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Europa: la fine del sogno?

Creato il 03 ottobre 2011 da Dagored
Europa: la fine del sogno?
Forse è durato pure troppo, il sogno di un'Europa veramente unita, di una compagine politica ed economica che potesse funzionare anche senza avere alle spalle un vero e proprio Stato, con tutte le prerogative di Sovranità ad esso tradizionalmente correlate.
Un sogno, quello dell'unità europea, tenacemente perseguita da una corrente politica in fondo minoritaria, ma che è riuscita nelgli anni ad imporre una vera e propria ideologia europeista, propagandandola ovunque, in modo capillare, come l'inevitabile e in fondo desiderabile epilogo delle vicende storiche e politiche del continente.
Che il sogno avesse fondamenta fragili lo sapevano in tanti: le considerazioni su come non fosse possibile avviare un'unione politica tra paesi così diversi uno dall'altro basandosi solo su accordi economici si sono succedute negli anni, ma i critici sono sempre stati messi a tacere dalla minoranza illuminata dei portatori dell'Idea che stava portando la pace e la civiltà al mondo intero.
Gli euro scettici come gli eretici della nuova Religione, in somma.
Si cominciò allora con la comunità del carbone  e dell'acciaio, primo embrione di qulla che sarà la grande Unione dei nostri giorni, per passare poi ad organizzazioni sempre più complesse e mettendo insieme sempre più paesi sempre più eterogenei, con accordi di vertice accompagnati da massicce campagne di propaganda per illustrare come il processo di unificazione europea stesse disegnando un mondo migliore: chi di noi non ha mai dovuto scrivere un tema sulle meraviglie dell'Europa Unita durante gli anni di scuola?
Si incominciarono poi a formare le prime istituzioni politiche sovranazionali, con il compito di indirizzare le politiche dei diversi paesi nella stessa direzione. Nacquerò così le commissioni europee e il parlamento europeo di Strasburgo.
Tutto sempre realizzato perseguendo l'Idea, ma pure senza mai che venissero eseguiti degli studi, chiamati con una bruttissima definizione "analisi fattuali", ovvero l'analisi oggettiva dei fatti, che ne giustificasse la necessità e l'esigenza.
Uno studio serio della realtà socio economico dei diversi paesi europei avrebbe probabilmente sconsigliato molti dirigenti politici a sostenere il processo d'unione europeo, o almeno quello che stava prendendo forma negli anni passati.
Invece mai nessuna voce si è ufficialmente levata a criticare il modo con il quale l'integrazione europea veniva portato avanti, a parte la diffidenza degli inglesi, sempre restii a partecipare all'impresa, ma pure timorosi di restarne fuori.
Il progetto continuò invece imperterrito, assorbendo anzi sempre più Stati ed economie le più disparate, uscendo perfino dai confini geografici srettamente europei, arrivando a lambire l'Asia e i paesi musulmani, attraverso gli accordi con la Turchia, essa stessa candidata all'Unione, e altri stati del Mediterraneo.
Si arrivò così all'istituzione della moneta unica, primo ed unico caso di moneta battuta da un Ente che non è un vero Stato.
Un evento eccezionale e che è costato molto ai cittadini europei, in special modo agli italiani, che dovettero pure pagare la "tassa per l'Europa", oltre che a vedersi il valore del patrimonio mobiliare quasi dimezzato dall'effetto del cambio con la nuova moneta.
Europa: la fine del sogno?Era il giorno 01/01/2002, quando la moneta unica europea, denominato Euro, entrò in vigore e oggi, dopo appena poco più di 9 anni siamo qui a chiederci quando ancora potra continuare a circolare, perché è evidente a tutti che l'euro non può continuare ad esistere, almeno non come è stato finora concepito.
Il suo è un fallimento annunciato e previsto da tanti, a cominciare da tutti quelli che vivono del mestiere di speculatore finanziario e che in questi anni hanno di conseguenza scommesso sul tracollo dell'euro e dell'istituzione che l'ha creato, ovvero l'Unione Europea, che di fatto sta perdendo i suoi pezzi uno ad uno.
Sono i paesi che non avrebbero mai dovuto partecipare all'Unione:  la Grecia, il Portogallo, la Spagna, l'Irlanda e la stessa Italia non avevano i requisiti di bilancio per partecipare alla moneta unica, ma le esigenze politiche hanno fatto ignorare i dati finanziari. Incredibilmente si è voluto invece, ancora una volta, allargare a dismisura l'area dell'euro e del trattato di Schengen a paesi così diversi per strutture politiche, sociali ed economiche che si sono rivelati subito un problema per tutti i cittadini che negli anni hanno colpevolmente ignorato i guasti che i profeti dell'europeismo stavano compiendo.
Oggi ogni singolo paese cerca affannosamente di riparare i danni e di tornare indietro, rinnegando principi e ideologia e ignorando i richiami delle ottuse commissioni di Bruxelles, ma i danni provocati dalle scelte scellerate del passato sono di estrema gravità e possono essere riparati solo chiedendo ai propri cittadini nuovi e più pesanti sacrifici.
Ma non solo la fideistica adesione all'unità europea è alla base del disastro che stiamo vivendo in questi anni: un'altra delle principali cause è la svolta mondialista e globalizzante impressa al commercio mondiale da organizzazioni sovranazionali che non si sa bene da chi vengano nominate e per quale ragione prendano le loro decisioni.
Completamente svincolate dai cittadini di qualsiasi paese i burocrati del WTO, piuttosto che di qualche agenzia delle Nazioni Unite, decidono i destini del mondo abbattendo, per esempio, le barriere doganali verso paesi come la Cina, che sono così entrati in diretta concorrenza con i paesi europei, che hanno una struttura sociale diversissima e dei costi del lavoro talmente più alti da non poter sostenere il confronto nel libero mercato.
L'effetto di queste mosse le possiamo vedere con i nostri occhi tutti i giorni, quando ci ritroviamo tra le mani oggetti che solo formalmente sono marchiati "Made in Italy", ma che sono in gran parte prodotti altrove, con appena una misera percentuale di realizzazione nazionale, quella che serve a far fregiare la merce dell'etichetta.
Il principio è un po' quello dei vasi comunicanti della fisica: così come il liquido di due contenitori comunicanti andrà a raggiungere lo stesso livello, così i costi del lavoro di due mercati comunicanti dovranno trovare a equilibrarsi. Per questo tutte le lavorazioni che non richiedono particolari abilità troveranno convenienza ad essere realizzate in paesi dal bassissimo costo del lavoro, lasciando nei paesi più costosi disoccupazione e nuove zone di povertà.
Non è pertanto sorprendente scoprire che oggetti che nel mondo sono simbolo dell'italianità, come una maglietta col marchio della prestigiosa casa automobilistica Ferrari, sia in realtà fabbricata in Bangladesh.
Europa: la fine del sogno?
L'unica cosa che ora però interessa i cittadini italiani ed europei è il come venire fuori da questo sogno che si è trasformato in un incubo e c'è veramente da essere preoccupati se a voler decidere il da farsi sono le stesse vecchie facce che il brutto sogno l'hanno prodotto.

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