di Edoardo Blandino
Fucili, tute mimetiche e proiettili: siamo nel mezzo di un gioco dove si corre, si spara, si indossano scafandri futuristici e ci si sporca come bambini. Obiettivo? Riempire l’avversario di gelatina colorata. Signore e signori, ecco a voi il Paintball.
Sembra un campo di battaglia, con vari tizi imbacuccati con caschi avveniristici e fucili ad aria compressa. E’ il set di Star Treck? In verità siamo a Grugliasco, in un campo di Paintball dove le squadre si allenano per il primo campionato nazionale italiano. Che cosa fanno? Beh, fondamentalmente si sparano a vicenda. O meglio, durante la pratica tendono a non colpirsi e a prediligere bersagli fissi, ma capita che parta qualche raffica in direzione di un partner di allenamento. Insomma, a parte nelle vere simulazioni, è difficile che si miri ad un compagno, se non per fare qualche bella foto. Un po’ macchiata, se vogliamo.
Occhio ai lividi
Anche perché in partita è veramente dura catturare certi momenti. I proiettili sono troppo veloci e l’azione è così rapida che sembra di assistere a delle operazioni militari. Durante le esibizioni la folla accorre numerosa, ma dal tripudio generale nel campo si sentono comunque i giocatori parlare in codice, per non far capire dove sono e cosa faranno. Se vieni scoperto non rischi la pelle, ma è meglio evitare di beccarsi qualche pallina perché se ti sparano da pochi metri dove non hai le protezioni ti porti dietro il livido per qualche giorno. Ma questo è il caso peggiore. Spesso ci si colpisce da lontano ed i fucili (“marcatori”) utilizzati dagli amatori sono talmente poco potenti che a volte la pallina non si rompe neppure. Se però il liquido fuoriesce significa che sei stato eliminato e devi aspettare il prossimo round, cioè al massimo cinque minuti. Ah, perché scopo del gioco è macchiare l’avversario. Di vernice.
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