Replicare a tutti gli articoli pubblicati in Italia che contengono percezioni errate – profondamente errate – sulla Turchia richiederebbe un impegno a tempo pieno: mi limito allora a quelli più eclatanti, come questo che è stato pubblicato qualche giorno fa – su imbeccata come al solito dell’ANSA – sulla versione online del Sole 24 ore ( Turchia, Erdogan assume 6mila persone per guerra del web ).
La notizia è che l’Akp assumerà 6000 persone per occuparsi della comunicazione via twitter: ma i fatti sono grossolanamente distorti e il contesto capovolto. Scrive infatti il collega: “dopo la secca sconfitta subita su Twitter e Facebook, diventati un grande mezzo di comunicazione e di denuncia dei giovani contestatori di Gezi Park durante le grandi proteste di giugno, il partito islamico Akp del premier turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di assumere 6mila persone per contrastare l’opposizione anche sul web.”
Innanzitutto, l’Akp NON è un “partito islamico” ma un partito democratico e conservatore – chiaramente d’ispirazione islamica (definirlo “islamico” significa credere chissà cosa ai lettori); inoltre, queste 6000 persone verranno reclutate in vista delle elezioni amministrative di marzo: un’operazione mirata, sostanzialmente indipendente dai fatti di Gezi; e infatti, come ho scritto più volte nei miei articoli e direttamente sul blog, uno dei segreti dei successi elettorali dell’Akp è proprio l’uso sapiente della comunicazione politica e dei social network (ne scrivevo in relazione alle politiche del 2011). Chi segue da vicino le vicende politiche turche lo sa benissimo: leader nazionali, rappresentanti locali, semplici membri, organi centrali e periferici dell’Akp fanno da anni un uso intelligente e proficuo di Internet, Facebook, twitter e quant’altro!
Che poi, che senso ha – se non quello di disinformare – parlare nello stesso articolo di due casi talmente diversi come quello iraniano e quello turco?
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