Viaggio in Salento. Fave e cicoria.
Il Salento è luce.E’ abbagliante epifania che ti trafigge appena arrivata: una luce accecante che sbianca i muri delle case, lavati di latte di calce, illumina spazi immensi, verdi di olivi e profumati di limonio, di cisto e ginepro, sfolgora in un cielo vasto, senza limite, senza confini e smalta la terra rossa e calda.
C’è caldo in Salento: c’è un caldo intenso e umido, se spira lo scirocco. La prima notte mi sono svegliata all’alba e uscendo sulla terrazza ho trovato un mondo ovattato, immerso in una nebbia leggera e salina. C’è caldo, dunque, ma alla sera si alza un’arietta gentile, che rinfresca, lenisce ed accarezza la pelle e asciuga i bucati stesi.La notte è fonda, buia e stellata: riposa gli occhi abbacinati dal giorno e solleva dalla terra calda i profumi che teneva celati, profumi orientali, magici, bizantini.
Siamo state fortunate, la fotografa ed io, a trovare una sistemazione davvero gradevole: eravamo a Gagliano del Capo, a 2 km da Santa Maria di Leuca, nell’estremo sud del Salento.
Si trovano splendide soluzioni di accoglienza, in Salento: oltre ai tantissimi Hotel e pensioni, ci sono B&B curati e gradevoli, a prezzi contenuti.
Anche le Masserie sono spesso valide alternative sia per l’alloggio che per i pranzi; offrono agli ospiti i gustosissimi piatti della tradizione salentina, in ambienti piacevoli e sereni. Si mangia bene, accolti con gentilezza e competenza.
Siamo state fortunate, la fotografa ed io, anche a trovare, il primo giorno, dopo qualche tentativo infruttuoso, a Torre Pali, una spiaggia tranquilla e bellissima, circondata da dune fiorite di gigli di mare, dalla sabbia impalpabile e candida, dal mare limpido e trasparente ( è bandiera blu).
E’ una cosiddetta “spiaggia libera attrezzata”, come ce ne sono tantissime, in Puglia: una spiaggia semi-libera, potremmo dire.
La nostra era gestita – molto bene davvero – da alcuni giovani allegri e scanzonati, simpatici e molto capaci: la spiaggia pulita ed ordinata, i semplici piatti proposti al baracchino davvero gradevoli per uno spuntino di metà giornata: frise con tonno e pomodori, panini, prosciutto e melone, un fresco rotolo di mozzarella farcita, insalate miste o insalate di frutta.
Qui anche lo shopping si fa in spiaggia!
La penisola del Salento viene chiamata il tacco d’Italia, e a contendersi questo nome sono le due “punte” di Santa Maria di Leuca: punta Meliso e punta Ristola, che racchiudono la bellissima cittadina e segnano l’ideale confine tra i due mari di Puglia, lo Jonio a ovest e l’Adriatico ed est.
Il santuario che domina la cittadina assume il significativo nome di “de finibus terrae”, dato a questo punto geografico dai romani, che intendevano determinare in questo modo l’estremo limite della Roma dei “cives”. Da quel punto in avanti, infatti, i sudditi di Roma erano chiamati “provinciales”.Una leggenda narra che fu San Pietro, approdato qui durante il viaggio che dalla Palestina lo portava verso Roma, a cambiare il nome alla cittadina che da Leuca (dal greco λευκός= bianco) come si chiamava in origine, diventerà Santa Maria di Leuca.
Sul promontorio di Punta Meliso, accanto al Santuario, si erge il faro bianco, la cui luce si scorge per 50 km. Dalla sua terrazza, nei giorni limpidi, si può scorgere l’isola greca di Corfù, i monti Acrocerauni ed i monti di Calabria. E’ alto 47 m., secondo solo alla “Lanterna” di Genova!
La cittadina si srotola sulla riva del mare, inanellando splendide ville liberty accanto a tipiche costruzioni basse e candide.
Il porto accoglie eleganti imbarcazioni…
ed è anche luogo di assoluto relax!
Se andate a Leuca (andate a Leuca!) non fatevi scappare l’occasione di una gita in barca
alla scoperta della costa e delle sue grotte ed insenature strepitose.
Alcune grotte, alte nella roccia a picco sul mare, erano abitate nella preistoria, conservano ancora preziose tracce e vengono studiate da archeologi.
Il mare cristallino si frange sulle pareti altissime, frastagliate della costiera adriatica. E dopo un bagno meraviglioso in quelle acque d’incanto cosa c’è di meglio di una frisa bagnata semplicemente in mare e poi condita con pomodorini ed origano selvatico, un filo d’olio e… vi assicuro che è il paradiso!!
Percorrendo la costa jonica, ad occidente del Capo di Leuca, le spiagge sono per la maggior parte basse, candide e sabbiose: potete utilizzare la strada litoranea, che vi farà attraversare i paesini pittoreschi che si affacciano sul mare e sono allegri di bagnanti e rutilanti di merci esposte, o transitare sulla più rapida, ma meno panoramica, strada a scorrimento veloce, più all’interno.
Con un viaggio di circa mezz’ora si arriva a Gallipoli, bellissima e contraddittoria.
La parola Gallipoli deriverebbe dal greco καλή πόλις (kalé pólis), che significa “città bella”, (o forse, dal toponimo Kal – presente anche in altri toponimi del Salento Calimera, Galugnano, C-Alliste- e quindi significherebbe “città dello scalo”… ma a me piace di più la prima ipotesi!)
E bella, bellissima, lo è davvero, almeno per quello che riguarda il centro storico, la parte antica ed incantevole.(il resto, purtroppo è uno dei molti esempi di “rapallizzazione” e credo che la zona di Gallipoli abbia una quantità/per abitante di discoteche uguale o superiore a Rimini! E questo crea code newyorkesi sulle strade del litorale fino a mattina!))
Ci siamo arrivate, la fotografa ed io, nell’infuocato mezzogiorno di una giornata torrida e quello che siamo riuscite a fare, dopo aver posteggiato nel moderno Corso Roma, è stato raggiungere strisciando e conquistare sgomitando un tavolino nella piazzetta sotto un candido ombrellone, ordinare due long drinks alla frutta e restare spalmate lì, in attesa di più miti temperature.
Appena siamo riuscite a scollarci dal nostro angolino d’ombra, la bellezza del piccolo borgo ci ha incantate, occhieggiando dalle strette e tortuose vie, stupendoci nelle piazzette e sfolgorando nello splendido lungomare, affacciato su una spiaggia affollata.
Tra le viuzze abbiamo scoperto l’antica biblioteca della città, ora adibita a sala riunioni e custodita da un gentilissimo signore che ci ha donato un suo cd-rom di belle foto, molto apprezzato dalla fotografa!
Abbiamo incontrato anche un gatto vanesio, affacciato al balcone, che si è prodotto in un vero e proprio show, da modello consumato!
Tantissimi i ristoranti a Gallipoli, ottimi alcuni, stra-noti e deludenti altri, romantici e deliziosi, chic o semplicissimi.
Così come bar e caffè, ombrosi e accoglienti, capaci di offrirvi enormi e ipercalorici gelati!
Continua il nostro viaggio in Puglia, al seguito della carovana dell’Abbecedario Culinario, guidata da Aiuolik
La piccola ricetta di oggi viene dalla tradizione povera salentina: un antichissimo piatto, probabilmente di origine egiziana.
L’abbiamo gustata molte volte, durante la nostra vacanza e, nonostante tradizionalmente sia gustata come zuppa, oggi viene servita nei ristoranti locali come delizioso antipasto estivo.
Fave e cicoria.
200g di fave secche sbucciate
1/2 kg di cicoriette di campo
1 costa di sedano
1 piccola cipolla
1 patata
olio evo
sale
fettine di pane per accompagnare
Fate rinvenire le fave secche in acqua fredda, per almeno due ore.
Scolatele e mettetele in una pentola capace, meglio se di terracotta, con la patata sbucciata e tagliata a pezzettini. Coprite con acqua fresca, che superi le fave di almeno due dita. Aggiungete il gambo di sedano e la cipolla affettata sottile. Fate cuocere a fuoco lento, a pentola incoperchiata, e mescolate spesso con un mestolo di legno.
Dopo circa un’ora, eliminate il sedano e portate a cottura: vedrete che le fave e le patate si saranno disfatte, formando una crema densa.
In un’altra pentola, portate a bollore dell’acqua con il sale e cuocete le cicoriette per 10 minuti. Scolatele e ripassatele in padella, con un filo d’olio evo.
Suddividete nei piatti il purè di fave, unite poi le cicoriette e condite con un filo d’olio. Servite con fette di pane tostate in forno.
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- Come tutte le ricette della tradizione, anche qui ogni famiglia pugliese ha la sua, quella vera.
La patata è spesso origine di discussioni: ci va o non ci va? Chi mi ha insegnato a fare questo piatto delizioso, la signora Marisa, di una masseria vicino a Leuca, la patata la metteva, e così faccio io, con soddisfazione. Voi, fate come volete! - Sapete cosa sono le ricette Cecamariti? Come dice il nome, quelle ricette che abbagliano i mariti, facendo loro credere una cosa per l’altra: di aver cucinato un piatto elaborato appositamente, ad esempio, e non di servire in tavola un avanzo riciclato.Questo piatto diventa alla cecamariti, se, avanzato, viene ripassato in padella per scaldarlo e servito, poi, decorato con crostini di pane fritti. Una vera bontà e una gran furbata!!
- Non pensate che sia un piatto poco saporito o lontano dal gusto di oggi!
Quando l’ho preparato, l’altra sera, per il nostro Abbecedario Culinario, la fotografa e i suoi amici ospiti qui da noi al mare se la sono sbafata allegramente con grande piacere!
Mandateci le vostre ricette pugliesi!! Aggiungete il link al vostro blog , in un commento qui
Il reportage da l Salento è tratto da un vecchio post della Melagranata, che potrete trovare, se vorrete, qui