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Chi mi conosce lo sa: adoro guardare film che demoliscono i luoghi comuni, che si fanno beffe dei cliché e che stravolgono gli stereotipi, e spesso finisco per adorare film che nella stragrande maggioranza odiano. Infatti, se vogliamo escludere il lato fantastico della questione, non ho mai adorato Twilight, per il semplice motivo che la trovo una storia piatta: lui, lei, l'altro… chepalle!
E così, come in campo cinematografico, anche per i libri la storia si ripete, con la differenza che qui, nel mondo della letteratura, la scelta è più varia e i titoli su cui scegliere sono innumerevoli. La pecca è che difficilmente, a parte se si è seguito un qualche consiglio, cosa che faccio raramente, si è a conoscenza della sinossi di base. Certo, si possono leggere quei trafiletti striminziti, poco coerenti, che si trovano nel risvolto di copertina, ma suvvia, davvero siete di coloro che si affidano a quelle scarne parole per la scelta di un libro? Be', io ho smesso da tempo e preferisco andare a naso, il che a volte mi regala autentiche tavanate.
In realtà si tratta di casi isolati, per fortuna pare che abbia fiuto per quanto riguarda le letture che gradisco. Ma il problema persiste: perché le storie, almeno la stragrande, devono scorrere tutte allo stesso modo? E non parlo solo di storie d'amore, che peraltro forse sono le più scusabili. Horror, thriller, gialli, sembra che ormai si conosca solo un modo per raccontare una storia e che uscire dai binari sia quasi un delitto mortale. Tanto per fare un esempio: gli zombie.
I libri a loro dedicati si muovono tutti sulla stessa linea, difficilmente avrete modo di trovare qualcosa di diverso, e questo ha come effetto il saturare il mercato, rendere un genere vecchio e stantio, con la conseguente morte del genere stesso. È mai possibile che in quasi tutti i libri di zombie i sopravvissuti sappiano fare di tutto? Esperti di armi, come se chiunque sappia prendere in mano una pistola, senza contare il saper riconoscere calibro di proiettili e altri dati tecnici. Ma non solo armi. Riparatori, cartografi, esperti di quello o di quell'altro… Insomma, sarebbe così strano leggere di un sopravvissuto che sia un poveretto qualsiasi, che magari fino al giorno prima si spaccava di canne e le uniche cose che sa per certo è come accendere una Xbox o postare uno status su Facebook?
Certo, le eccezioni esistono (grazie Keene, senza di te questo mondo sarebbe molto più triste!), ma sono poche. Davvero poche…
Questo però mi porta ad un'altra riflessione: che la colpa sia dell'enorme mole di materiale di cui il mercato sembra traboccare? Nella musica si dice che le note siano sette e che prima o poi diventa inevitabile ripetersi… Forse questo vale anche per la narrativa. Forse abbiamo finito di attingere al calderone dell'originalità e ora stiamo solo studiando modi per rinnovare qualcosa che ormai sa solo di già visto. Forse…
Ma non voglio crederci. Voglio pensare che sia solo poca voglia di mettersi in gioco (perché chi ci mette la faccia c'è) e di avere poco coraggio nel rischiare. Censura, buoni sentimenti e moralità, concetti che minano le basi della creatività, imbrigliandola e impedendole di andare libera a scegliere le storie da raccontare. Perché al giorno d'oggi non si può scrivere un libro in cui un killer va in giro a uccidere bambini, sarebbe immorale… Ma un killer è immorale per sua stessa natura. O no? E così ci sorbiamo tonnellate di raccolta differenziata, con materiale riciclato che viene venduto per nuovo e tutti sembrano felici e contenti della patinatura che gli appiccicano sopra.
Ma per quanto può andare avanti? Sembra solo a me o questo meccanismo è destinato ad incepparsi? ------------------------------------------------------------------------------------------- PS: le immagini di questo post provengono da qui
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