Pubblicato da Giovanni Nuscis su aprile 9, 2012
così la grazia delle immagini
rovesciate nel palmo venute via dall’ombra
che ora ricordi accampata da sempre
alla tua soglia ma
si trattava di attese esercizi
privi di simboli come adornare sbrinati
specchi col battito salino
di una pupilla naufragata
*
sarà parola solo l’incompiuto legame
che irrompe dalla cruna delle labbra
e allarma gli specchi del risveglio
indossa l’arte di contarsi ferita
e di affidarsi al flusso interminato
che spazza il sangue in refoli di nebbia
parvenze animate a farsi voce
*
cammina pensando una deriva
la corrente paziente delle ombre
il suono che trascorre
inascoltato
alle tue spalle immagina
con quale lingua il deserto
racconta la piaga dove premeva
la lama della luce il varco
dove precipita il respiro
di una terra libera dal dolore
del nome
*
è acqua che si acquieta
quando smette memorie di sorgente
al richiamo di un varco veloce
sopra mappe di sete è lingua
che si oscura votata nel segreto
a immaginari spiragli di luce
un astro che perde peso
risvegliando sensi agli amanti
è questo corpo che insiste
e nell’urto nebbioso dei giorni
libera sangue dagli argini
dalle dita qualche piuma invernale
il sigillo infranto di un nido
*
nessuna necessità
nessuna figura a fare ombra
a luci di radura alla pagina
vuota che brama un disegno
il bilancio di un tempo
non ancora scaduto
solo una lingua che aspira
angoli di notte mentre il cielo
sgrava coralli verbali
orazioni dall’iride diaccia
di stelle appassite di specchi
increspati apparenti di vita
*
ci vuole la luce violenta di un rogo
per accostare l’abisso di volti che migrano
immaginare una sosta tra fioriture di imbarchi
liberare le tue labbra dal gelo
madre che parli l’infanzia dei giorni
*
sorprendersi nel novero delle ombre
nell’eco che ci volge
al discorrere quieto delle siepi
in tutto quanto va a morte
tra sostanze destinate oscure
e nel folto intuire la traccia
di ciò che ci precede senza parole
di ciò che si mostra senza lasciare
traccia
*
restituire l’immagine
al vuoto che precede alla pronuncia
perduta dove suono e colore
si congiungono indifesi
in ciò che arde senza pensiero
nel bianco che annotta inconsapevole
lungo il filo reclinato della luce
solo l’ombra che resiste intatta
al congedo della sua dimora
conserva legame e distanza
l’eco del sentiero inaugurato
dal passo oscuro della lingua
*
ESILIO DI VOCE
Edizioni Smasher (Barcellona Pozzo di Gotto, 2011)
Prefazione di Marco Ercolani