Una settimana passa veloce, due ore di tagadà al giorno, lavoro in cella frigorifera, cena in qualche baracca scassata sulla spiaggia. In una settimana tra i brasiliani si riescono a scovare i loro lati nascosti, senza però riuscire a risolvere il grande mistero che sembra avvolgere questo paese. Ad esempio, a dispetto della furia con cui tutti si gettano per strada, il ritmo di vita è lento. Le persone girano tutte su windows Me, si inchiodano ogni tre per due. La cassiera al supermercato ha una deformazione dello spazio tempo intorno, i prodotti passano sopra lo scanner in slow motion. Le mozzarelle non si possono comprare, perché anzi che le paghi sono scadute. Se poi la cassiera deve darti il resto, nonostante questo sia già calcolato dal registratore di cassa, impiegherà comunque diversi minuti, passati a capire quali banconote prendere per arrivare alla cifra richiesta. Le stesse cassiere, una volta finito il turno, si gettano in strada ad uccidere pedoni e speronare motorette.
Per il nostro primo weekend ci attende il paraiso di Jericoacoara, ce l’hanno consigliato perché è vicino Fortaleza e merita davvero una visita, un posto imprendibile dove difficilmente nella vita torneremo e via dicendo. Venerdì mattina si parte, si arriva in sole sei ore, suddivise in 5 ore di palme a perdita d’occhio, quindi gli ultimi venti km sul camion di Banana Joe. Jericoacoara (Jeri per gli amici) è in mezzo a un parco nazionale, perciò non ci sono strade asfaltate. Tutta sabbia, pascoli arsi, qualche baracca ogni tanto. Ci sistemiamo nella nostra pousada, una sorta di b&b tropicale con casette e amache, e scopriamo subito la vera faccia di Jeri. Il padrone della pousada è un consulente fiscale di Roma, kite-surfista scappato dallo
stress della capitale, anche se ancora un paio di clienti a nero in Italia se li tiene, ha detto. Siamo nel posto dove vanno gli italiani che mollano tutto e aprono un baretto in spiaggia, zero pensieri, estate tutto l’anno. Non è un luogo comune, questa gente e questi posti esistono davvero. Di ristoranti e bar italiani è pieno il villaggio, da
Napoli a Courmayer sono tutti qua a cucinare camarào e piranha. Jeri è un altro mondo: dune, oceano, palme, strade di sabbia in mezzo a casette basse, spiaggia a perdita d’occhio senza un’anima viva, né qualsiasi costruzioni. In due giorni, a bordo di una dune buggy guidata da Gugliemo, il capo del potentissimo e rilassatissimo sindacato dei buggeiros brasiliani, abbiamo girato tra le meraviglie della zona. I laghi Azul e Paraiso con l’acqua azzurra e le amache a pelo d’acqua, il lago Tatajuba e fiumiciattoli dove si possono vedere i cavallucci marini, la duna du Sol da dove vedere il sole tuffarsi in acqua al tramonto. La caratteristica principale di questi posti, oltre la natura incontaminata, è la presenza massiccia di italiani. Al tramonto sulla duna, platea naturale piena di gente, è partito l’applauso dopo che l’ultimo spicchio di sole è calato. Jeri non è in grado di accogliere grandi masse di turisti, ma della poca gente qui, la percentuale italiana rasenta connotazioni bulgare.
–Non la senti l’atmosfera del Brasile, questo vento che sembra una musica? — dice una collega italiana al nostro Ricercatore capo, che annuisce mentre setaccia la vegetazione della pousada, gli è caduta la scheda telefonica italiana. Una delle tante disavventure, forse la più lieve, che può capitare qua. Molto peggio trovare il biscio geogrefico, un vermiciattolo che si infila sotto pelle e provoca un prurito pazzesco: girate sempre in ciabatte, ci dicono, perché altrimenti lo raccattate.
Una volta tornati a Fortaleza, solite canoniche sindacali 6 ore di autobus, la casa di Peppiniello ritorna ad essere la nostra base. Durante la nostra assenza, una nuova famiglia di scarafaggi vi ha trovato ospitalità e qualcuno di loro è ancora sul pavimento. Il Versiliese inizia un debug furibondo a suon di ciabattate. Vinta la guerra, stremato dal viaggio, si getta sul letto. Domani è ancora pullman, si torna a lavorare.
–…sono venudo in Brasile a fare il bendolare…Non lo senti il sabore del Brasile…