Festival di Sanremo, terza puntata: pregi, difetti e “Luca e Paolo”.
Pregi:
- “Astrosamanta” in collegamento dallo spazio parla e dimostra, ammesso qualcuno avesse dei dubbi, che per arrivare a quei livelli di eccellenza non bastano doti fisiche e matematiche ma bisogna avere anche una grande testa pensante;
- Spandau Ballet, si ok, invecchiati, imbolsiti, diciamo pure inquartati, ma riescono ancora ad avere un perché musicale (e una gran voce) in un contesto canoro che si è rivelato ben povero di qualità vera;
- Le giovani proposte come capita quasi ogni anno, sono migliori dei big;
- Alla lunga si apprezza la presenza discreta, misurata con il contagocce, della “Bovina” Rocìo Munoz Morales rispetto alle sue colleghe
Rocco Tanica con il collegamento dalla sala stampa è sempre esilarante; - Fino ad ora, tranne Rocco Tanica, tutto quello che è andato in onda dopo mezzanotte meritava di andare in onda dopo mezzanotte sperando che lo vedesse meno gente possibile;
Difetti:
- Alcune cover sono state pura violenza musicale condotta impunemente e senza scrupoli;
- Grazia Di Michele e Platinette sembravano un film horror anni 50;
- Stonature diffuse, troppe e troppo frequenti e confermate, per pensare si tratti solo di “stecche” occasionali;
- La scelta di far votare anche le cover è un misto tra il Karaoke in piazza di Fiorello e “I migliori anni”, format caro a Carlo Conti, ma basta;
- “Astrosamanta” non era in diretta, Carlo Conti non l’ha detto, ha fatto credere lo fosse ed è stato molto scorretto;
- I tecnici a tratti sono sembrati fuori controllo, durante alcune esibizioni alcuni microfoni sono morti, ho notato tre casi nel giro di poco tempo, clamoroso quello mentre si esibivano i Saint Motel;
- L’ospitata di “Er Viperetta” non ha avuto alcun senso, il personaggio fa ridere la prima volta, la seconda, ad esser buoni anche la terza, ma poi diventa noioso;
- Arisa fuori come un balcone in zona sismica;
- Emma Marrone rosica per le critiche (tutte meritate) che manco don Chuck Castoro;
Luca e Paolo:
Primo intervento coraggioso e molto divertente, il primo che veramente ha fatto ridere a Sanremo, il testo della canzone sui cantanti morti e citati al festival è humor nero di livello, per un attimo mi sono entusiasmato.
Peccato che nel secondo intervento, quello sul matrimonio gay, nonostante l’idea fosse buona e l’argomento giustamente ostico, il tutto si sviluppa senza guizzi accettabili e si conclude con la parolaccia per strappare la risata facile. Come rovinare un buon inizio.