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Fondi Comuni di Investimento: un’industria ancora solida … nonostante tutto!

Da Robertopesce

Fondi Comuni di Investimento: un’industria ancora solida … nonostante tutto!Nonostante l’influenza che mi ha pesantemente tartassato nella settimana appena trascorsa, leggevo un articolo online di Morningstar in cui, citando un dato di Assogestioni, segnala il 2010 come un anno di crescita per l’industria del Risparmio Gestito e per i Fondi Comuni di Investimento (CLICCA QUI se vuoi leggere l’articolo originale citato).

I Fondi Comuni di Investimento sono il veicolo di investimento principale utilizzato dalle banche per l’investitore medio, e lo sono ormai da molto tempo sia nel mondo che in Italia.

Da noi si sono sviluppati verticalmente soprattutto negli ultimi 25 anni, parallelamente al progressivo calo degli interessi sui BOT e sugli altri Titoli di Stato, dal dopoguerra e fino a quel momento rifugio tipico del risparmio delle famiglie italiane. Le cosiddette generazioni dei “BOT people” (i miei genitori per esempio) si sono infatti dovuti inevitabilmente confrontare con il fatto che se avessero voluto spuntare rendimenti almeno decenti avrebbero necessariamente dovuto abbandonare il porto sicuro dei Titoli di Stato e avventurarsi nelle acque assai più agitate dei mercati azionari o di titoli comunque meno conosciuti e percepiti come più rischiosi come le obbligazioni corporate o titoli di stato di paesi esteri.

I Fondi Comuni di Investimento apparirono come una risposta tutto sommato semplice e funzionale al problema, essenzialmente perchè basati su due perni che a una prima lettura appaiono parecchio logici e convincenti:

  1. Affidare il risparmio ai professionisti invece di prendere decisioni sbagliate in prima persona non comprendendo la finanza nè avendo tempo o voglia per studiarla e seguirla
  2. Diversificare sistematicamente il proprio investimento su più titoli (magari molti) in modo da minimizzare il rischio di incappare in una “mela bacata” e perdere tutto o in gran parte il proprio risparmio

Entrambe queste affermazioni sono ampiamente criticabili e presentano parecchi punti deboli ma per poterle contestare è per l’appunto necessario un minimo di competenza in materia ed è proprio questo il vero punto di forza dell’industria del Risparmio Gestito ed il motivo per cui tutto sommato continua a prosperare nonostante ormai la presenza e la diffusione degli ETF abbia fatto si che solo un masochista possa scegliere di utilizzare i Fondi Comuni di Investimento come proprio veicolo di investimento.

Il punto di forza in questione è duplice ed è rappresentato dall’IGNORANZA e dalla PIGRIZIA della stragrande maggioranza dei risparmiatori.

Su una mente ignorante (inteso nel senso letterale del termine ossia di persona “che ignora” come funzionino realmente le cose) è molto facile instillare sia la PAURA DI SBAGLIARE (che in campo finanziario si traduce in “PERDERE DENARO“) che la convinzione che una SOLUZIONE ERRATA possa invece funzionare. Semplicemente, la mente ignorante (e pigra…) non si prenderà tempo e briga di verificare le affermazioni del sedicente “esperto finanziario” ma le prenderà per buone e agirà di conseguenza.

Ora, non intendo con questo discorso dire che i Fondi Comuni di Investimento siano veicoli di investimento che non possano dare risultati positivi ai risparmiatori (in talune situazioni possono darli e anche ottimi).

Affermo piuttosto (e i partecipanti al corso INTELLIGENZA FINANZIARIA dei prossimi 25/26 marzo a Reggio Emilia vedranno questo discorso sviluppato in dettaglio con tanto di tattica e strategia di investimento) che il Fondo Comune è un veicolo con ben più di un problema importante per quanto riguarda il rapporto rischio/rendimento se visto dal punto di vista del risparmiatore e che comunque perde sistematicamente la gara sia rispetto al proprio benchmark (oltre l’80% delle volte, fonte Sole 24 Ore) sia rispetto al suo “cugino ETF” che lo supera in quanto a trasparenza, flessibilità operativa e costi ridotti.

Aggiungo, e ciò vale sia per i Fondi Comuni che per gli ETF così come per ogni altro veicolo di investimento, che la possibilità di trarne del profittoè direttamente proporzionale alla profonda comprensionedegli stessi ed alla corretta modalità di utilizzo mentre i rischi e le conseguenti perdite sono assolutamente legate ad un utilizzo “alla cieca” e basato sulla semplice fiducia in chi ha dispensato il consiglio di investimento.

Come dicevo prima però, nonostante siano moltissime le persone che ogni anno escono dai Fondi Comuni di Investimento per passare agli ETF, l’industria dei Fondi continua a prosperare e, ahinoi, credo proprio che continuerà a farlo per ancora molto tempo.

Roberto Pesce

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