Giovedì leggo questa lettera della Signora Cristiana Giordano
A dicembre 2012 ho partorito al San Camillo di Roma, ospedale tra i più rinomati per la ginecologia ed è per questo che avevo scelto tale struttura. Purtroppo vorrei invece denunciare l'inefficienza e la totale mancanza di supporto al malato che ho potuto costatare durante il mio ricovero.
Mio figlio è volato via... dopo un giorno ha lasciato la sua mamma e il suo papà e questo vuoto non sarà mai colmato... ma spero che almeno quanto è capitato a me non capiti mai più a nessuno! [...]la cosa ancora più terribile che ho vissuto si è verificata dopo il parto. Avevo appena perso un bimbo, il figlio tanto desiderato ed amato, il figlio per cui fai tanti progetti ed invece di ricevere un minimo di assistenza psicologica per tale perdita sono stata "schiaffata" nel reparto maternità in cui ogni due ore venivano portati alle altre mamme i loro piccoli. Anche nella mia stanza. Per 3 giorni ho vissuto il doppio incubo, quello del dolore immenso per quanto mi era capitato e quello di vedere ogni istante davanti agli occhi quello che io non ho potuto avere. Uno strazio[...] Venerdì leggo:
Leggendo la lettera della signora Cristiana Giordano, comparsa sulla Repubblica di oggi 17 gennaio, sono ripiombato nell'incubo di quarant'anni fa, quando capitò a me e a mia mogle la stessa sorte di una bimba morta durante la nascita e poi la degenza nel reparto maternità con la necessità di dover assistere ai festeggiamenti per gli altri e la solitudine di un nostro dolore immenso che non è ancora passato. E' triste leggere che ancora oggi non sia possibile avere quel minimo di attenzione e di rispetto per quelle tragedie che avrebbero bisogno di essere trattate con la pietà necessaria. Alla signora Cristiana tutta la mia solidarietà e l'augurio che abbia più coraggio di me nell'affrontare questa tremenda prova. Agli ospedali la preghiera di prendere finalmente in considerazione questi aspetti non secondari della degenza. Rodolfo Rebecchi,
Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così .
Così dice Paulo Coelho, ma sappiamo che è un'utopia.
Si può invece sperare nella compassione di chi riesce ad immedesimarsi momentaneamente in chi soffre, oppure basterebbe un po' di pietà, che può a volte essere considerato un sentimento altezzoso, ma che, se messo in pratica, aiuta. Ho trovato questa definizione, giusta a mio parere
Stephen Levine:
“Quando la tua paura tocca il dolore di qualcuno, diventa pietà; quando è il tuo amore a toccare il dolore di qualcuno, diventa compassione”.
Quello che è accaduto alla Signora Giordano mi sembra pura crudeltà, una tortura gratuita : sarebbe come costringere chi è stato amputato delle gambe a trascorrere la degenza in una scuola di ballo.Basterebbe anche meno per ovviare a situazioni del genere: basterebbe un minimo di rispetto
Infine, sabato leggo la terza lettera :
Così aiutiamo le mamme che hanno perso un figlio
19 gennaio 2013 — pagina 24 sezione: COMMENTI Benedetta Mattei Roma UNA riflessione sul tema dell' umanità negli ospedali verso le mamme che hanno perso i loro piccoli. Sono una psicoterapeuta e mi occupo anche di questo tipo di traumi Ecco perché con alcune colleghe è nata l' idea di svolgere questo servizio gratuitamente nei nostri studi privati per accogliere queste mamme sole e cercare di alleviare almeno in parte questo dolore senza fondo. Sarebbe bello se questo tipo di piccolo servizio prendesse un poccolo spazio anche nei reparti di maternità dove, oltre alla gioia immensa e dirompente della vita, spesso si avvicendano storie di dolore e vuoto incolmabile. Benedetta MatteiForza, allora, che ci vuole!!!
So che la Signora Cristiana non dimenticherà MAI questa esperienza, ma desidero idealmente mandarle questi fiori di mandorlo, simbolo del rinnovo della vita.
C'è un altro argomento del genere del quale vorrei parlare con voi, ma lo farò tra un po' di tempo perchè è altrettanto tragico e questi temi vanno affrontati un po' per volta.