Egregio Sancio Governatore d’Isole,
Dalle mie parti si dice “fill’e’preri”. Figlio di prete. Il fatto che articoli e preposizioni siano andati a farsi benedire, nel tempo, e’ esemplare dell’utilizzo vocativo dell’espressione. Da “su fillu de su preri”, grammaticalmente esteso, e’ germogliato “Oh fill’e’preri!”, la migliore accoglienza che si possa garantire al compare in procinto di aggiungersi al tavolo del bar, o semplicemente sfrecciante in bicicletta per le strade o i tratturi di turno.
Nella mitologia contemporanea cagliaritana si e’ spesso parlato di Fillepreri. Ho levato le virgolette perche’ l’espressione e’ stata sublimata fino all’identificazione di un soggetto civile. Immagino ogni centro sardo, ed italiano, abbia immolato uno dei suoi figli nello sforzo collettivo superare, attraverso lo scherno e l’emarginazione, la prima e piu’ pruriginosa crepa nella prassi liturgica ed ascetica dei ministri del Signore: le foie dei pretozzi per perpetue, vedove peccaminose, suorelle ed in qualche caso bimbetti inermi.
Con diabolica poesia il popolo cagliaritano decise di collocare Fillepreri davanti alla piu’ notoria edicola della citta’, quella di via Roma. Qui, fra i palmizi ed il porto ed i giornali stranieri che parlano di lontananze e promiscuita’, si prese a smerciare materiale pornografico in una citta’ che con sonnolenza si accodava ai postumi della rivoluzione sessuale degli anni 60’. Il mito decise di impiegare Fillepreri nella distribuzione dell’Unione Sarda, il giornale locale, agli autisti impilati davanti al rosso del semaforo.
Il prodotto del peccato carnale di un soldato divino non poteva trovare una piu’ consona collocazione sociale. Il cattolicesimo meridionale ha sempre dimostrato grandi capacita’ immaginative. Considerando le scarse risorse di Fillepreri e la sua probabile inesistenza, dovrei essere al sicuro da potenziali denunce per diffamazione. Cosi’ per la gloriosa edicola di via Roma, il cui mito e’ stato scolorito dal terremoto pornografico di Internet.
Ma i tempi postmoderni hanno garantito un proporzionale ampliamento del fenomeno, sia nelle sue forme orgiastiche che nella stigmatizzazione mediatica e sociale delle stesse.
Negli ultimi giorni di Aprile Piemme ha pubblicato “Sex and the Vatican”, sordida fatica giornalistica di Carmelo Abbate. Sviluppo di un precedente reportage condotto per il settimanale Panorama, il libro di Abbate descrive la schizofrenica esistenza di numerosi spacciatori di eucarestie in giro per la cattolicissima penisola.
Affari che si conoscono da tempo immemore, dalle cronache medievali, da Boccaccio, ma che solo ora arrivano sulla piazza con la dettagliata scienza del reportage incattivita da una societa’ sempre piu’ descrittiva e sempre meno mitopoietica: i preti, nel libro di Abbate, si sollazzano con le amanti e stuprano le suore; pagano perche’ i figli della vergogna vengano abortiti; stuprano bimbi battezzati e cresimati adolescenti; conducono liasons omosessuali bagnate da notti metropolitane a suon di alchool e musica techno. E di solito vengono puniti con una spostamento da una diocesi all’altra. Insomma, nessuna novita’.
Non dimentichiamo i recenti scandali negli States ed in Irlanda. Le piccole garitte di purezza imposte dalle millenarie regole di ascesi sono assediate dall’esercito invisibile del democratico edonismo occidentale. E le sentinelle disertano giorno dopo giorno.
La novita’ consiste piuttosto nel clamoroso silenzio che ha avvolto la pubblicazione del libro di Abbate in Italia. Le uniche notifiche sono quelle dell’Ansa, del 18 aprile, e di Finanza e Mercati, piccolo quotidiano milanese, del 27 aprile. Potete verificare nel database di Factiva newspaper, se interessati.
I francesi, che hanno memorie piu’ consistenti in fatto di chiese date al rogo e preti crocifissi, hanno immediatamente captato la notizia. Abbate ha trovato riparo in diversi giornali nazionali e programmi televisivi. L’edizione francese del libro e’ schizzata al dodicesimo posto nella classifica di Amazon per i libri di non-fiction. Il mondo anglosassone ha seguito con il Guardian di Londra, Newsweek, il Washington Post, la CBS. Anche El Mundo la la “Pravda” hanno dato spazio a “Sex and the Vatican.” Perfino gli sciti iraniani, naturalmente con intenzioni diverse, hanno offerto la notizia nei loro telegiornali.
Mi sarei aspettato qualcosa, almeno da qualche toscano ghibellino e bestemmiatore. O da qualche rosso romagnolo. Nulla. Silenzio. Un’atra di quelle lezioni di giornalismo che ci collocano nelle fogne delle classifiche internazionali per la liberta’ di stampa, subito dietro qualche dittatoriale repubblica delle banane africana. Ancora una volta, nessuna novita’. Sui mezzi adottati per l’imbavagliamento mi affido al tuo buon senso, Sancio.
Attento pero’, anche questo e’ parte del meccanismo di perversa volgarizzazione della societa’ italiana: alle menzogne ed ai silenzi piu grandi si risponde con fantasie complottistiche che nella loro parzialita’ danneggiano la natura buona di coloro che si battono per il cambiamento.
Il Vaticano ha gia’ esteso i suoi documenti di rammarico, promettendo pronta risposta in collaborazione con le autorita’ civili. Ma il “volume” dell’indignazione non raggiunge mai la soglia di reazione. Il giornalismo tace, i lettori si danno alle televisioni di stato ed il pantano sociale e politico s’addensa.
Sono costretto a contraddirmi, in chiusura: in fin dei conti l’equilibrio trovato dall’arcaico popolo italiano nella divulgazione dello scandalo non e’ mutato. Fillepreri rimane inconsapevole mitizzazione, concrezione fumosa di una societa’ priva del carattere primo di ogni vera democrazia, quello di sapersi condannare con feroce indignazione. Una nazione di Fillepreri.
Ps. Ringrazio con calore Elodie Sandre, suggeritrice, tempo addietro, dell’articolo. Mi scuso inoltre per il ritardo, che rende la Lettera intempestiva. Tuttavia…affrontiamo temi Eterni. Si o no, Sancio?