Magazine Psicologia

Fenomenologia della Pre-senza

Da Davide

permettere di essere, già…
e permettermi di essere pure.
apro gli occhi alle 5e15 della mattina, risveglio brusco che mi salva dall’angoscia di un sogno soffocante, tragico, tremendo, di quel senso del tremendo che i greci nominavano con la parola deinòs che accompagnava sempre la manifestazione del divino. apro gli occhi. cerco di richiuderli, ma non c’è verso: le immagini del sogno sono troppo vivide e innescano un volano di pensieri, nemici del sonno.
cedo, mi alzo, cambio stanza.
accendo un incenso, mi siedo a terra, chiudo gli occhi.
resto.
non serve che passi molto tempo, solo un paio di secondi perché affiorino gli attentati al mio permettermi di essere: il controllo prima e innanzi tutto (oddio, un rumore, ecco si sono svegliati, adesso entrano e mi vedono qua, un lampo, l’incenso sta bruciando tutto, ho causato un incendio)…
resto.
affiorano frustrazioni, insoddisfazioni, tentativi di giustificarmi, volontà di rispettare le regole, affiora soprattutto il mio non lasciarmi mettere i piedi per terra, il mio non permettermi di essere.
la sensazione di un fiume in piena di fiducia, vitalità, ordine, calma, sostanza stessa ed essenza del vivere mi inonda quando mi ricordo di permettermi di essere. paratie che pongo a questo scorrere sono tutte le operazioni della mia razionalità che pretende di far vincere il mio schema, di ridurre il mondo a quello che io sono convinto che sia.
ma cosa significa permettermi di essere? eccolo lì l’inedito e l’inaudito che affiora quando resto e che non posso preordinare, predeterminare, che non posso stabilire a priori, eccolo qui un sentiero della pre-senza.


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