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Film Rush, Oggi al Cinema incontra il regista e il cast

Creato il 16 settembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Un duello umano prima ancora che agonistico, una sfida che si consuma a colpi di dialettica fuori e dentro il circuito di Formula 1. Al fascino del duello Ron Howard non resiste, scacco matto anche stavolta: con “Rush” (in sala dal 19 settembre) il regista di “Frost/ Nixon” fa scendere in campo James Hunt/ Chris Hemsworth e Niki Lauda/ Daniel Bruhl, i due piloti di Formula 1 che negli anni ‘70 riempirono le cronache sportive per il loro mix di genio e sregolatezza, ma soprattutto per la storica rivalità che li accompagnò per almeno un decennio fino al disastroso campionato mondiale del 1976.

Il duello è una costante dei tuoi film. È in questo che trovi il senso di raccontare una storia?
Ron Howard: Mi piacciono molto i personaggi messi alla prova da situazioni insolite, estreme e sorprendenti, perciò scelgo questo tipo di storie: il matematico, l’astronauta o il vigile del fuoco, persone diverse ma ugualmente disposte a mettersi alla prova e a spingersi sempre oltre i propri limiti. Sono personaggi che hanno molte caratteristiche dell’uomo comune.

Il concetto di morte pervade tutta la storia di “Rush”, come succede in molti altri tuoi lavori precedenti.
R. H: Credo che il nostro modo di rapportarci alla morte ci definisca come esseri umani e ognuno la affronta in maniera diversa. I due personaggi hanno sull’argomento un punto di vista molto singolare, ma in un certo senso condiviso e comune a molti piloti soprattutto negli anni ’70: proprio Lauda ne subiva un fascino particolare. Per Daniel tutto questo è stato un elemento fondamentale per vedere e approcciare la morte nel film.
D. B: Rispetto a dei personaggi più effervescenti e rock ‘n’ roll, tipo James Hunt, Lauda era più calcolatore, una specie di pioniere molto simile ai piloti della Formula 1 di oggi. Lui sapeva di mettere a repentaglio la propria vita, ma aveva anche una sorta di sesto senso che gli permetteva di capire se era la situazione giusta per correre o meno.
Nella scena finale ad esempio, sente che c’è qualcosa di più importante che correre quel Gran Premio in Giappone: Niki non è più disposto a mettere a rischio né la sua vita né il suo rapporto con Marlene.

James Hunt viveva all’eccesso. Che rapporto hai con questo tipo di personaggi e nella vita con un certo tipo di situazioni?
Chris Hemsworth: Diversamente da Niki che affrontava il concetto di morte da matematico studiandola, calcolandola e misurandola in percentuali, James ha un approccio più istintivo, di pancia, viscerale; è un rapporto che continuerà per tutta la sua vita a prescindere dalle gare. Se aveva un desiderio faceva quello che sentiva e sapeva di voler fare, si spingeva molto agli estremi e come gli altri piloti viveva la minaccia costante della morte.
Lauda la esorcizzava con il calcolo, mentre James cercava di evitarla indugiando in una serie di diverse attività come il bere o il sesso con le donne. All’epoca quei piloti avevano bisogno di uno sfogo per affrontare la morte, e mi piaceva poter correlare questa idea della morte all’immediatezza, al momento presente, alla concentrazione senza la quale l’alternativa sarebbe stata la morte. Troppo spesso siamo abituati a guardare in avanti, a pensare al futuro o addirittura al passato dimenticando l’oggi; quindi tutte le cose che ti costringono a concentrarti sul presente mi affascinano.

Ancora una volta a lavoro con Peter Morgan. Di chi è stata l’idea principale? Come hai trattato la sceneggiatura?
R.H.: Peter e io abbiamo lavorato insieme in “Frost/ Nixon” e siamo diventati amici. Quando ha scoperto la storia di Niki e James, me ne ha parlato e insieme abbiamo individuato gli elementi fondamentali di questa affascinante combinazione di personaggi fantastici, unici e entusiasmanti. Abbiamo cominciato a lavorare sulla sceneggiatura cercando di inserirvi le ricerche che facevamo; poi si sono aggiunte le prove con il cast, per cui la sceneggiatura si è sviluppata mano a mano, era in costante divenire e Peter si è sempre dimostrato aperto a nuove idee.

Eravate fan di questo sport già da prima del film o vi siete dovuti confrontare con qualcosa di sconosciuto?
C. H: No, non ero un fan della Formula 1, quindi ho dovuto fare tutta una serie di ricerche, soprattutto sulle corse negli anni ‘70. Perciò le mie conoscenze su questo sport prima dei ‘70 e dopo i ‘70 rimangono ad oggi abbastanza limitate. Sicuramente ho avuto modo di apprezzarlo e rispettarlo, ma da ragazzo non l’ho mai seguito; mio padre invece andava in moto quindi questo è il mondo parallelo che ho avuto modo di conoscere e dal quale ho un po’ attinto.
D. B.: Sono cresciuto a Colonia, vicino al circuito di Nürburgring, dove avvenne il tragico incidente che coinvolse Lauda nell’agosto 1976; da bambino sapevo bene chi fosse Lauda, o Michael Schumacher. Ero un fan di questo sport fino a quando, con Schumacher che vinceva sempre, ho iniziato ad annoiarmi; ho ripreso ad appassionarmi solo dopo aver visto il documentario su Ayrton Senna.

di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


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