Roma, 22 giugno 1983: Emanuela Orlandi sparì in circostanze misteriose all’età di quindici anni. Il caso divenne presto uno dei più oscuri della storia italiana coinvolgendo lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano, la Juventus di Platini.
Domenica 3 luglio 1983 il Papa di allora, Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi. “Se non la liberate sarò costretto a fare rapporto a Gesù”.
L’8 luglio 1983 un uomo con inflessione mediorientale telefonò a una compagna di classe di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani. E che era alta venti centimetri.
Il 17 luglio venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Alì Ağca. Ağca, astuto, rifiutò.
Dopo oltre vent’anni di silenzio, una serie di telefonate pervenute alla redazione di “Chi l’ha visto?” hanno convinto la procura di Roma a riaprire il caso, secondo tre filoni d’inchiesta:
Banda della Magliana: il boss Enrico De Pedis avrebbe ordinato il rapimento di Orlandi per fare pressione sul Vaticano e riottenere i venti miliardi investiti nella fallimentare operazione IOR/Banco Ambrosiano, la collezione “Almanacco di Topolino 1970-1980” e un pacchetto di Merit dimenticato a casa del cardinale Marcinkus.
Lupi Grigi: secondo Alì Ağca il sequestro, la cui vittima si troverebbe tuttora rinchiusa e sedata in una clinica svizzera, sarebbe stato organizzato per distogliere l’attenzione dalla pista bulgara che portava agli attentatori di Giovanni Paolo II. L’iniziale entusiasmo degli inquirenti si è affievolito quando Ağca ha indicato come mandante dell’operazione Zorg il Cornuto, potentissimo governatore del pianeta Klingon.
Mostri Haniwa: il rapimento sarebbe stato commissionato dalla regina Himika, gelosa dell’interessamento di Hiroshi per la giovane Emanuela. Questa rimane ad oggi l’ipotesi più credibile.
Dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un tale Pierluigi il quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo de’ Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. “Pierluigi” riferì anche che “Barbara”, all’invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della vergogna che provava nell’indossare gli occhiali. Eh, che dire: decisamente una telefonata attendibile .
Tra le teorie più accreditate sulla sparizione di Emanuela Orlandi c’è quella del rapimento da parte di un gruppo di sceneggiatori italiani caduti in depressione per il successo di “Sentieri”. Il piano prevedeva, oltre al rapimento, il depistaggio tramite un copione da recapitare a tutte le nascenti TV private. Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita dalla Banda della Magliana che aveva perso una mano di tressette con Giulio Andreotti, Licio Gelli, Toto Riina, Paul Marcinkus e un giovane Silvio Berlusconi. Diedero l’incarico al cameriere turco, tale Ali Ağca, senza sapere che fosse un infiltrato dei servizi segreti turchi, che avevano infiltrato i servizi segreti bulgari, che avevano infiltrato i servizi segreti italiani, già infiltrati da quelli americani, che dirigevano quelli turchi. Vi sembra una cazzata? Solo perché non avete letto la pagina di Wikipedia sulla sparizione di Emanuela Orlandi.
Dopo una serie di telefonate non attendibili arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un uomo, il quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo de’ Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. “Pierluigi” riferì anche che “Barbara”, all’invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della vergogna che provava nell’indossare gli occhiali. Nonostante la telefonata sia stata giudicata attendibile dagli inquirenti, ancora oggi nulla si sa della Orlandi. In compenso pare che Barbara abbia scoperto le lenti a contatto. E suoni il flauto. In quel senso.
Il 20 novembre 1984, il movimento nazionalista turco dei Lupi Grigi emise un comunicato con il quale dichiarava di custodire Emanuela e Mirella nelle proprie mani. Questa pista, tuttavia, è stata sconfessata dall’ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i Lupi Grigi in quel periodo stavano vivendo un momento di tensione interna, a causa dei continui conflitti con il gruppo fondamentalista osseto dei Maialini Rosa Pallido, il che li aveva spinti a fingere il rapimento delle due ragazze italiane. I Maialini Rosa Pallido, dal canto loro, risposero alla provocazione organizzando il rapimento di un gruppo di nani da giardino napoletani, che vennero liberati solo grazie all’intervento di un intermediario della camorra, nipote di un boss del casertano, tale Tigre di Mompracem. Ulteriori particolari di questa vicenda sono stati raccontati da Roberto Saviano in un recente articolo comparso su la Repubblica, con il quale il giornalista denuncia le infiltrazioni della camorra nelle fiabe dei fratelli Grimm.
Dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un tale Pierluigi il quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo de’ Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. “Pierluigi” riferì anche che “Barbara”, all’invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della vergogna che provava nell’indossare gli occhiali. La telefonata fu riascoltata al contrario e si scoprì che Barbara aveva suonato gli occhiali di Pierluigi anche se lui avrebbe preferito il flauto. Che non era Campo de’ Fiori, ma “Da Luana e mejo fiche de Roma”. E non era una telefonata ma il primo sms sperimentale a voce.
Le indagini delle forze dell’ordine non tralasciarono nessuna pista. Si andò dai presunti collegamenti con lo “scandalo IOR ed il caso Calvi” a quelli con “la Banda della Magliana” o “l’attentato a Giovanni Paolo II” per finire a quelli con “L’Inter vince e stacca la Juve di tre punti”. Pista quest’ultima subito abbandonata a seguito della sconfitta con la Fiorentina.
Secondo il giornalista Pino Nicotri la Orlandi sarebbe morta il giorno stesso della scomparsa, durante un incontro con una persona molto in alto nella gerarchia vaticana. Piero Angela.
Alle telefonate precedenti ne seguì un’altra, anch’essa ritenuta attendibile dagli inquirenti. Era di un tale Piercarmine il quale raccontò che la sua cognata aveva incontrato a Mirabilandia due ragazze, una delle quali suonava la tromba col culo e intanto faceva “proooot” con la bocca e diceva di chiamarsi Pierpamela. Piercarmine riferì che Pierpamela gli aveva fatto un pompino incredibile nei cessi, quelli accanto all’ingresso del PAM sotto casa sua, e che anche dopo averle riempito di SBORRA la bocca lei ne voleva ancora e diceva che lui, Piercarmine, aveva un pisello enorme che mai ne aveva visto uno simile. I familiari riattaccarono quasi subito.
Il 25 giugno, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un uomo che diceva di chiamarsi Pierluigi e di stare tranquilli: “Emanuela la ritrovate di sicuro”.
La Orlandi fu attirata in trappola con la promessa di un impiego come presentatrice Avon. Quindi meritava di morire.
Nata nel 1968, diventata celebre, scomparsa, sempre sul punto di riapparire, Emanuela Orlandi è riuscita a ripercorrere perfettamente le orme della sua coetanea Sabrina Salerno.
E’ molto probabile che Emanuela Orlandi sia solo la vittima di una serie di trame molto più in alto di lei. Tuttavia, come provare pietà per una cittadina dello Stato Vaticano?
Non capisco tanto penare per ritrovarla: era solo una mostruosa culona.
Sono passati ventinove anni da quando l’allora quindicenne Emanuela è sparita. Le opinioni riguardo la sua sorte sono alquanto variegate. C’è chi ritiene sia stata uccisa, chi pensa si tratti di un rapimento, chi crede ad una fuga, chi ipotizza un collegamento col caso Calvi, chi ha ormai perso ogni speranza e chi ancora confida, dopo una lunga attesa, che possa improvvisamente riapparire e gridare “liberi tutti!”
Era il 22 Giugno 1983. Appena sveglio, accesi il televisore. “È scomparsa Emanuela Orlandi, quindici anni, alta un metro e sessanta. Capelli lunghi, neri e lisci, indossava pantaloni jeans, camicia bianca e scarpe da ginnastica”. Leggermente eccitato, raggiunsi mia madre in cucina e le chiesi se la sera prima fossi rientrato a casa sbronzo. Il caffè bolliva emanando odore di bruciato. Mamma maneggiava un bicchiere vuoto tenendo gli occhi fissi sulla parete bianca. Non mi fu di grande aiuto. Mi sedetti a fissare la stessa parete cercando di schiarire i miei ricordi. Mentre pedalavo lungo via della Conciliazione fui attratto da una ragazza che corrispondeva alla descrizione dell’annuncio. Le suonai il campanello, potevano essere le due e mezza. Sorrise. Frenai con i piedi, mi girai. Lei smise di parlare con le amiche, abbandonò la sua birra e la borsetta, si accomodò sul telaio. Preso da un furore dionisiaco pedalai per Campo de’ Fiori, poi Trastevere, fino a casa mia. “Vuoi salire?”. “No, domattina alle nove messa e coro”. Strofinava le dita intorno a un piccolo crocefisso in legno. “Ma è questa la vita che vuoi? Resta con me, spariremo con la mia Cinquecento, ce ne andremo per le campagne e basteremo a noi stessi. Vaffanculo a tutti, anche a Lui”. Mi guardò pensierosa, sorrise, mi strinse la mano e non la lascio più. Santo Alcol. Oggi, 6 gennaio 1994, caro Diario, stringo forte la mano di questa Ylenia Carrisi. Io ed Emanuela abbiamo litigato, lei è ghiacciata e distesa sotto il mio letto da un po’ di anni ormai. Non mi parla più. Voglio che mia madre conosca questa ragazza bionda e solare, forse lei può estirpare il male che vive in me. Leggo di servizi segreti, banda della Magliana, IOR, conventi in Arizona e tante, troppe strane teorie sulla sparizione di questi due angeli. La verità è fin troppo semplice, invece. Ma è inutile cercare, non ci troveranno mai. Affido questa pagina del mio Diario a una bottiglia ed al fluire della corrente, con la speranza che sia fatta finalmente chiarezza. E che qualcuno tinteggi quella cazzo di parete bianca nella mia cucina.
Vi vogliamo bene,