Paola Pluchino. In un divenire ricco di imprevisti, i giovani giornalisti che qui si esprimono, si differenziano dalle altre generazioni per la loro abilità all’essere poliedrici e in continuo movimento, capaci di reinventarsi ogni giorno, pur non perdendo mai di vista i propri obiettivi, che l’oggi ha condito con esatti algoritmi, con molteplici difficoltà di realizzazione.
Gli articoli contenuti in questo numero, ricalcano il movimento del pensiero, adottando, come natura contemporanea vuole, innumerevoli direzioni e prospettive. Ogni scritto è da intendersi quindi nella sua accezione aperta, tanto nei contenuti, quanto nel modo in cui la relazione s’intesse, da parte a parte, da parola ad immagine.
Ecco così che la linea della drammaturgia di Laura Forti, s’interseca con il teatro di kazuo ohno e da qui giunge, trasfigurata, all’espressione del dolore, dall’idea che passa tra la riflessione e il corpo significante.
Come l’Archeologismo di Evan de Vilde, o il post imago dei social network, come la pura eleganza di Salvatore Ferragamo o gli archetipi del Pav, la rete si moltiplica e cresce, non nella confusione delle spire, quanto piuttosto in un ordinato aleph, costruito per nodi caldi e immagini stringenti.
L’inventiva relazionale è qui il leit motiv che spinge all’azione, all’operazione concettualmente capace di esprimere il colore in luogo dell’immagine, la narrazione come montaggio onirico, la Storia con il riso, in un continuo scambio e dialogo tra capacità dissimili.
Riecheggiando il monito del linguista de sassure, che intendeva la lingua come un sistema dove tutto si teneva, anche qui, per questi giovani critici d’arte, si costruiscono ponti tra le discipline, si selezionano fatti, capaci di esprimere il recto e il verso del loro modus operandi, intransigenti nei confronti del mediocre, entusiasti a capaci, nell’espressione e nel sostegno alle nuove leve della cultura visuale, la sola adesso capace di esprimere e concentrare in sé le pulsioni più profonde, le indicibili frasi che il cuore suggerisce e la parola non può che imprimere.
Questo numero, ancora una volta decreta un passaggio, un camminare per l’erta stretta che ha il sapore del coraggio e della speranza, riflettendo ancora il nuovo.