31 marzo 2014 • Recensioni Film, Vetrina Cinema
Father and Son (Like Father Like Son) è una delle tante perle uscite dal Festival di Cannes dello scorso anno, dove gli è stato meritatamente conferito il Premio della Giuria. Nonomiya Ryota (Fukuyama Masaharu) è un architetto di successo con una mentalità cinica e concreta, un padre attento ma poco incline alle manifestazioni d’affetto. Un giorno lui e sua moglie Midorino (Ono Machiko) ricevono una chiamata dall’ospedale di provincia, dove sei anni prima è nato il loro adorato figlio Keita, che li informa che sono stati vittima di uno scambio di neonati. Scoprono dunque che Keita è in realtà il figlio biologico di una coppia più umile, che sta crescendo il loro vero figlio assieme a due fratellini. Le due famiglie non potrebbero essere più diverse. Yudai (Lily Franky) è infatti un bottegaio arraffone che alleva con sua moglie Yukari (Maki Yoko) i loro tre figli in maniera diametralmente opposto a quella di Ryota e la sua dolce moglie.
Ryota si trova dinanzi alla scelta di decidere se continuare a crescere il bambino che ha creduto e amato come suo figlio per sei anni o riprendersi il figlio biologico. Questa decisione arrecherà non pochi sconvolgimenti ad entrambe le famiglie, che dopo aver tentato di instaurare una relazione civile tra di loro, si confronteranno duramente rispetto alle proprie condizioni e stili di vita differenti.
Il regista giapponese Hirokazu Koreeda, pressoché sconosciuto in Occidente, dà ancora una volta prova del suo straordinario talento e della sua maestria, costruendo una riflessione toccante e delicata sul tema della paternità e interrogandosi sul senso dei sentimenti che legano un nucleo familiare. La brillante sceneggiatura è messa al servizio di una storia commuovente raccontata senza sbavature. Koreeda rifugge il melodramma preferendo per la sua opera quella leggerezza e quell’ironia che ne costituiscono un valore aggiunto. Dopotutto Father and Son è anche un romanzo di formazione di un genitore, Ryota, che dalla durezza iniziale attraverserà poi fasi di smarrimento, rabbia e disperazione, fino alla definitiva maturazione. Il regista è inoltre abile a cogliere le reazioni dei due bambini protagonisti, il loro dramma interiore e il loro stato confusionale. Il film presenta non poche barriere culturali dovute alla descrizione di un prototipo di famiglia giapponese, molto distante dal modello europeo al quale siamo abituati. Ciò nonostante il talento di Koreeda ci consente di varcare quelle barriere, facendoci entrare fino in fondo in sintonia con il dramma vissuto da entrambe le famiglie e lasciandoci liberare nel pianto quando Ryota apprenderà finalmente che la paternità è il frutto di un legame d’amore profondo che nulla o poco ha a che vedere con il gruppo sanguigno.
Altro elemento chiave di questo film è la naturalezza dei bambini che, nonostante sembrino adattarsi facilmente a qualsiasi tipo di cambiamento, soffrono intimamente il dramma della separazione dal proprio nucleo familiare. Questo atteggiamento si contrappone a quello degli adulti laddove delle madri remissive sostengono dei mariti capaci di confrontarsi nel modo più vile e spietato, pur di placare il senso di colpa ed il momentaneo senso di impotenza. Father and Son è un film che vi sorprenderà per la sua capacità di empatia, qualità rara per una pellicola orientale, per molti spesso sinonimo di noia e lentezza. Koreeda ha infatti la capacità di coinvolgere un pubblico il più eterogeneo possibile grazie alla sua straordinaria sensibilità narrativa, all’attenzione per i dettagli, l’eccellente caratterizzazione dei personaggi e ad una scrittura caratterizzata da dialoghi brillanti ed originali. Se siete alla ricerca di un film che vi commuova senza indugiare su facili sentimentalismi, che vi strappi un sorriso e che vi sorprenda e vi faccia riflettere, la vostra scelta non può che ricadere su questo piccolo capolavoro.
Father and Son uscirà nelle sale italiane a partire dal 3 aprile 2014, distribuito dalla BIM.
di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net
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