Sì, vabbé che sotto sotto è un paisà, una specie di cugino recuperato. Però John Turturro è l’unico o almeno uno dei pochi a venioresene dall’America in giorni come questi e dire a modo suo ti amo all’Italia.
E mica una cosa generica, così, tanto per dire o suscitata perché lo hanno pagato o gli hanno dato un premio. Turturro, con la sua faccia stramba da siciliano d’America, a Napoli c’è venuto da solo, per conto suo, si è messo su una terrazza n’coppa o Vomero , ha inquadrato il Vesuvio, la città, il mare e alla faccia di anni di polemiche sulla monnezza ha detto chiaro chiaro che Napoli è e resta una delle più belle città del mondo, con tutti i problemi che comporta la povertà, la criminalità e tutto quello che vi pare, ma che se volete stare in una delle capitali mondiali della musica popolare, a Napoli dovete tornare e con la sua tradizione dovetre fare i conti. Oleografia? Sì, dice Turturro, e infatti il suo film alla fine è uno spottone, una videocartolina di due ore. Ma che male c’è? L’importante è non nascondesi dietro un dito e non farne solo una solfa melensa, come è diventata, parole sue, la nostalgia in America. Perché la napoletanitudine è anche spleen, ma anche bizzarria, canzone che sgorga dal cuore e dalle vene, Tu sì na cosa grande pe mme, dice la canzone, ma se non sei disponibile allora mi sa che me ne vado con tua sorella, ti amo tanto ma alla fine fa lo stesso…
La carrellata tocca artisti napoletani noti e meno noti, certo con qualche esclusione (e come si faceva a metterceli tutti?) ma con una scelta arguta che mescola le anime diverse della Napoli di ieri e di oggi. Gli angoli della città ripresi sono sempre fantastici e a volte sconosciuti, ma fanno impresisone soprattutto perché erano almeno trent’anni (o forse cinquanta) che nessun cineasta italiano si avvicinava a Napoli con la stessa voglia di scoprire un mondo, strade, vicoli, facce. Un salto all’indietro verso Vittorio De Sica ma con le note aguzze e non scontate di gente come gli Spakka Neapolis 55, dei casertani Avion Travel, la versione “lunare” di Maruzzella fatta da Gennaro Cosimo Parlato