In questo senso, quindi, il giornalismo a fumetti condivide più problematiche di approccio e progettazione con quello scritto che con quello televisivo e cinematografico, dove la parte visuale riguardante il merito è generalmente “tratta dalla realtà” e proposta implicitamente come supporto “oggettivo” al testo, alle argomentazioni o alle tesi dell’opera (le virgolette indicano che comunque sono il montaggio e la contestualizzazione a dare gran parte del significato alle immagini, anche laddove non si arrivi alla manipolazione o al falso – si pensi ai tipici artefatti di propaganda). Il totale controllo dell’immagine nel giornalismo a fumetti da una parte stabilisce un contratto più esplicito con il lettore (un disegno è letto immediatamente come creazione dell’autore e non come elemento di realtà) e ne dovrebbe allertare il senso critico, dall’altra rende ancora più stringenti i requisiti di accuratezza e lealtà.
Fasiolo infatti sottolinea insistentemente l’importanza dell’esplicita presa di posizione da parte dell’autore nei confronti dell’oggetto del réportage: a suo parere, la dichiarazione del punto di vista rende accettabili opere sostanzialmente non pluraliste, come il Palestina di Joe Sacco, dove la voce palestinese ha molto più spazio di quella israeliana.
Tuttavia, l’utilizzo di immagini dà al réportage a fumetti un impatto emotivo paragonabile a quello cinematografico, che risulta in un intenso coinvolgimento nelle vicende da parte del lettore, con conseguente attivazione di solidarietà/ostilità verso personaggi e situazioni, cosa che può rendere difficile la loro lettura critica.
> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="266" width="190" alt="Francesco Fasiolo e lItalia nel fumetto >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-52516" />Di sfuggita, Fasiolo segnala che, nonostante la qualità della produzione, le librerie confinano i volumi di giornalismo a fumetti nella sezione “fumetti” e non nella sezione “saggistica” o “attualità” e interpreta questa collocazione come sintomo della perdurante sottovalutazione del linguaggio fumetto. Da parte mia, invece, ritengo che questa suddivisione risponda allo stesso criterio che ci fa trovare Bowling a Coloumbine di Michael Moore o Shoah di Claude Lanzmann nel reparto dedicato al cinema e non frammischiati ai saggi in volume. La richiesta ragionevole, semmai, è quella di una gestione del reparto “fumetti” più attenta ai generi.
I capitoli dal terzo al settimo (fra i quali rientra un “interludio” – il quinto capitolo – che tratta alcuni fumetti italiani con ambientazione estera – Tex, Diabolik, Dylan Dog etc.) sono invece dedicati alla narrativa a fumetti, con distinzione tra le pubblicazioni in forma di romanzo e quelle seriali.
In questa parte, Fasiolo scorre una lunga lista di titoli, di cui presenta struttura e approcci compositivi, dal punto di vista sia narrativo sia grafico, con analisi accurate e ricche di notazioni, focalizzate sulla resa delle ambientazioni e dei contesti (esemplari le sezioni su Gipi, 5 è Il numero Perfetto di Igort, e Volto Nascosto di Gianfranco Manfredi).
Con la parziale eccezione di Volto Nascosto – conta il suo essere propriamente romanzo storico? –, la focalizzazione sulle opere lascia ai margini una possibile lettura dell’Italia attraverso le narrazioni a fumetti e presenta una certa frammentarietà dell’esplorazione, che, oltre a contribuire alla leggibilità del testo (ogni parte è autonoma e può essere letta a sé senza sostanziali perdite), conferma che il progetto ha come centro di interesse principale le opere e non le visioni degli autori.
Abbiamo parlato di:
Italia da Fumetto
Francesco Fasiolo
Tunué, 2012
279 pagine, brossura, bianco e nero – 16,50€
ISBN: 978889765316
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