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Festa grande in casa Porcellum

Creato il 30 maggio 2013 da Albertocapece

Maiale_in_tavolaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Non fidatevi. Cominciata l’era del dopo-Grillo, tutti i diversamente sconfitti, sollevati dal mal comune e soddisfatti dalla ferite altrui, rivendicano di interpretare e rappresentare il sentire comune. Così li vediamo avvicendarsi come nel gioco delle sedie, nei vari talk show, nei porta a porta, nei ballarò a tutelare con il Porcellum i loro posticini, le loro rendite di posizione, i loro benefit, la loro esistenza in vita, anche votando contro le mozioni che hanno poco prima con orgoglio presentate e firmate.

Non fidatevi. Li sentirete dire che  sono costretti dalle larghe intese, dalle alleanza più o meno opache, dagli equilibrismi inevitabili della partitocrazia, della quale sono le prime vittime a occuparsi di queste alchimie. Ma loro invece vorrebbero impegnarsi sui temi che interessano davvero i cittadini, impegnarsi sui fronti di guerra: lavoro corruzione, spesa pubblica, credito, criminalità più o meno legalizzata.

Non fidatevi. Per uno che vi dirà che la colpa del fallimento dell’utopia della buona politica e della democrazia diretta è nostra, di noi insulsi parassiti, annidati negli interstizi della società a brulicare come vermi nel corpaccione dell’Italia “morta”, altri sosterranno che la  responsabilità è dello Stato, della macchina farraginosa  della burocrazia e dell’inefficienza dell’apparato, se le decisioni ormai si prendono solo tramite norme e incentivi, perché non esistono più gli strumenti efficaci per attuare vere politiche pubbliche.

Non fidatevi. Quasi tutti vi vorranno persuadere che è ragionevole, realistica e addirittura desiderabile la rinuncia a una fettina di sovranità in cambio, chissà perché, del rafforzamento di una superpotenza regionale, in grado di negoziare leadership e contrattare competitività nel contesto globale. Sono gli stessi che sostengono che è altrettanto assennato rinunciare a qualche diritto e qualche garanzia a beneficio di nuove generazioni, quando invece diritti e garanzie vanno nutriti, tutelati e  trasmessi tutti interi perché, come la libertà, non si possono segmentare, negoziare o ridurre: se se ne sottrae un po’, cade tutto l’edificio e ci si trova poveri e servi.

Non fidatevi. Vi vogliono blandire con la bistecchina buttata ai cani ringhiosi della cancellazione dei rimborsi elettorali. Totale, dimezzata, rinviata come l’Imu. Là dove tutto segue tempi biblici, si vuole far presto. E lo credo. La loro ipotesi è coerente con l’ideologia che li ispira:  privatizzare i partiti, che se ami il tuo partito lo devi sovvenzionare, secondo una logica aberrante che riconosce l’egemonia ineluttabile delle logiche economiche, trasferendo implacabilmente le  disuguaglianze economiche nella sfera politica,   abrogare l’attuale sistema perverso,  non  per sostituirlo con un nuovo sistema virtuoso e saggio di finanziamento pubblico, ma per mettere su un’impalcatura di espedienti arbitrari, discrezionali e opachi.

Non fidatevi. Per uno che vi vuol convincere che quello che serve è un uomo solo al comando, capace di decisione e oggetto di infatuazione collettiva, sia esso tycoon, tecnico o comico, c’è qualcun altro che vi vorrà persuadere che occorre al contrario una squadra, anche disomogenea, anche conflittuale, spacciando le larghe intese per un patto in nome dell’interesse generale, vendendo le loro opache alleanze come contratti sottoscritti in nome del bene comune.

Non fidatevi. A intermittenza c’è chi dice che per l’ingegneria istituzionale ci vuole tempo, cautela, oculatezza, saggi a decine. E a corrente altrettanto alternata c’è chi invece predica il dinamismo legislativi, più futurista di Marinetti, ubiquo e simultaneista sostiene che bisogna far presto, mettere mano, che il mondo cambia e impone velocità, dimenticando quanto in fretta è stato prodotto il Porcellum, ma anche le leggi ad personam e che dire della riforma Fornero.  Ma tutti insieme, in forma bipartisan,  vi dicono qualcosa: che si tratta di materia delicata, meglio addirittura che siano estromessi rappresentanze e rappresentatività, meglio sarebbe che ci pensasse il governo o dei suoi incaricati, meglio soprattutto che il popolo ne stia fuori, occupato come è a sopravvivere a cercar lavoro, a quadrare i conti, a mettere insieme il pranzo con la cena.

Non fidatevi. Come e chi andiamo a votare, chi e in che modo ci rappresenta, quanto e se lo finanziamo è materia nostra, dei cittadini, della democrazia.  Solo grazie al nostro controllo, all’espressione della nostra volontà, alla nostra vigilanza e alla nostra rabbia, ai nostri scioperi e ai nostri referendum, potremo tornare a fidarci di qualcuno, di noi stessi e della democrazia.


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