Non ti avevo detto di smetterla? – Avevo finito la benzina, non avevo scelta
Se escludiamo la sua apparizione non accreditata al termine del giovanilistico “The fast and the furious: Tokyo drift” (2006), è la terza volta che Vin Diesel, ovviamente nei panni di Dominic Toretto, è protagonista di un tassello della saga incentrata sulle gare automobilistiche clandestine, dopo il capostipite “Fast and furious” (2001) di Rob Cohen e il quarto “Fast & furious – Solo parti originali” (2009), firmato, come il già citato numero tre, dal taiwanese Justin Lin.
Lo stesso Justin Lin che troviamo anche al timone di regia di questo quinto capitolo, adrenalinico fin dal prologo e che, già nel corso dei primissimi minuti di visione, pone una serrata ed altamente spettacolare sequenza di furto su un treno in corsa per introdurre la nuova avventura su celluloide ad elevata velocità, incentrata stavolta su una rapina del valore di cento milioni di dollari da portare a compimento a Rio.
Quindi, all’interno della preparatissima squadra d’assalto che Toretto costituisce in maniera progressiva reclutando amici e familiari, non solo abbiamo di nuovo la Jordana Brewster di “Non aprite quella porta – L’inizio” (2006) nei panni della sorella Mia e Paul Walker in quelli dell’ex poliziotto Brian O’Conner, ma ritroviamo il Tyrese Gibson di “2 fast 2 furious” (2003) di John Singleton nel ruolo di Roman Pearce; mentre il Joaquim de Almeida visto in “Che – Guerriglia” (2008) incarna il businessman corrotto Reyes, che li vuole morti, e Dwayne Johnson alias The Rock l’agente federale Luke Hobbs, il quale, invece, li vuole vivi.
La giusta manciata di muscoli e facce da action-movie per poter popolare i circa 130 minuti di visione che, come c’era da aspettarsi, tra copertoni fumanti e sgommate non mancano di tirare in ballo pallottole volanti e scontri corpo a corpo.
Con l’apice raggiunto nell’attesissima scazzottata tra Toretto e Hobbs, ma senza dimenticare una spruzzata d’indispensabile ironia, volta ad alleggerire un efficace spettacolo d’intrattenimento puro che avrebbe forse necessitato di qualche minuto in meno, pur apparendo come uno dei migliori episodi (il migliore dei tre diretti da Lin) della non apprezzabilissima serie.
Il tutto, grazie a momenti da antologia del cinema d’azione come quello del lungo, coinvolgente inseguimento pre-finale, i quali, distribuiti a dovere nel corso della narrazione, vanno ad impreziosire un elaborato che, altrimenti, sarebbe risultato soltanto senza infamia e senza lode.
Fino alla sorpresina che ci attende dopo i titoli di coda.