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Etil ed il castagno - Sabrina Carnovale

Creato il 23 febbraio 2012 da Ale206 @schiticchio
Etil ed il castagno - Sabrina Carnovale Una bellissima fiaba scritta da una mia amica, Sabrina Carnovale, che potete leggere insieme ad altri racconti nel libro Incontri Ravvicinati, edito da Il Cavedio. Leggetela prima di andare a dormire, mi raccomando...
C’era una volta, tanto tanto tempo fa, quando i ciliegi erano in fiore, i prati verdeggianti e il sole splendeva alto e radioso nel cielo d’estate, un folletto di nome Etil. Egli aveva un aspetto tanto buffo, portava, infatti, dei vestiti simili a straccetti colorati e bucherellati qua e là, tanto da lasciar fuoriuscire spesso parti esili e spigolose dei suoi piccoli arti. Etil, portava spesso un cappello che ricordava un po’ una foglia secca e aggrinzita come quelle che in autunno ricoprono i sentieri dei boschi. Quell’enorme copricapo, nascondeva i capelli, crespi fili color rame dritti e rizzi come spighe secche.
Bene bambini miei, dovete sapere che, nonostante l’aspetto buffo e dolce del nostro amico folletto, egli in realtà aveva un gran caratterino, infatti, non era come tutti gli altri folletti del suo villaggio, Etil era un tipo molto solitario, non amava giocare con gli altri spiritelli ai giochi magici o a rincorrere le fate e le ninfe del bosco; a Etil piaceva tanto, ma proprio tanto, starsene per i fatti suoi a sonnecchiare nascosto negli alberi da frutto. Infatti, quando tutti i folletti facevano ritorno al villaggio dopo una giornata d’intenso lavoro, Etil oltrepassava la staccionata del suo fantastico villaggio per raggiungere uno dei suoi alberi da frutto. Proprio quando il sole stava per andare a nanna, il nostro caro amico s’intrufolava in un alberello per passar lì la notte.
Una sera, mentre Etil sceglieva quella che sarebbe stata la sua culla per quel dì, camminando silenzioso tra il sottobosco, come solo le creature del piccolo popolo sanno fare, egli, udì qualcosa. Si arrestò di colpo. Si voltò indietro ma non riuscì a capire cosa fosse. In realtà, Etil, era un gran fifone e gli altri folletti lo prendevano sempre in giro per questo motivo. A lui non piaceva per nulla questo suo essere timoroso per ogni cosa e cercava in tutti i modi di mandare via la paura anche quando, questa, gli percorreva lentamente i rossi peletti della schiena.
-“Uffa, anche questa volta è tornata da me”- pensò preoccupato riferendosi alla fatina della paura. Cercò cosi di andare avanti senza pensarci troppo, ma dopo due passi e mezzo di gigante, ecco di nuovo quel sinistro rumore… Etil allora indirizzò una delle sue lunghe orecchie all’indietro, verso quel suono cupo. Andò  avanti ancora un pochino e poi si girò improvvisamente. E fu allora che con suo immenso stupore, vide un grosso tronco marrone e coriaceo posarsi lentamente sul terriccio umido davanti al suo naso.
Ecco bambini, a dire il vero non era un semplice tronco, bensì, una grossa appendice radicale che fungeva da  piedone per un enorme ed imponente castagno. Etil ovviamente, vista la sua fama da fifone, corse a gambe levate con tutti i peletti rizzi sul braccio e le lunghe orecchie abbassate dalla paura. Ma il castagno, con voce calma e gentile lo invitò a fermarsi. Etil spaventato si nascose sotto un fungo e stette ad ascoltare le parole dell’albero. Quest’ultimo, stanco dello sforzo straordinario che aveva fatto, affondò le sue radici sul fresco terriccio d’autunno e si schiarì la voce con una profonda tosse che gli scosse la folta chioma di foglie color smeraldo. Gli alberi, in realtà, non sono abituati a camminare, così per il castagno, quei due passi furono una vera faticaccia.
Riprendendo fiato e con un vocione rauco e ansimante per la stanchezza, l’albero esordì così: –“Salve, esile creatura del bosco, scusami se ti ho spaventato, ma non era mia intenzione”... Ti ho visto passare e non volevo farmi sfuggire l’occasione di conoscerti per chiederti un favore… Ho sentito dire, che tu hai il potere di far maturare i frutti di tutti gli alberi in cui, tu, piccolo amico, scegli di passare la notte. Perdonami se te lo chiedo, ma” ti andrebbe di aiutarmi?”-. A quel punto Etil, che aveva un gran buon cuore, accennò un timido sorriso con quei pochi dentini che aveva in bocca e pian pianino sbucò fuori dal fungo che lo aveva nascosto fino a quel momento, spolverandosi frettolosamente le piccole spore fungine dai vestitini laceri, disse: -“Ehm ciao grande albero, io sono Etil del villaggio incantato, hai ragione, io posso far maturare tutti i frutti di ogni albero sulla Terra e sono contento di poterti aiutare ma non capisco esattamente di cosa hai bisogno”. E poi dimmi amico mio, sei nuovo da queste parti? Io non ti ho mai visto in questo bosco.-
E l’albero: -“Si Etil, tu non mi hai mai visto perché ero piccino e nascosto all’ombra di quegli alti arbusti laggiù ma adesso che sono diventato grande, gli altri alberi non mi vogliono vicino perché i miei frutti pungono e non sono buoni. E’ per questo che chiedo il tuo aiuto, non so proprio come fare”. Vedi i miei frutti? – L’albero abbassò irruentemente un ramo verso il folletto per mostrargli il suo problema ma, per errore, lo punse con uno delle sue strane palline ricoperte di spine –“Ahi”:- urlo Etil-, -“cos’è?”- L’albero rispose: -“ecco appunto non capisco perché i miei poveri frutti sono tutti ricoperti di spine e nessuno li vuole. Tu non vieni mai da me la notte e così non maturano mai. Ti andrebbe di passare la notte dentro uno dei miei frutti?”- chiese l’albero.
Ed Etil: -“e come faccio? Io non ho mai visto un albero come te e non saprei assolutamente come fare ad entrare dentro uno dei tuoi frutti”- L’albero a quel punto, pur essendo grande  e grosso, cominciò a piangere, e piangere forte, tanto che le sue lacrime cadendo sul terreno simulavano una tempesta di pioggia incessante per il folletto. A quel punto Etil cominciò a pensare al da farsi, perché gli dispiaceva tanto far star male quel suo nuovo amico e voleva a tutti i costi aiutarlo. Mentre l’albero singhiozzava, Etil, seduto su una roccia ricoperta da soffice muschio, grattandosi il capo sotto il grande cappello disse: - “Ho un’idea, porta qui un attimo uno dei tuoi strani frutti.”- e l’albero abbassò uno dei rami:- “eccolo”- disse. Il folletto, a quel punto infilò uno dei suoi braccini tra le spine pungenti del frutto, ma non riusciva a trovare nessuno spazio libero che gli permettesse di entrarvi.
Il viso di Etil si crucciò sulla fronte verdastra. A un certo punto, Etil mise le sue sottili dita tra le sue labbra e soffiando con tutta la forza che aveva, emise un gradevole suono, come un’unica nota di un flauto incantato. Dopo un po’, tra i cespugli si presentò frettoloso e goffo, uno strano animaletto nero. Aveva un corpo allungato e sulla coda teneva come un paio di forbici da sarto. L’animaletto, che in realtà era una femmina, stropicciandosi  gli occhioni assonnati salutò con voce rauca il nostro Etil dicendo: - “ciao amico, mi hai chiamato tu, vero?” - “Si.”- Rispose Etil. -“Dimmi pure sono felice di aiutarti”- rispose l’animaletto emettendo un rumoroso sbadiglio: - “cosa posso far per te?”- chiese la forbice al folletto. Ed Etil, affondando nuovamente le manine tra le spine disse: - “Ti prego, si gentile, aiutami a creare qui una piccola fessura affinché io possa entrarvi per questa notte”. La forbice cominciò a tirare su le maniche della camiciola da notte colorata di rosa che indossava e con un colpo netto tra le spine del frutto creò cosi una fessura dalla quale comparvero delle strane palline lucide e color marrone.
A quel punto Etil ringraziò la sua premurosa amica forbice e regalandole un dolcetto magico le disse: - “grazie mille per il tuo aiuto, ti dono un dolcetto del mio villaggio che ti aiuterà a riprendere sonno più facilmente, grazie mille; ”- ed abbracciandola forte la salutò, e la forbice sparì lentamente tra i muschi umidi del bosco di notte. A questo punto Etil, rivolgendosi al castagno disse: - “non preoccuparti, adesso dormi tranquillo questa notte. Io mi rifugerò dentro i tuoi frutti e vedrai che domattina saranno tutti maturi e buoni da mangiare, vedrai che sarai apprezzato da tanta gente”. Il grosso albero asciugandosi gli occhioni con le sue foglie si tranquillizzò e si addormentò speranzoso, sognando per tutta la notte i suoi nuovi frutti. Etil, intanto entrò nella fessurina creata sul frutto e si accomodò per dormire al suo interno. L’arietta fresca della notte conciliò il sonno ai due amici e durante la notte tutte le falene che passavano da quelle parti, potevano vedere una strana luce dal colore cangiante, circondare i frutti del castagno. Era la magia del popolo fatato che abbracciava l’intero albero circondandolo di una nube di polvere incantata.
Il mattino successivo, il folletto fu svegliato dal soave canto di un usignolo e uscì lentamente dalla sua spinosa culla. Provò ad aprire una di quelle lucide palline marrone all’interno del riccio nel quale aveva dormito e si accorse che  erano buonissime, dolci e succose con una polpa fresca come l’arietta del mattino. Togliendo la pellicina pelosa si poteva scorgere una polpa bianca e candida come la mollica del pane appena sfornato. Etil allora, si arrampicò sino al viso rugoso del castagno e lo svegliò dandogli un pizzico sul naso. L’albero, aprì i suoi grandi occhi e sorpreso dal trovare il folletto sul suo nasone, gli sorrise. - “Buongiorno amico mio”- disse l’albero. -“Buongiorno a te” - rispose Etil mostrando più dentini che poteva. -“Assaggia un po’ ” - disse il folletto porgendogli una pallina bianca. - cos’è? - chiese il castagno cominciando a masticare quella polpa dolce. -“Mmmh buono! mi hai portato uno dei tuoi magici dolcetti?” - “no” – disse Etil, – “questo è uno dei tuoi frutti maturi.”- L’albero rise forte lasciando scoprire tra i suoi rami un nido di uccellini festosi e cinguettanti anch’essi felici per il lieto avvenimento. -“Grazie mille amico mio, mi hai fatto un grande servizio senza  voler nulla in cambio. Da oggi in poi tu sarai il mio migliore amico grazie, grazie davvero.”- urlò entusiasta il castagno che tornò di nuovo nel suo luogo di nascita un posto chiamato ‘tra gli arbusti laggiù’.
Etil si sentì finalmente di aver trovato un vero amico e pieno di felicità tornò al suo villaggio ma non si vantò con nessuno dei folletti della sua impresa, la tenne per se poiché per lui era una preziosa esperienza e aveva finalmente un nuovo amico che non lo reputasse un fifone. Da quel giorno in avanti, i castagni furono considerati degli alberi utilissimi e molta gente del villaggio dietro le montagne, quando arrivava l’autunno, veniva nel bosco a raccogliere i suoi gustosi frutti per farne farine per dolci, marmellate e leccornie zuccherine.
Quindi, bimbi miei, se vi capita di vedere un castagno, guardate bene i suoi ricci facendo attenzione alle spine, mi raccomando; in quelli aperti da una fessurina vorrà dire che lì, quella notte, vi ha dormito il nostro amico Etil, il folletto della frutta.
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