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“Fare 2″: un altro decreto del non-fare?

Creato il 06 settembre 2013 da Propostalavoro @propostalavoro

Fare 2: un altro decreto del non fare?Le vacanze sono finite ed è arrivato il momento di rimettersi al lavoro, anche per il nullafacente Governo Letta, campione mondiale di immobilismo. Forse, il buon Letta si è messo una mano sulla coscienza, dopo aver sentito parlare di un paio di pubblicazioni economiche, apparse in quest'ultimo periodo.

Una di queste è l'ultimo rapporto Eurostat, che certifica, nero su bianco, che l'Europa sta mostrando timidi segnali di ripresa, nel secondo trimestre di quest'anno: il Portogallo realizza un +1,1% del Pil, Germania e Inghilterra un +0,7%, la Francia +0,5%. E l'Italia? -0,2%! Insomma, mentre gli altri cercano di scuotersi dal torpore, noi scivoliamo sempre più giù (non siamo i soli, anche Spagna e Grecia, ad esempio, sono in calo), grazie soprattutto alla totale mancanza di decisionismo del Governo, più abile a rimandare le questioni a data da destinarsi, che ad affrontarle. Riforma del mercato del lavoro? Ne parleremo più in là. Investimenti nella banda larga? Nei prossimi mesi. Riforme economiche (legge sulle lobby, IVA, debiti della Pubblica Amministrazione, ecc.)? Dopo, dopo. Mentre il mondo si da una mossa, noi temporeggiamo, col serio rischio di restare indietro.

"Belle notizie" ce le regala, pure, l'ultimo Global Competitiveness Report, ovvero la classifica annuale dei Paesi più competitivi al mondo, redatta dal World Economic Forum, secondo cui il nostro Paese è in calo, al 49° posto (su un totale di 148 Paesi esaminati), precipitando di posizione per il quinto anno consecutivo. E tenendo presente che tra i parametri esaminati non ci sono solo indici economici (efficienza del mercato di beni e servizi, sviluppo del mercato del lavoro, investimenti in tecnologie e ricerca), ma anche qualità dell'istruzione, della salute pubblica, qualità delle istituzioni, c'è di che essere preoccupati.

Ma niente paura, perchè di fronte a questo scempio, il prode Enrico ha deciso di prendere in mano la situazione e, dopo aver regalato ai posteri il mirabolante decreto del Fare, ecco che ci presenta il degno successore: il decreto del Fare 2. Prima che vi scappi da ridere, sappiate che non si tratta di una battuta (purtroppo), ma del nuovo progetto legislativo che il Premier sta discutendo per davvero con i suoi.

Cuore di questo nuovo decreto sarà il sostegno alle PMI, grazie, innanzitutto, alla creazione di un fondo di rischio, sostenuto da venture capital e dalla Cassa Depositi e Prestiti, per permettere alle piccole imprese di avere dei canali di finanziamento alternativi alle solite banche. In quest'ottica, rientra il progetto di emissione di mutui a tasso zero, fino al 75% dell'importo totale, da restituire nell'arco di 8 anni, per chi desidera aprire un'attività, con particolare attenzione all'imprenditoria giovanile e femminile.

Per garantire, invece, la competitività nell'era di internet, ecco l'idea geniale: un voucher, che può ammontare fino ad un massimo di 10 mila euro, per le PMI che vogliono rammodernarsi tecnologicamente, acquistando software, pc, tablet o servizi informatici. E per completare l'opera di internazionalizzazione, ecco la possibilità di richiedere, presso la propria Camera di Commercio, dei certificati camerali in lingua inglese.

Di tutto il pacchetto, forse, la parte più interessante e utile è la possibilità di effettuare compensazioni tra debiti e crediti nei confronti del Fisco; per il resto, siamo al livello "promesse da marinaio" e non è neanche una novità: quante volte, infatti, nel corso degli anni, abbiamo sentito questo o quel governo promettere fondi e incentivi alla PMI e agevolazioni all'imprenditoria giovanile e femminile? Tante, troppe per crederci di nuovo, specie se a fare le promesse, sono le stesse montagne che hanno partorito il primo topolino, il decreto del Fare numero 1: un'assoluta delusione, per chi si aspettava una svolta nella politica italiana.

E il numero 2 rischia di non essere da meno se, come si vocifera, le risorse messe in campo ammonteranno a 2,5 miliardi di euro (sempre che anche questi soldi non vengano poi destinati ad altro; come successo per i fondi del decreto numero 1, dirottati per l'abolizione tarocca dell'IMU): spiccioli rispetto alle necessità del nostro sistema, che non ha solo bisogno di soldi, ma anche di riforme come lo snellimento della burocrazia, l'ammodernamento delle infrastrutture (rete ferroviaria, stradale, informatica, ecc.), la revisione del mercato del lavoro e molto altro.

Insomma, un nuovo decreto del Fare, che non farà un bel niente.

Danilo


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