Il 21 Febbraio è uscito nelle nostre sale The Summit, un documentario d’inchiesta sui tragici accadimenti che si verificarono durante i giorni del G8 di Genova del 2001. Scritto e diretto da due giornalisti d’inchiesta come Franco Fracassi e Massimo Lauria, il documentario offre immagini ed interviste esclusive offrendo una nuova prospettiva allo spettatore rispetto agli ai violenti scontri tra No Globale e Forze dell’Ordine in Piazza Alimonda che portarono alla morte di Carlo Giuliani prima, all’irruzione nella scuola Diaz e alle torture fisiche e psicologiche nella caserma di Bolzaneto.
Franco Fracassi e’ stato per anni un noto giornalista d’inchiesta che ha potuto testimoniare eventi chiave della storia dell’umanita’ come il crollo del muro di Berlino ed e’ stato autore di moltissimi reportage come corrispondente estero. Il G8 di Genova nel 2001 l’ha vissuto sulla propria pelle e non solo gli ha cambiato la vita ma sostiene che abbia sconvolto per sempre gli equilibri dell’economia mondiale.
Oggialcinema.net lo ha intervistato per voi.
Lei nasce professionalmente come giornalista d’inchiesta, in che modo il documentario l’aiuta a rendere più efficace il suo lavoro?
Quando bisogna raccontare qualcosa poter usufruire dell’aiuto di immagini, audio e musiche è un grande vantaggio. Certamente fare un’inchiesta video, per di più sotto forma di film, complica il lavoro nella fase di costruzione del racconto (è più difficile trovare i testimoni giusti, bisogna sempre avere delle immagini che illustrino il racconto). Ma alla fine la resa è sempre sorprendente e molto efficace.
Lei ha dichiarato : “Se in questo Paese si vuole fare giornalismo serio e non supino bisogna essere indipendenti. Solo così si può indagare su chiunque o su qualunque cosa liberamente”. Come reputa la libertà di stampa nel nostro Paese?
Molto scarsa. Non solo per la presenza di Berlusconi e di altri (pochi) grandi editori che controllano gran parte del mercato editoriale, non solo per la presenza invasiva della politica, ma anche per la gestione clanistica del mondo del lavoro. Per lavorare devi conoscere o appartenere a qualcosa. Se non conosci o non fai parte di un clan non conta la qualità di quello che fai.
Parliamo di The Summit, secondo che tipo di prospettiva il documentario inquadra le vicende del G8 e della morte di Carlo Giuliani? Lei ha dichiarato che “la crisi che stiamo vivendo adesso è frutto di quello che è stato discusso nei giorni 19-21 luglio 2001″, si riferisce ad una crisi culturale e/o politica?
Mi riferisco alla crisi economica. Grazie alle scelte fatte in quei giorni a Genova, il mondo è stato consegnato in mano alle banche, alle grandi finanziarie, alle multinazionali, a piccoli e pochi gruppi di potere. La Terra è stata consegnata in mano a persone che ci hanno portato sull’orlo del baratro.
Crede che il suo lavoro possa dirsi continuativo rispetto a quello di Daniele Vicari con Diaz? Come reputa quel lavoro cinematografico? Che tipo di speranza alimentate con questo tipo di lavori?
Diaz mi è piaciuto e credo sia stato un film importante. Ho apprezzato meno il film quando ha cercato di parlare del resto del G8. Ho trovato quella parte un po’ troppo superficiale. Più che speranza il nostro scopo è alimentare la consapevolezza.
Come inviato di guerra, quale lei è stato in passato, ha detto che quello che accadde a Genova l’ha sconvolta perchè ha compreso che l’Italia non è un paese libero. Posso chiederle una considerazione sul rapporto tra libertà, verità e politica nel nostro Paese? Il fatto che nel 2001 siano state spezzate definitivamente via le speranze di un nuovo ’68 è un bene o un male secondo lei?
Quando delle speranze sono spezzate è sempre un male. Come ho detto prima, in Italia la libertà è molto relativa. Varia a seconda dei momenti, degli argomenti e delle persone che la esprimono la libertà. La politica in questa opera di repressione della libertà ha un ruolo fondamentale. Ma ruoli altrettanto importanti lo giocano la struttura imprenditoriale e creditizia del Paese e la mentalità che si basa su una società fatta di clan.
di Rossella Maiuccaro