Faccio da dodici anni il giornalista dilettante, scrivendo da ospite su testate giornalistiche dirette da amici, da parenti o… da me. Non sono un giornalista professionista, perciò, e raramente ho ricevuto un compenso per quello che ho scritto, in genere per puro divertimento. Sono molto contento, però, per l’approvazione della Legge che stabilisce un compenso equo minimo per i giornalisti iscritti all’Ordine che non hanno un contratto di lavoro subordinato o inquadrato nel contratto nazionale, cioè freelance e collaboratori autonomi. Intanto perché nella categoria conto amici fraterni, conoscenti, gente che mi sta simpatica, che seguo e per cui faccio il tifo. Poi perché questo rappresenta un’inversione di tendenza di due tipi: primo, un minimo di freno allo svilimento della categoria, ormai completamente esposta alla tendenza allo zero del valore delle informazioni; secondo, un piccolo gradino risalito nella discesa a precipizio dei diritti di chi lavora. Non è poco, anche se non basterà da sola la legge a restituire stipendio, se non dignità (quella se la danno da soli), ai tanti che se lo meritano.