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Famiglie e povertà

Creato il 18 luglio 2012 da Pedagogika2

Famiglie e povertàFamiglie e povertà: Save the Children, si aggrava la condizione dei bambini in povertà, urgente un piano nazionale di contrasto alla povertà minorile

"Dai dati sulla povertà in Italia resi noti oggi dall’Istat emerge l’ ulteriore, autorevole conferma della gravità della condizione vissuta dai bambini e dagli adolescenti in povertà nel nostro Paese,” ha dichiarato Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia Europa di Save the Children . “Peggiora infatti, in modo allarmante, la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia per povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%) che per la povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%).”
Ma quali sono i minori più colpiti dalla povertà in tempo di crisi? Come evidenzia il rapporto “Il Paese di Pollicino” presentato da Save the Children nell’ambito della campagna “Ricordiamoci dell’Infanzia” (www.ricordiamocidellinfanzia.it), quelli maggiormente colpiti sono i bambini con un solo genitore, ma anche quelli che vivono in famiglie dove i genitori hanno meno di 35 anni, che registrano un rischio povertà più che doppio rispetto alla media nazionale. A questi si aggiungono i figli delle famiglie più numerose, quelli nati nel Mezzogiorno, dove la probabilità di crescere in una famiglia povera è più di tre volte maggiore che nel resto del Paese, e i bambini di origine straniera, dove la povertà colpisce il 58,4% delle famiglie.
“Con la campagna “Ricordiamoci dell’Infanzia” Save the Children ha richiamato l’urgenza di varare un piano nazionale di contrasto alla povertà minorile, indicando anche un pacchetto di proposte concrete per garantire un supporto immediato ai minori in condizioni di povertà assoluta, il rafforzamento delle reti dei servizi sociali ed educativi per l’infanzia, il sostegno al lavoro delle mamme, con un investimento progressivo di risorse tale da avvicinare l’Italia alla media europea di spesa per l’infanzia.
Oggi, alla luce dei dati sempre più allarmanti resi noti dall’Istat, torniamo a ribadire la necessità di un intervento immediato e specifico di contrasto alla povertà minorile. Non possiamo rassegnarci al fatto che il peso della crisi economica che attraversiamo sia pagato proprio dai più piccoli, privati del necessario per la loro crescita. Un investimento su questo fronte non è rinviabile a tempi migliori ma deve essere inserito subito nelle priorità del governo,” conclude la Milano.
Il rapporto “Il Paese di Pollicino” è scaricabile alla pagina: www.savethechildren.it/pubblicazioni
Fonte: http://www.savethechildren.it/IT/Tool/Press/Single?id_press=496&year=2012 
La situazione di povertà generale viene poi, per così dire acuita o confermata da quella che il Rapporto Pollicino ha definito "povertà di istruzione", nello specifico il documento chiarisce che :
In Italia sono ancora tantissimi i minori che continuano a perdersi per strada lungo il percorso
di scolarizzazione: il 18,9% dei giovani tra 16 e 24 anni hanno conseguito soltanto il diploma di
scuola media e non prendono parte ad alcuna attività di formazione. Una quota nettamente
superiore alla media europea (14,1%) e inferiore soltanto a quella di Islanda, Spagna, Portogallo
e Malta. I dati provenienti dal sistema scolastico italiano indicano inoltre punteggi molto bassi
nei test PISA sulle competenze cognitive dei quindicenni (che relegano gli studenti italiani al 23°
posto dei paesi Ocse monitorati24); alti tassi di ripetenza (7,7%, circa 30 mila nella secondaria di
I grado e 180 mila nella secondaria di II grado25); numeri elevatissimi di alunni promossi con
l’obbligo di assolvere ai “debiti formativi” in alcune materie (ben il 36% degli scrutinati nelle secondarie
di II grado, con valori più alti nel Nord del paese). Vere e proprie isole dello
scoraggiamento e del ritardo scolastico che spesso concorrono al fallimento formativo. L’insieme
di tutte queste variabili offre un quadro fosco: circa il 30% degli iscritti alle scuole secondarie
superiori non riesce a ottenere il diploma (ma in Sardegna la percentuale si avvicina al 50%). Un
dato solo in parte mitigato dal fatto che in alcune regioni del Nord (e in piccola parte in
Sardegna) chi abbandona viene assorbito dal bacino della formazione professionale o entra direttamente
nel mondo del lavoro. Ma non è finita: l’analisi dei voti degli esami finali mostra come
una percentuale altissima di neo-diplomati esca dalla scuola con votazioni appena sufficienti.
Quanti e quali fattori concorrono a determinare un simile disastro che colloca l’Italia ai primi
posti della graduatoria europea in tema di povertà d’istruzione? Un fattore certamente importante,
ma ancora poco esplorato, è rappresentato proprio dal circolo vizioso tra povertà di istruzione e
povertà economiche. La bassa istruzione dei genitori, come si è visto, è una delle variabili del
disagio economico delle famiglie e delle povertà materiali dei bambini. D’altra parte le
elaborazioni compiute da Eurostat sul nostro sistema formativo mostrano il fallimento della
scuola italiana come leva di promozione sociale: in Italia il basso livello di istruzione dei padri
penalizza i figli in misura 3 volte maggiore di quanto accade in Germania e nel Regno Unito.
E il fallimento scolastico dei figli genera a sua volta nuove povertà: i giovani poveri di istruzione
sono i primi candidati all’esclusione sociale. “Il legame tra povertà in istruzione e disagio
economico socio-culturale – affermava il rapporto Cies 2008 - è dimostrato dalle evidenze
empiriche registrate nelle scuole situate in aree di concentrazione di fattori di povertà e di
esclusione sociale”. Alcune elaborazioni dei test PISA sulle competenze degli studenti, hanno
individuato “una precisa corrispondenza tra zone con un elevato tasso di esclusione sociale,
dove sono presenti numerose famiglie che vivono sotto o poco sopra la soglia di povertà, e
marcate percentuali di abbandono e dispersione scolastica. I territori in cui il rapporto tra
esclusione sociale e fallimento formativo emerge in maniera più drammatica sembrano essere
quelli delle aree metropolitane del Sud: le zone di Napoli, Caserta, Palermo, Bari, Taranto,
Cagliari, Reggio Calabria, Catania registrano abbandono scolastico in età molto precoce e
percentuali di mancata iscrizione e marcata dispersione molto elevate negli istituti professionali
e tecnici. Da questo punto di vista, la scuola italiana non appare in grado da sola di promuovere
la mobilità sociale e l’emancipazione dei ragazzi appartenenti alle fasce più deboli della popolazione”.

Nota: A differenza di quanto prevede la nostra Costituzione (“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”), in Italia il basso titolo di istruzione dei padri ricade sui figli in misura 3 volte maggiore di quanto accade in Germania, in Finlandia e nel Regno Unito. In questi paesi il figlio di un genitore istruito ha una probabilità di completare l’intero ciclo di studi 2 volte maggiore rispetto a chi ha un padre con la sola istruzione di base, in Italia un vantaggio 7,7 volte superiore. Il dato elaborato dal Social Situation Report 2007 di Eurostat mostra il fallimento del nostro sistema scolastico come leva di promozione e cambiamento sociale: chi parte avanti, ha un’alta probabilità di rimanere avanti.



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