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Fiom in piazza, il lavoro è all’opposizione

Creato il 18 maggio 2013 da Albertocapece

Sciopero Fiom - Comizio Landini in piazza dei Signori 2-2La manifestazione della Fiom, l’unico pezzo del sindacato che non abbia ipocritamente o entusiasticamente partecipato al saccheggio dei diritti del lavoro, segna un nuovo inizio, anzi costituisce un tassello fondamentale nella nuova articolazione politica che si sta manifestando nel Paese. Non importa quanti saranno i partecipanti, quanto piuttosto vedere quanto sarà variegata la manifestazione, quanta e quale parte di società vorrà cominciare ad affrontare il futuro, contrapponendosi all’impossibile presente.

Landini in piazza, piaccia o non piaccia il personaggio,  è l’ingrediente fondamentale di un nuovo possibile blocco sociale progressista, ancora confuso, magmatico, contraddittorio di cui la sinistra, nella sua accezione comune, è solo una parte, ma che si contrappone alla conservazione rappresentata dall’ asse Cavaliere.-Napolitano – Pd con sindacati bianchi e non solo nella funzione di portatori d’acqua benedetta. La classe dirigente del Paese, invecchiata,  vittima delle proprie opacità, apparati, carenza ideale, vizi atavici ed errori, si è arroccata in una cittadella di potere che l’ha anche costretta a liberarsi dal brogliaccio delle false contrapposizioni del Berlusconi si – Berlusconi no. Il nuovo che propone è già vecchio e il vecchio a cui si abbarbica è un inganno: in realtà nel suo magazzino non ha altro che frasi fatte e barattoli di vernice per tentare di far apparire fiammante una collezione di idee catorcio.  Non è più in grado di proporre una sintesi di interessi plausibile e sostenibile: si affida dunque non solo alla propria concrezione di potere e di silenzi, ma anche alle pressioni esterne, ancorché queste siano del tutto contrarie agli interessi del Paese.

La mutazione, fermentata per anni,  è andata via via disvelandosi a partire dalla fine del 2010 quando il Quirinale scelse di dare a Berlusconi la possibilità di fare compravendita di parlamentari per salvarsi, ma si è come rivelata nel suo splendore di farfalla ridotta a bruco dopo le elezioni: l’alleanza finale tra gli ex avversari mostra chiaramente la volontà di cambiare tutto e solo ciò che potrebbe mettere in pericolo lo statu quo ante, le classi dirigenti e le loro prassi. Ma anche di continuare in una storia che è fatta di misteri, di cooptazioni, affari di Expò occulti, di Ilva, di connivenze, di svendite opache, di Fiat che se ne va e di interessi confliggenti e attorcigliati come nodi Gordio, una storia  che oggi è assediata dalla disoccupazione e dalla precarietà e dall’impoverimento e dalla sottomissione bancaria.  La storia di un fallimento che si è fatto inciucio.

Per questo è importante che scenda in campo come nuovo fattore di coagulo dell’altro fronte anche il mondo della fabbrica, quello che avrebbe dovuto essere eliminato e che invece è ancora al centro del’economia, non solo e non tanto come peso sul Pil  (indicatore molto spesso fuorviante) quanto per le forze produttive e intellettuali che muove. Anche qui la realtà riemerge e la commedia in scena nei palazzi e nei media comincia a impallidire.


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