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Etica (I)

Creato il 30 giugno 2011 da Alby87

Ho finito di leggere pochi giorni orsono “Liberazione animale”, di Peter Singer, un cosiddetto filosofo morale che di questi tempi, ahimè, va per la maggiore.

Malgrado tutti i miei sforzi di prender sul ridere alcune pretese irrazionalistiche del libro, ammetto di aver provato un intimo fastidio nel leggere, nell’ultimo capitolo, che riteneva l’argomento da lui esposto “inconfutabile”. Direi che Singer sarebbe il primo uomo nella storia ad aver scritto qualcosa di inconfutabile.

D’altro canto l’esposizione di Singer È davvero inconfutabile. Ma nel senso di infalsificabile, e dunque priva di valore.

La sua tesi si esprime nell’assioma secondo il quale “è morale qualunque atto che causi una massimizzazione della felicità e una minimizzazione del dolore”. Possiamo “confutare” un assioma? Ovviamente no, possiamo limitarci a accettarlo o rifiutarlo, non a confutarlo o falsificarlo. Ciò che senza prova viene affermato senza prova può esser negato (Euclide). Potremmo dunque valutarlo solo sulla base delle sue conseguenze … ma quali conseguenze ci interessano? Soltanto nel porci questa domanda stiamo ponendo delle riserve sull’assioma stesso, che ci dice proprio quali conseguenze dovrebbero interessarci.

Singer è astuto, in quanto ha costruito di fatto uno “strano anello”, ovvero un ragionamento autoreferenziale che pretende di reggersi in piedi da solo. Pensare che gran parte del lavoro dei logici del novecento è consistito semplicemente in uno sforzo per evitare gli strani anelli, in quanto paradossi!

Lo strano anello di Singer è come il barone di Münchausen che si tira su per i capelli. Ma deve dare l’impressione di reggersi su qualcosa. Questo qualcosa è il cosiddetto senso morale comune. La teoria di Singer infatti giustifica alcune proposizioni che fanno ormai parte del nostro sentire morale: neri e bianchi devono avere gli stessi diritti, donne e uomini sono uguali di fronte alla legge, e via dicendo.

Potrebbe in effetti avere un senso l’opera di Singer, se si richiamasse all’auctoritas del sentire comune e si limitasse a darne una legittimazione logica più o meno buona; se si limitasse, ovvero, a spiegarci perché nella morale comune neri e donne non vanno discriminati e invece gli animali sì; se fosse, insomma, una morale descrittiva, giustificante e basta.

Ma questo non è ciò che Singer fa, Singer non riconosce nel senso comune un’autorità, infatti vuole cambiarlo introducendo una nozione ad esso estranea, i diritti animali. Su cosa si appoggia dunque Singer? Su niente. Solo su se stesso. E spera che noi non ce ne accorgiamo. Singer non può essere confutato, ma semplicemente rifiutato, senza ulteriore giustificazione.

Tuttavia, a scopo dimostrativo, e per introdurre più che altro un metodo di indagine morale più rigoroso, voglio tentare un esperimento mentale che comunemente sarebbe inteso come una confutazione di Singer.

Prendiamo il principio di Singer e facciamolo nostro. In base ad esso, la sofferenza e la felicità degli animali non valgono di meno di quelle degli umani. Dunque gli umani devono smetterla di procurare sofferenza agli animali per il proprio piacere (Singer arriva a dipingere scenari incredibili, ad esempio in cui non si usano procedure di derattizzazione, ma cure che rendano sterili gli animali nocivi. Al di là del problema dei costi e dell’efficienza di un simile trattamento, l’implementazione di tali metodi andrebbe svolta tramite sperimentazione su animali …).

Io ho notato subito, personalmente, qual è la conseguenza più esatta e diretta di questo assioma.

Gli umani devono sparire.

L’esistenza dei carnivori, animali che producono sofferenza ad altri animali, secondo Singer è da salvaguardare in quanto essi sono elementi dell’ecosistema, e la loro assenza potrebbe produrre danni maggiori della loro presenza. Non esaminiamo nel dettaglio quest’affermazione, ma notiamo semplicemente come l’uomo in prospettiva ecosistemica sia l’animale in assoluto più pernicioso. Leggete il libro stesso di Singer, più della metà non è devoto ad affrontare problematiche filosofiche, quanto al semplice elenco delle terrificanti sofferenze indotte dall’uomo sui “non umani”, come li chiama lui.

L’uomo è una specie animale, e come tale fa un danno alle altre specie animali, fa parte della lotta per la sopravvivenza. Per quanto si possa ridurre l’impatto dell’esistenza di una specie sulle altre specie viventi, esso non diventa mai zero, per nessuna di esse, figurarsi per l’uomo. Inoltre ammetteremo tranquillamente che esso non è di alcun aiuto all’ecosistema, anzi lo danneggia, e non può fare altrimenti; dopotutto Singer specifica chiaramente che l’uomo non può prendersi responsabilità degli equilibri ecosistemici, facendo la parte del “Dio” della natura. Può ridurre i danni che fa direttamente o indirettamente sugli altri animali, ma ne fa comunque, e anche nelle più ottimistiche visioni, sono devastanti. Potrebbe, anzi, dovrebbe benissimo essere eliminato.

Ovviamente andrebbe messo in conto anche il bilancio fra felicità e infelicità degli umani stessi, ma io non direi certo che gli umani siano fra gli esseri più “felici” e soddisfatti del pianeta. Direi addirittura che sono fra quelli che lo sono di meno, in quanto coscienti del proprio essere mortali … ma questo dibattito ci porterebbe troppo lontano. Possiamo prender per buono semplicemente che nell’umanità benessere e felicità siano statisticamente più o meno ugualmente frequenti di incredibili dolori ed angosce. Nella nostra equazione etica, felicità degli umani e loro infelicità si eliderebbero a vicenda, qualora non vedessimo invece un bilancio enormemente negativo (come io credo che sia).

Dunque l’estinzione umana è auspicabile. E i metodi con cui la si può ottenere non sono necessariamente violenti, non si tratta di uccidere dolorosamente gli umani. Un buon modo è il suicidio demografico, ovvero la semplice rinuncia a riprodursi. Singer specifica chiaramente che la vita, di per sé, non fa parte dell’equazione. Dunque scegliere volontariamente di non riprodursi è una scelta perfettamente etica. Se soltanto potessimo portare questa scelta fino in fondo potremmo ottenere gradualmente l’estinzione totale della specie umana. Grazie alla contraccezione, i piaceri del sesso non rappresenterebbero un ostacolo al progetto; viceversa, potrebbero rappresentarlo i desideri di paternità e maternità.

Va detto però che gli uomini di norma e le donne spesso sono del tutto disinteressati alla genitorialità, e diventano tali solo in virtù dei modelli di vita che vengono loro imposti fin dalla giovinezza, quando i genitori comprano alle bambine i bambolotti da curare come figli onde svilupparne il senso di maternità. Si potrebbe dunque procedere a poco a poco a sostituire in sempre più ampie fette di popolazione questi modelli con altri che si confacciano di più allo scopo; la barbie, o la donna in carriera, o la lesbica senza figli (molte lesbiche hanno figli, quindi parlare di lesbismo non è sufficiente). Potremmo abituare fin da piccoli i nostri figli a considerare la riproduzione qualcosa di sgradevole, ricordando loro quanto perniciosa alla natura sia la specie umana. Inizialmente sarà sufficiente che in tutto il mondo ci sia una certa uniformità nel non raggiungere il tasso di sostituzione di due figli per coppia. Chi crede che ciò sia impossibile faccia caso che in molti paesi dell’occidente siamo già sotto di qualche decimo. Certo, questo implicherebbe una piccola rinuncia da parte di molte donne, che dovrebbero fare a meno del proprio desiderio di maternità. Ma è fatto per uno scopo etico finale che come si vede è ben superiore.

Se riuscissimo a persuadere tutta la gente del mondo a non fare mai più di un figlio saremmo già arrivati ad una fase di progressivo decremento demografico. In queste condizioni, diffondere le nostre idee antiumane diventa ancora più facile, in quanto non dobbiamo competere con famiglie numerosissime che ci vadano contro; inoltre noi avremmo maggiori disponibilità economiche che ci permetterebbero di pesare di più nella società moderna.

Una volta che fette consistenti della popolazione, e soprattutto quelle che occupano posti di potere, siano convertite alla nostra causa, potremo iniziare a fare pressioni sui governi affinché si inizino a produrre leggi che scoraggino apertamente la natalità. Ad esempio una tassa su ogni figlio (passiamo cioè alla fase in cui ci imponiamo, invece di proporci).

Se inoltre convinceremo la gente che arrivati ad una certa età l’eutanasia sia la cosa più dignitosa da fare (ovviamente dovremo averla legalizzata ovunque), eviteremo anche la sovrapposizione generazionale.

Seguendo questo programmino, non dovrebbe essere difficile ottenere l’estinzione dell’umanità, trasformando così il pianeta in un unico immenso parco naturale in cui gli animali potranno vivere felici. Milioni o miliardi di anni di felicità ancora, al prezzo di un condom!

Chi ha letto “Liberazione animale” si è accorto sicuramente che la struttura di questo mio breve esercizio argomentativo ne riprende passo passo l’ultimo capitolo, in cui si propone l’iter da seguire per trasformare la terra in un nuovo Eden in cui il leone dorme a fianco dell’agnello (senza l’uomo, ovviamente, aggiungo io).

Vi ho fatto ridere con questa sequela di assurdità? Ho ottenuto il mio obbiettivo. Vi ho fatto venire i brividi? Anche così ho ottenuto il mio obbiettivo. Potrebbe sembrarvi, questo discorso sulla natalità, fortemente reminiscente delle teorie di alcuni capi religiosi. Chi mi conosce sa bene che non sono esattamente un integralista religioso … E quello esposto qui sopra è solo un esercizio dialettico-retorico. Dopo avervi dato i brividi o le convulsioni di risa, vorrei farvi notare che ciò non è una confutazione di Singer. Singer è inconfutabile. Gli basterà dire che effettivamente questo programma gli va bene, e sarà ancora sempre coerente nel suo strano anello sospeso per aria.

In effetti a molti vegani (e vegane, che all’avere figli preferiscono spesso avere gattini) con cui mi sono scontrato in rete l’idea dell’estinzione umana aggrada molto, e se condotta con tali impeccabili metodologie, merita almeno un tentativo.

Ma molti di voi concluderanno istintivamente che questa è un’assurdità, e potrebbero rifiutare sulle sue basi il principio di Singer. Perché, ribadiamolo una volta di più: non è questione di dimostrare o confutare, ma di accettare o rifiutare. Ma su che basi? Dobbiamo concludere che il discorso sulla morale è impossibile, perché in ogni caso si basa solo su assiomi che vanno accettati o rifiutati?

No. Di fatto, stiamo discutendo dell’etica, quindi il discorso sull’etica è possibile. Il problema è scoprire quali sono le sue fondamenta, qual è la nostra auctoritas di riferimento. Quelli di voi che pensano sia “Dio” possono concludere qui la lettura.

Agli altri mi rivolgerò nel prossimo intervento.

Ossequi,

AF



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