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Enrico Pea, Chifenti

Da Paolorossi
Chifenti

Chifenti

Mio nonno si era fermato a Chifenti. E’ un paese sotto monte in pianura, Chifenti, sulla strada che mena ai Bagni di Lucca: presso la sponda del fiume Lima che di lì conchiude il suo viaggio: oltre, poco in là dal paese, il Serchio lo assorbe nel suo letto che è più capace. Il fiume rasenta il paese e sventra la campagna. E’ da questa parte solatìa che sono le ville dei signori. Dalla parte opposta i castagneti in altura danno frescura in estate, ma d’inverno c’è arido. La diligenza postale, che passa sulla strada sotto monte, frantuma nella carreggiata il ghiaccio ogni volta che ripassa. E lo stillicidio alle grotte si fa diacciòli, come a Seravezza. Ma il resto del paese è assolato, e salvo il venticello che il fiume porta in groppa alla corrente qualche volta anche umidiccio, il clima è tiepido.
Noi arrivammo di ottobre sul far della sera. Da Seravezza a Chifenti quasi un giorno e una notte di tran-tran. Mia madre e noi tre figlioli, nella madia del barroccio, dove era stato possibile adattarci con le masserizie della casa ché tramutavamo a Chifenti, chiamati dal nonno che si era fermato con una risoluzione improvvisa a voler fare da padre, ora che mia madre era vedova.

( Enrico Pea, Magoometto– Garzanti, 1942 – Parte terza del “Romanzo di Moscardino”, pag. 171-172 – Elliot Edizioni, 2008 )

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