna che lo finanziate. È questo l'unico futuro possibile?