Oggi è la festa della donna.
eh si.. mimosa in ogni dove e se siete allergiche.. son czzi vostri
si, ma mica di una donna qualunque, che vi pare facile di poter festeggiare anche voi… non è la festa della mamma, o della donnaqualunque, o della donna bellissima o persino di quella brutta ma simpatica, no: è la festa della donna CHE LAVORA.
Così, guardiamoci in faccia: un’altra festività si aggiunge al già lungo elenco delle festività che ci snobbano, che ci prendono proprio a pesci in faccia.
La festa della mamma se non siamo mamme, San Valentino se siamo spudoratamente singles, il 1 maggio (altra festa dei lavoratori), San Firmino perché non siamo più studenti al primo anno (si spera… ma anche un po’ un peccato sta cosa). Insomma: noi donne disoccupate non abbiamo DIRITTO di festeggiare.
Persino le casalinghe ora ce l’hanno (visto che il loro lavoro è stato stimato equivalere a circa 4.000 euro al mese di stipendio ..stica!), il diritto di festeggiare la festa della donna (altrimenti non si spiegherebbe l’orda di assatanate che in questa data si riversa per le strade e per i quartieri più malfamati di Caracas – ma non solo – alla ricerca di..beh, chiamiamolo vagamente intrattenimento).
E anche se ci mettiamo a considerare il significato intrinseco (e non la pagliacciata che ne è venuta fuori dopo) di questo festeggiamento, la cosa non migliora..o forse si?
Lasciatemi pensare: si festeggia la liberazione, l’emancipazione delle donne dalla schiavitù, dal giogo, dall’assurdità del lavoro in fabbrica.
Ergo, visto che noi siamo “liberate” nel senso più ampio dal lavoro in toto… minchia! (come dicono al sud) ma allora noi siamo emancipatissime!
Si evviva siamo emancipatissime e liberissime di vivere la nostra vita come in uno spot della Nuvenia o in uno della Sector: senza limiti!
Certo avremmo gradito poterlo decidere noi invece di trovaci sbattute in mezzo alla cosa ma ehi.. adesso che ci penso bene: se il prezzo della libertà è dover rinunciare agli stupidi festeggiamenti della festa della donna.. affare fatto! Voglio dire: lunghe passeggiate in giro per la mia città come e quando più mi piace, lavorare se ho voglia (e se ne trovo) altrimenti no, farmi i beati fatti miei.. è una vita di lusso. No?
Il più delle volte si. Lo sapete.
Mi resta solo la vergogna di quando mia madre mi guarda e lei, sessantottina, che ha 40 anni alle spalle di lavoro, (ha cominciato in fabbrica a cucire i pigiami a 16 anni, a 20 ha avuto me, e da allora sono passa trent’anni che fa la casalinga) si chiede che cosa ha combattuto a fare, in quegli anni, per l’emancipazione delle donne, per migliori condizioni di lavoro, per avere un sindacato, il diritto alla maternità, il diritto a questo o quell’altro… già.
Questo dovremmo chiederci noi donne disoccupate, buttate in mezzo a una strada dove avremo ancora meno possibilità dei “colleghi” uomini di trovare un lavoro (e infinitamente meno di quante ne avevano le nostre madri negli anni settanta, pensateci: a quei tempi bastava “aver voglia di lavorare” ed era fatta. il lavoro te lo tiravano dietro). Questo dovremmo chiederci: per che cosa hanno combattuto le nostre madri, per che cosa sono morte quelle famose donne/eroine/martiri quell’8 marzo di ormai secoli fa?
Perché i sindacati e i partiti politici potessero svendere noi e il nostro futuro e quello dei nostri figli (e mi sa anche quello dei figli dei nostri figli) senza battere ciglio? Perché si arrivasse un giorno al lavoro “flessibile”?
Alla faccia.
Siamo messe bene. Festeggiamo, si, che ce n’è da festeggiare.
ps. per quanto mi riguarda, credo che resterò tappata in casa. Non vorrei essere costretta a dire a qualche venditore ambulante, o a qualche tronfio maschietto, dove se lo possono infilare il ramo di mimosa…