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Fabrizio giulimondi: " normativa di contrasto alla corruzione e sulla trasparenza: innovazione efficace per la pubblica amministrazione?"
Creato il 02 febbraio 2014 da Fabrizio64(introduzione) Corruzione male antico e senza confini geografici.La legge 6 novembre 2012, n. 190, contenente “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione”, che si propone di arginare i fenomeni di mala gestio nella Pubblica Amministrazione, è frutto della collaborazione internazionale sorta, in prima battuta, entro l’O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Nel rapporto all’Italia divulgato nel gennaio 2012, redatto per verificare lo stato di attuazione della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali del 17 dicembre 1997, l’O.C.S.E. è stato chiaro nell’indicare le modifiche necessarie nell’ordinamento italiano.Roma è stata compulsata in tal senso anche dall’O.N.U. e dalla Unione Europea, oltre che dal Consiglio d’Europa.La normativa in esame include senza dubbio un disciplina organica sulla prevenzione della corruzione, che ha fatto propri tutti gli input provenienti dagli alti Consessi internazionali e dagli Atti da essi prodotti, oltre le indicazioni fornite dalle Corti di giustizia internazionali, europee e nazionali. La nuova normazione da un lato prevede un Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) e, dall’altro, obbliga ogni amministrazione pubblica alla adozione di un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (P.T.P.C.) che, in sintonia con il Piano Nazionale, analizzi e valuti rischi specifici di corruzione e indichi gli interventi organizzativi tesi a prevenirli.La legislazione attribuisce alla C.I.V.I.T. (Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche, ora A.N.A.C.) il ruolo di Autorità Nazionale Anticorruzione (in attuazione dell’art. 6 della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla corruzione del 31 ottobre 2003), così come individua tutti gli altri organi incaricati di promuovere e attivare le apposite azioni di controllo, prevenzione e contrasto della corruzione all’interno delle strutture e degli apparati della Pubblica Amministrazione.L’A.N.A.C., con delibera n. 72 dell’11 settembre 2013, ha approvato il Piano Nazionale Anticorruzione predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica (rectius Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione). Tale Piano ha la finalità di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella Pubblica Amministrazione e il suo contenuto è articolato in tre sezione.Nella prima sono esposti gli obiettivi strategici e le azioni previste a livello nazionale. La seconda contiene le direttive alla Pubblica Amministrazione per l’applicazione delle misure di prevenzione. La terza indica i dati e le informazioni da trasmettere al Dipartimento della Funzione Pubblica per il monitoraggio e lo sviluppo di ulteriori strategie.La legge 190/2012 ha introdotto ed esteso strumenti per la prevenzione e la repressione del fenomeno corruttivo ed è intervenuta, anche, nelle disposizioni del codice penale relative ai reati posti in essere dai pubblici ufficiali ai danni della Amministrazione pubblica. Tale normativa, nella individuazione dei comportamenti censurabili del pubblico dipendente, ha ampliato le fattispecie delittuose, modificando e integrando fattispecie previste e sanzionate nel codice penale. Il Piano di prevenzione della corruzione di cui ogni singola amministrazione si deve dotare, è da inquadrarsi fra gli atti organizzatori e programmatori attuatori di regole stabilite in leggi, regolamenti, codici etici e di comportamento.In particolare il Piano si prefigge di:
(Responsabile per la prevenzione della corruzione) L’art. 1, comma 7, legge 6 novembre 2012, n. 190, introduce nell’ordinamento la figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione che, di norma, a mente dell’art. 43, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (relativo al riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), svolge le funzioni anche di responsabile per la trasparenza.Il Responsabile per la prevenzione della corruzione:Per “rischio di corruzione” il P.N.A. intende “l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento. Per “evento” si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente.”.La legge 190/2012 indica, tra le attività della Pubblica Amministrazione, quelle da monitorare per assicurare il livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili, nel rispetto dell’art. 117, comma secondo, lett. m), Cost..Più specificamente l’art. 1, comma 16, legge 190/2012, individua nominatim i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che devono essere posti alla attenzione delle Amministrazioni, sia a livello di P.N.A. che dei PP.TT.PP.CC.:La disposizione in parola deve essere letta unitamente all’art. 7 del codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che prevede che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.”.La segnalazione del contrasto deve essere indirizzata al superiore gerarchico, il quale, esaminate le circostanze, valuta se la situazione realizzi o meno un conflitto di interessi tale da ledere la imparzialità dell’agere amministrativo (art. 97 Cost.).Terminata l’ istruttoria, l’organo gerarchicamente superiore comunica per iscritto la decisione al dipendente istante, sollevandolo dall’incarico nel caso si concretino le cennate ipotesi di conflitto di interesse, ovvero confermandolo nel ruolo, motivando adeguatamente la statuizione.Nel primo caso, l’incarico è affidato ad altro dipendente o è avocato all’organo gerarchicamente superiore competente per siffatta procedura.Qualora il presunto conflitto inerisca quest’ultimo, le attribuzioni decisorie sono devolute al Responsabile per la prevenzione della corruzione.Il provvedimento è illegittimo per violazione di legge (prima della approvazione dell’art. 6 bis legge 241/1990 si ventilava una ipotesi di eccesso di potere), se riconducibile ad un funzionario che versa in conflitto di interessi.Ultronea conseguenza di tale lesione normativa si sostanzia nella natura anche disciplinare dell’illecito, oltre che, in via residuale, di ordine erariale sanzionabile dalla Corte dei Conti.
(inconferibilità e incompatibilità) Novella legislativa di non poco momento è stata portata dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, recante disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.In sintesi il decreto immette nel tessuto connettivo ordinamentale:Per quanto afferisce l’incompatibilità, in primo luogo v’è da precisare che con tale espressione si intende “l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni, tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico” (art. 1 d.lgs. n. 39/2013)A differenza della inconferibilità, la causa di incompatibilità può essere rimossa mediante rinunzia dell’interessato ad uno degli incarichi che la legge ha considerato incompatibili tra di loro.La inconferibilità, invece, determina un vizio genetico del provvedimento amministrativo (l’incarico) e del conseguenziale contratto, comportante, pertanto, la originaria impossibilità di assumere l’incarico dirigenziale o assimilato. Nel caso in cui esso sia assunto, è nulla sia la fase provvedimentale antecedente (il conferimento dell’incarico dirigenziale o assimilato), ex art. 21 septies legge 241/1990, in ragione della mancanza dell’elemento essenziale del requisito soggettivo legittimante la nomina), sia quella negoziale successiva ( la stipula del contratto), ex art. 1418, comma 1, c.c, per violazione di norme imperativeSe il Responsabile della prevenzione della corruzione individua un dirigente il cui rapporto lavorativo è inficiato da una causa di incompatibilità, egli ha l’obbligo di contestarla a questi, che entro i 15 giorni successivi ha il dovere di rimuoverla (ossia rinunciare all’altro incarico incompatibile con quello svolto, salvo non decida di dimettersi da questo). In caso contrario, il Responsabile disporrà la decadenza dall’incarico e la conseguenziale risoluzione del contratto dirigenziale o assimilato.Un vizio che potrebbe essere sussunto in seno alla categoria delle cause di inconferibilità, qualificabili come successive, è quello che secondo terminologia anglosassone è definito revolving doors, e pantouflagesecondo quella francese.L’art. 1, comma 42, legge 190/2013, ha introdotto nell’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, il comma 16 ter destinato a contenere il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro pubblico: “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione de compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.”.La riportata norma, nell’esplicitare la nullità del vincolo contrattuale viziato da pantouflage -revolving doors, conferma la ascrivibilità in tale invalidità anche della inconferibilità, in quanto il pantouflage -revolving doors non è altro che una causa di inconferibilità, applicata successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego e all’insorgere del vincolo contrattuale privato. Come prima sinteticamente riportato, fra le tre condizioni da cui scaturisce la causa della inconferibilità, v’è quella afferente incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle Pubbliche Amministrazioni. Nel caso di pantouflage -revolving doors v’è un inversione dei momenti la cui interconnessione funzionale determina la nullità del binomio provvedimento- contratto. Mentre nel primo caso è inconferibile l’incarico dirigenziale pubblico a colui che proviene da un ente di diritto privato vigilato, controllato, partecipato o finanziato dalla struttura statuale o di altra natura assegnante l’incarico, nel secondo caso avviene l’inverso: è all’organismo privato che è fatto divieto di stipulare contratti con soggetti che negli ultimi tre anni di servizio, prima della cessazione, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni. E’ nullo il contratto stipulato fra il soggetto privato e chi versa in questa ultima condizione (che potremmo qualificare “inconferibilità successiva e di natura privatistica”), al pari della nullità che vizia per inconferibilità il plesso incarico-contratto conferito dal soggetto pubblico a chi proviene da organismi privati, con modalità che si atteggiano diversamente, legati al primo (che potremmo definire “inconferibilità originaria e di natura pubblica”).La particolarità della inconferibilità successiva si concreta nella prohibitio circoscritta nel tempo, id est per tre anni dalla cessazione del rapporto di impiego pubblico, per i dipendenti che hanno esercitato nel triennio ad esso precedente poteri autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni, di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001; tre anni è anche il lasso di tempo in costanza del quale è impedito alle Pubbliche Amministrazioni di contrattare con i soggetti privati, resisi responsabili di aver concluso o conferito contratti in violazione dei cennati termini.
(whistleblower) Figura che ci si augura di particolare efficacia nel contrasto alla corruzione è il whistleblower.L’art. 1, comma 51, legge 190/2012, ha aggiunto successivamente all’art. 54 d.lgs. 165/2001, l’art. 54 bis, che recita così:1.“ Fuori dai casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia alla autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. 2. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rilevata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.3. L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della Funzione Pubblica, per i provvedimenti di competenza dall’interessato e dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nella amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.4. La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.”.La disposizione è strutturata in tre norme:(trasparenza e pubblicità) Il whistleblowersi inserisce nell’ordito pensato dal Legislatore per aprire un canale di ascolto virtuoso con il personale pubblico “sano” (che rappresenta la parte maggioritaria dei dipendenti, nonostante la martellante campagna mediatica), in attuazione alle raccomandazioni compiute dal Piano Nazionale Anticorruzione.Obiettivo strategico del Piano è la emersione dei fatti di cattiva amministrazione e dei fenomeni corruttivi, tramite il coinvolgimento dei destinatari della azione amministrativa in questa opera di disvelamento delle illeceità e di miglioria delle condotte perseguenti gli interessi generali. Il dialogo con la c.d. società civile può implementare il rapporto di fiducia fra sfera pubblica e privata, da cui può derivare l’emersione di fenomeni delittuosi che, altrimenti, rischierebbero di rimanere sottaciuti. Un ruolo chiave possono essere svolti dagli Uffici di Relazione con il Pubblico (U.R.P, istituiti in forza dell’art. 11 dell’ abrogato d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, assorbito nell’art.11, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), che rappresentano per missione istituzionale la prima interfaccia con l’”utenza”.Il contatto fra U.R.P, organo della singola amministrazione, con l’”esterno”, deve stimolare, nei portatori di interesse e nei rappresentanti delle categorie professionali e di consumatori, una volontà propositiva in merito alla azione dell’ente pubblico, anche al fine di migliorarne la tattica di lotta alle condotte lesive degli interessi collettivi statuali e pubblici.In seno a tale diversa concezione del rapporto fra apparato giuspubblicistico e soggetti privati, la trasparenza deve dominare come misura di prevenzione della corruzione, in quanto è strumento di vigilanza e controllo da parte dei privati in ordine allo svolgimento, corretto e rispettoso dei principi e della legislazione, dei procedimenti amministrativi e alla adozione, al termine di essi, del provvedimento finale.Il controllo e la vigilanza avviene grazie ad una accessibilità totale alle informazioni concernenti l’organizzazione della amministrazione e la sua attivitàNel d.lgs 14 marzo 2013, n. 33, è stato introdotto l’obbligo per ogni Pubblica Amministrazione e per le società da essa partecipate, controllate o vigilate (alle quali debbono essere parimenti applicate la legge 190/2012), di dotarsi di un programma triennale per la trasparenza, al fine di definire i mezzi, i modi e le iniziative, volti alla attivazione degli obblighi di pubblicazione normativamente previsti.Tale programma, funzionalmente correlato al piano di prevenzione della corruzione, è redatto dal Responsabile della trasparenza che, come precedentemente detto, di norma coincide nella persona del Responsabile della prevenzione della corruzione. Egli svolge stabilmente una attività di controllo sugli adempimenti degli obblighi di pubblicazione, assicurandone la completezza, la chiarezza e l’aggiornamento delle informazioni pubblicate.I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria devono essere pubblicati in formato aperto, nonché riutilizzabili senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.Sul sito web istituzionale delle Amministrazioni è opportuno vi siano riportati anche dati non obbligatori, ma ritenuti utili per cittadini e associazioni.Le informazioni pubblicate debbono essere agevolmente accessibili da chiunque, con una facile comprensibilità del contenuto dal quisque de populo. Dati, documenti e informazioni, pertanto, possiedono i seguenti requisiti:
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