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Formattiamo il PdL: i partitocrati a lezione di Grillismo

Creato il 29 maggio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

“Nasce dalla rete”, dicono i promotori dell’iniziativa del defunto centrodestra, demolito dall’esito delle amministrative e dall’incapacità di dirigenti incollati alla poltrona

I giovani del PdL strizzano l’occhio al sistema “Grillo”, quello che ha scoperto la forza della rete e l’ha convogliata nelle urne della scorsa tornata amministrativa.

Anche il nome dell’iniziativa  si ispira al mondo dell’informatica: formattare significa riportare un computer al giorno in cui questo uscì dal negozio, ripristinandone la funzionalità ed è promossa dal movimento “Ripartiamo da zero”, che promette il coinvolgimento della base nei processi decisionali. Ma a quale punto di ripristino dobbiamo retrocedere, con il PdL? A prima dell’inglobamento di AN, o ai tempi di Forza Italia e dei sondaggi con i numeri sparati a caso dall’ex premier? Al PdL non lo sanno ancora, ma di certo sarà la rete a cercare di ricostruire il consenso perduto a causa degli scandali e dell’incompetenza della classe dirigente degli ultimi vent’anni.

Adesso ci si vuole convincere che il successo del M5S sia dipeso unicamente dal blog di Beppe Grillo, che basti twittare ovvietà per ottenere un consenso, la cui mancanza ha gettato nello sconforto i soliti noti della politica nostrana: la Santanché, Gasparri, La Russa, Alfano.

Ci si affida ai giovani, al linguaggio di internet, ad una congerie di parole buttate lì solo per fare “presenza” ed avere quella visibilità di cui la politica di centrodestra vive e si nutre, tralasciando i contenuti programmatici.

A Pavia, l’incontro tra i formattatori si è risolto in una parata demagogica di buoni propositi che vengono da presupposti vecchi come il cucco: Alfano rinuncia all’interazione, con un colpo a sorpresa da copione PdL si presenta all’incontro in carne ed ossa. I tweet, (i messaggi di twitter, quelli non superiori ai 140 caratteri, per evitare messaggi che dicano qualcosa di veramente sensato, n.d.r.) su cui si basa l’interazione tra le anime del movimento riformista, parlano di primarie a tutti i livelli (facilmente pilotabili dalla direzione del partito, sia ben chiaro, n.d.r.), riduzione delle tasse (come il demagogo e populista Beppe Grillo), più flessibilità e meno precarietà (la figura di ritmo è spesso la scelta più ovvia per chi cerca uno slogan), l’elezione diretta del presidente UE (questo mi ricorda qualcosa…), la terza repubblica da scrivere (speriamo con un copione diverso da quello utilizzato per la “seconda”).

Nulla di nuovo insomma, se non il fatto che si cerchi di legittimare questo passaggio di consegne con una classe dirigente più giovane dal punto di vista anagrafico: la carta di identità come garanzia del rinnovamento, nulla di meno indicato per cercare di fare fuori tutti i politicanti che hanno contribuito alla scomparsa del PdL dalla scena politica nazionale. Una classe dirigente nuova, che usa internet ed è presente sui social network, spesso per offrirsi al pubblico ludibrio. 

Inoltre, sembra che la base si sia raccolta attorno ad Angelino Alfano: ad un militante che  ne chiedeva le dimissioni , ha fatto da sottofondo una colonna sonora di fischi e mugugni di dissenso. Non certo per l’acume politico e la spiccata azione del segretario, piuttosto per mantenere in piedi una figura debole che non offuschi più di tanto l’onnipotenza di Re Silvio , proiettata verso un ridicolo e farneticante disegno di presidenzialismo alla francese in un paese in cui, prima del governo Craxi, nessun esecutivo aveva oltrepassato i mille giorni di permanenza in carica. Una bella scommessa quella della coabitazione, in un paese in cui per formare una maggioranza devi allearti anche col capo condomino all’Olgettina.

L’unica verità degna di nota è che il PdL è spaccato e non sa che pesci prendere: troppe anime coesistono in un progetto che ha smarrito la sua vera natura, quella di cordata elettorale. I “rottamatori” saranno portatori di interessi delle varie correnti. Non è possibile riscrivere integralmente un progetto politico, commettendo gli stessi, identici errori del precedente.  Non sono le carte d’identità a dover essere rinnovate, ma il modo stesso di pensare la politica, che deve tornare ad essere quella partecipata delle sezioni, dove era il contatto con la base a costituire la vera legittimazione popolare del rappresentante istituzionale.

I primi da rottamare sono gli affaristi, gente che a vent’anni pensa come quelli di 60, i vecchi dentro pronti al compromesso e con l’unico interesse di “coprire gli spazi” istituzionali. Se poi si tratti di dare una consulenza per una strada ad un esperto, commerciante di frutta e verdura, poco importa: l’importante è occupare le posizioni. Questo genere di incongruenze amministrative ha contribuito non poco ad aggravare la situazione del debito pubblico italiano. E’ sicuramente un’operazione di immagine importante: ma è poco credibile uno scenario in cui i deputati ed i senatori si mettano da parte: sarebbe un gesto di responsabilità senza precedenti nella politica italiana, l’unico che realmente potrebbe (in astratto) ridestare l’interesse dell’elettorato per un partito ormai messo alla berlina da un elettorato deluso dalla gestione clientelare dell’azienda Italia.

Se non verranno reimpostate tutte le chiavi di registro indispensabili al funzionamento del sistema, potremmo assistere all’ennesimo boot error del PdL. Sì, perché a loro piace parlare con il gergo informatico, pensando che sarà internet e la rete a salvare tutto. Ma forse stavolta la metafora è un po’ più complessa…

Formattiamo il PdL: i partitocrati a lezione di Grillismo


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