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Forse avevano il televisore rotto

Creato il 18 giugno 2013 da Marcofre

Prima di ammazzarli li torturavano, non so perché. Forse avevano il televisore rotto.

Questa è una frase tratta dal romanzo di Cormac McCarthy “Non è un paese per vecchi”.

Come riuscire ad affrontare il male senza eccessi? È facile esagerare, cercare di “pigiare sull’acceleratore” per solleticare la mancanza di gusto del lettore. Buona parte dei romanzi di questo scrittore statunitense (se ha senso paragonarlo a qualcuno, e non ha alcun senso in realtà, direi che assomiglia al buon Dostoevskij), ha come oggetto il male. Lo avvicina, illustra, gli gira attorno. Lo mette in mostra senza compiacimenti.

McCarthy mette in scena un male reale, fisico, con tanto di nome, cognome, fatti. Nel romanzo “Meridiano di sangue” una banda di cowboy viene assoldata per scalpare quanti più indiani è possibile. Finiranno con lo scalpare chiunque. Ma non è il gusto del sangue, del male che spinge questo autore a scrivere. Semmai, è il mistero della sua esistenza nel mondo.

McCarthy indaga sul male. Lo fa con una lingua precisa, molto cinematografica e per alcuni questo è un limite, oppure un cedere a una “moda”. Come se il cinema non fosse capace di essere arte. La sua scrittura è asciutta, c’è una tale precisione da sembrare chirurgica. Quasi fredda. Nel brano che apre il post, fa dire al protagonista

Forse avevano il televisore rotto.

Prima c’è qualcosa di mostruoso, e dopo c’è un’affermazione che sembra offensiva. In realtà l’autore non solo descrive la realtà, ma fa in modo che il protagonista sia il più aderente possibile alla realtà. È un uomo (uno sceriffo) che non comprende più nulla di quanto lo circonda. E buona parte di noi reagisce con una battuta a certe mostruosità. Non per denigrare le vittime ma per marcare tra noi e alcuni fatti, una distanza.

Ma non è questo l’essenziale. Registi e scrittori amano eccedere perché sono certi di contare sulla simpatia del lettore privo di gusto. A me pare al contrario che un simile autore si muova nel mondo animato dalla volontà non dico di capire. Ma di trovare ancora un buon motivo per non lasciarsi trascinare via.

No, non credo che i personaggi di McCarthy cerchino di salvarsi o indicare una via di salvezza. Spesso si perdono. Sanno cioè di essere dei deboli: perché si lasciano trascinare in un gioco più grande di loro che credono di poter affrontare. Oppure perché… sono deboli e basta.

C’è nelle sue opere lo sbigottimento di trovarsi in un mondo dove non c’è più alcuna speranza; ma se fosse così non ci sarebbero storie. Non c’è alcun tentativo di andare alla ricerca delle cause: McCarthy scrive storie, non saggi. E senza rumore i suoi personaggi procedono. A volte si fermano. Ma sempre, sempre, cercano di restare ancorati a qualcosa, di resistere, di scovare il motivo che li spinge ad agire in un certo modo, invece che in un altro.

McCarthy ha un profondo interesse e amore per i suoi personaggi. Qualunque cosa facciano, riesce a mantenere la giusta distanza da essi. La freddezza della sua scrittura è la sola maniera di affrontare eventi e fatti senza stravolgerli, giudicare o condannare. Per questa ragione è considerato uno dei più grandi.


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