Annoia ripeterlo e ripeterselo, ma è l'unico modo per non incazzarsi.
No, non se ne andrà neanche stavolta.
Si può sfilare Fini, può fare i dispetti Tremonti, qualche leghista può sfidare Bossi di nascosto. La Corte dei Conti può far notare che alla manovra manca la copertura finanziaria, il Presidente della Repubblica potrebbe sollevare riserve e interrogativi, possono cercare di sfiduciarlo quante volte vogliono...
...Ma tra un parlamentare comprato e i tanti peones che, semplicemente, ci tengono a finire la legislatura e a garantirsi la pensione da parlamentare, al momento del dunque, i voti sufficienti questo governo ce li avrà sempre.
Giustamente faceva notare ieri Di Pietro che "persino nella famigerata Prima Repubblica, il governo si sarebbe immediatamente recato dal Capo dello Stato per rimettere nelle sue mani ogni decisione, comprese le dimissioni". Ma visto che una cosa del genere "il governo Berlusconi non la farà mai", l'Italia dei Valori si augura che Napolitano "possa autonomamente prendere atto che questo Parlamento e' ormai asfittico, perché non ha più nulla da dire e da dare al Paese. Prima che sai troppo tardi ponga fine al governo Berlusconi e ci mandi a elezioni anticipate".
Il treno dei ragionamenti dell'ex Pm è corretto, ma mi sembra non ponga in evidenza il punto centrale, cioè: qual è l'interesse di Berlusconi in tutto questo?
Voglio dire: Berlusconi, fino a prova contraria, è dal 1994 un uomo politico e leader indiscusso di un partito che, pur con qualche cambio di nome, si basa dal primo giorno su una raffinata analisi di marketing pubblicitario (penetrazione del prodotto attraverso le tv, i settimanali e i quotidiani di sua proprietà, riconoscibilità del brand, riconoscibilità del prodotto attraverso slogan semplici ed efficaci, linguaggio chiaro, rozzo e populista, segmentazione del corpo elettorale e analisi dei bisogni delle sue componenti, rapporto diretto leadership-masse...).
La sua leadership è indiscussa per il semplice motivo che in quel partito non vigono le regole non scritte dei partiti moderni: congressi per stabilire la linea, democrazia interna, lotta tra correnti, elezioni da parte degli iscritti, eventuali primarie, finanziamenti esterni da cittadini e gruppi di pressione. La recente nomina a segretario di Angelino Alfano essendo, con tutta evidenza, un semplice ritocco di fard sulle guance del vero leader, che per detta dello stesso Alfano, sarà il candidato premier anche alle prossime elezioni.
Partiamo dal presupposto che un uomo politico medio sia dotato di intelligenza, razionalità e capacità di portare avanti i propri interessi, oltre che (a seconda delle volte) quelli del partito, del gruppo di pressione, del clan, classe sociale, etnia, gruppo religioso che lo ha votato. E nessuno vorrà certo negare a B. intelligenza nella o al di sopra della media.
Ora, un altro uomo politico di qualsiasi nazionalità e schieramento, nell'attuale situazione di stallo, valuterebbe che, nel suo interesse, la cosa più opportuna, la più conveniente, sarebbe rimettere il mandato al Capo dello Stato e chiedere nuove elezioni.
Perché?
Ma perché si trova a un bivio tra due alternative impossibili: se fa una manovra finanziaria priva di contenuti come ha cercato di fare per tutta l’estate, l’UE lo bacchetta imponendogli più incisività, più riforme pro-sviluppo economico, più tasse e più giustizia sociale nella proporzionalità del peso fiscale rispetto al reddito, maggior tassazione delle rendite improduttive, più controllo sull’evasione fiscale – e lui queste cose non le vuole fare.
Del resto, sa bene che se facesse una manovra lacrime e sangue per tutti, ricchi compresi, non proprio come in Grecia ma diciamo almeno sul modello virtuoso della Germania, i cittadini lo punirebbero alle prossime elezioni, votando per chiunque altro.
Quindi, al posto suo, una persona dotata di un cervello funzionante, si dimetterebbe lasciando la patata bollente della manovra pesante al prossimo governo, che sarebbe comunque, visti i sondaggi, diverso da questo, con tutta probabilità un governo di centro (Terzo Polo) o di centro-sinistra (Terzo Polo + Pd).
In fondo è esattamente quello che ha fatto il centrodestra greco, lasciando l’onere di correggere i conti pubblici dissestati – e l’odio dei cittadini – ai socialisti di Papandreou.
Ed è il motivo per cui Zapatero ha annunciato con largo anticipo che non si ricandiderà alle prossime politiche: mettersi nella posizione del capro espiatorio della crisi economica e fare un passo indietro per salvare il salvabile nella speranza che il Psoe senza di lui resti in sella.
In soldoni: si tratta di saltare un turno (di governo) per ritornare più forti di prima, quando gli elettori con tutta probabilità puniranno i suoi avversari, responsabili di quelle inevitabili e impopolari misure che un governo demagogico non farebbe mai e uno serio sì.
Se partiamo da questa premessa, che cosa impedisce a Berlusconi (che in una recente intercettazione ha confessato di “volersene andare al più presto da questo Paese di merda”) di abbandonare il tavolo?
Torniamo al punto di partenza: il suo interesse.
Per un qualsiasi altro politico, anche della famigerata Prima Repubblica come direbbe Di Pietro, l’interesse personale primario è la conservazione a tutti i costi del potere politico. In quest’ottica si comprende come l’ipotesi di saltare un turno per tornare rafforzati dopo qualche mese o anno, sul lungo periodo sia la strategia vincente.
Per Berlusconi, no: il suo interesse primario sono i suoi forti interessi economici e i suoi sei processi in corso più quelli futuri ed eventuali. In tutti questi anni il suo solo affanno e preoccupazione è stato far approvare leggi che proteggessero la galassia delle aziende Mediaset, i suoi figli e soprattutto lui dalle conseguenze dei vari atti di corruzione di giudici, testimoni, imputati e altri, finalizzati sempre e comunque a garantire alle sue aziende una situazione di quasi-monopolio e di quasi-immunità fiscale in vari settori economici strategici, primo fra tutti quello mediatico.
Non può permettersi una strategia di lungo periodo, lui. Continuerà fino all’ultimo istante dei tempi supplementari a lottare, a corrompere parlamentari (e di disposti a farsi corrompere, in Italia, ce ne sono sempre) e cercare di garantirsi uno scudo giudiziario e fiscale, così da potersi godere tranquillo gli anni della vecchiaia lasciando le redini dell’impero a Marina e Piersilvio.
Sul lungo periodo, io non so se si veda ancora in Italia o non, piuttosto, in un buen retiro alle Bahamas o in qualche altro paradiso fiscale (del resto i suoi soldi immagino siano già lì ad aspettarlo): ma il suo orizzonte è quello, non la conservazione del potere politico fine a se stesso.