Fernand Khnopf, la carezza
Torno spesso a parlare di artisti che parteciparono al simbolismo, che trovo un movimento estremamente affascinante ed interessante: lo scrittore francese René Alleau affermava che una società senza simboli non può evitare di cadere al livello delle società infraumane, poiché la funzione simbolica è un modo di relazione tra l’umano ed il sovraumano. Eppure a volte proprio i tentativi di interpretare tali simboli sembrano complessi e vani, volti a svelare segreti audacemente celati dalle parole (in letteratura) e dalle pennellate di colore (in pittura) di dubbia o comunque mai totalmente chiara decodificazione.Il movimento artistico del Simbolismo, nato in Francia nella seconda metà del XIX sec, intuisce che sotto la realtà apparente, quella percepibile con i sensi, si nasconda una realtà più profonda e misteriosa a cui solo l’artista può accedere, e produce una vasta quantità di dipinti ai quali, stavolta senza dubbio, la qualità non può essere estranea.
Fernand Khnopf, ritratto di Marguerite
Il pittore belga Fernand Khnopff (Grembergen 1858 - Brussels 1921) è stato definito “il simbolista perfetto”, creatore di un’arte che nasce e si sviluppa in un contesto altamente intellettuale, con le radici che affondano nell’eredità classica e lo sguardo attivamente rivolto alle avanguardie della modernità. Un artista saldamente legato alla città di Bruges, dove ha trascorso gran parte della sua giovinezza e di cui ha spesso rappresentato scorci e corsi d’acqua, talvolta reali, talvolta riflessi.Nato nelle Fiandre orientali, in una famiglia appartenente alla ricca borghesia, Fernand Khnopff, seguendo la tradizione familiare, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Bruxelles. Ben presto lascia la facoltà per seguire le sue inclinazioni artistiche e iscriversi così all’Académie royale des beaux-arts de Bruxelles, dove segue i corsi di Xavier Mellery che lo esorta a considerare la pittura come una indagine sul significato nascosto delle cose. Durante un soggiorno a Parigi, nel 1877, scopre la pittura di Delacroix, Gustave Moreau e i preraffaelliti, in particolare, Dante Gabriel Rossetti e Edward Burne-Jones. Tornato in Belgio,nel 1883 è tra i fondatori del movimento d’avanguardia Groupe des XX, di cui fanno parte anche James Ensor, Dario de Regoyos, e Théo Van Rysselberghe.
Fernand Khnopf, il silenzio
Inizialmente Khnopff è un originale e delicato pittore di interni e di ritratti (Ascoltano Schumann, 1833, Bruxelles, Mus. Royaux), successivamente, grazie al rapporto con l’estetismo inglese (dal 1894 collabora con la rivista di arti decorative The Studio) e con gli ambienti simbolisti belgi, diventa uno dei più raffinati esponenti del simbolismo figurativo europeo, non senza sfumature misticheggianti che gli derivano dal rapporto con i Rosacroce. Atmosfere rarefatte e inquietanti, ambigue figure di donne-sfingi o donne-angeli (La sfinge, 1896, Bruxelles, Mus. Royaux) caratterizzano la sua pittura, di grande raffinatezza tecnica. Il suo dipinto più celebre è probabilmente La carezza (Museo Reale di Belle Arti) a cui, fra l`altro, si ispira l`omonimo racconto breve di Greg Egan. Chiudo la porta su me stessa (I lock the door upon myself) è invece ispirato dall’omonima poesia di Christina Georgiana Rossetti, sorella del pittore preraffaellita Dante Gabriel. La modella dei suoi dipinti è sempre la stessa: sua sorella Marguerite. Anche la scultura di Khnopff è improntata ai medesimi principi estetici della sua pittura, per la preziosità dei materiali e dei colori (Testa di Medusa, Bruxelles, coll. priv.) Già durante la sua vita diventa un personaggio di culto, facendo di se stesso un dandy, estremamente ricercato, dal carattere estremamente riservato. All’inizio del secolo si fa costruire una casa da lui disegnata, simile a quelle che compaiono nei suoi dipinti: una casa da un sogno con finte finestre (Villa Khnopff, 41 Avenue des Courses, Bruxelles).Quella di Khnopff è un’arte “fra due mondi”, sempre giocata visualmente e tematicamente su una serie di riflessi e opposizioni, paesaggi e figure umane, unicità “reale” del soggetto e attenta riproduzione dello stesso, senza tralasciare la costante e affascinante dialettica, tipicamente simbolistica, della donna come creatura angelica e femme fatale.