“I nuovi strumenti di comunicazione come internet e i blog rappresentano una concorrenza quasi sleale per il giornalismo tradizionale”: potrebbe essere lo stanco ritornello di un editore vecchio stampo, impaurito dall’avanzamento delle nuove tecnologie nel settore e preoccupato di perdere quella leadership (quasi) incontrastata che ha caratterizzato la stampa cartacea fino a qualche anno fa; invece è stato uno degli snodi della relazione della giunta esecutiva presentata in occasione del 26° congresso nazionale dell’Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa) tenutosi a Bergamo nei giorni scorsi.
Non è tutto: a penalizzare la diffusione del quotidiano in versione edicola, sempre secondo il sindacato dei giornalisti, concorrerebbero anche le televisioni (“a cominciare dall’invasione delle emittenti satellitari” ma tenendo anche conto del passaggio dal segnale analogico al digitale terrestre”) e in generale la moltiplicazione “quasi all’infinito dell’offerta informativa”. Insomma, un vero e proprio clima da accerchiamento che – guarda caso – non fa il minimo cenno rispetto all’evidente arretratezza e agli errori di presunzione dei vecchi giornali di carta.
Anche senza ammettere i propri errori, però, basterebbero i numeri a certificare lo stato di emergenza dell’editoria italiana: nel 2009 i quotidiani hanno perso il 16,4% delle entrate pubblicitarie e il 6% delle vendite, mentre i periodici scontano una situazione ancor più drammatica (rispettivamente -29,3% e -9%).
Il mondo avanza, e non si può basare un business su logiche di mercato ormai antiquate. Blog e nuovi strumenti di comunicazione non solo esistono, ed è bene tenerli in considerazione per le strategie presenti e future di ogni società editoriale, ma godono di ampi consensi di critica e di pubblico e di conseguenza sono premiati da una meritata diffusione: la velocità di distribuzione delle notizie – volenti o nolenti – apre al lettore nuove strade verso l’approvvigionamento delle informazioni, e il territorio delle news in un certo senso non è più un feudo incontrastato dei grandi gruppi editoriali, i quali non possono più permettersi di dettare le regole come hanno sempre fatto. Se non ci si adegua a questo, purtroppo, il giornalismo tradizionale è destinato a vedere giorni sempre più bui.