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Fraterno al mio dolore?

Creato il 02 agosto 2012 da Ilpescatorediperle
Green Hill chiuderà. La sede italiana della società specializzata nell'allevamento di cani per la sperimentazione su animali (e la vivisezione), tra le proteste, è costretta a smobilitare. Una vittoria degli animalisti e della stampa, che per una volta ha assecondato e in parte prodotto un movimento di protesta nazionale per i diritti.Rimarrà l'immagine dei cuccioli di beagle, liberati dagli attivisti attraverso un reticolato e che, pare, gli italiani si stanno mettendo in fila per adottare.La sofferenza degli animali è ormai da tempo un tema maturato nella sensibilità contemporanea. Non soltanto per la prossimità evolutiva che ce li accomuna o per la familiarità con cui abitano le nostre case e le nostre campagne (se ci sono ancora). Ma anche perché, come ha evocato con perfetta semplicità Umberto Saba a proposito di una piccola capra, "Quell'uguale belato era fraterno / al mio dolore": negli occhi dell'animale sofferente leggiamo non soltanto il suo patire, ma anche il nostro. Un piccolo libro prezioso uscito qualche anno fa per Adelphi ce lo ricordava fin dal titolo: un po' di compassione si è scavata uno spazio in quel cubicolo che, prima che diventasse praticamente impossibile, eravamo soliti definire il nostro "cuore". Non accettiamo più che agli animali vengano inflitte pene atroci e inutili. In più - questo almeno è quello che ci diciamo - esiste una sorta di progressività del diritto, per la quale le conquiste del passato fanno da fondamento all'estensione di particolari tutele a soggetti che ne sono ancora esclusi. Il riconoscimento dei diritti degli animali rappresenterebbe così un nuovo passo dopo quelli umani, come la fine della schiavitù e la parità tra uomo e donna.Ammesso e non concesso che la schiavitù sia finita e che uomo e donna godano non solo formalmente di pari diritti, a smentire questa progressività è il modo con cui altri diritti, riguardanti ancora i vecchi esseri umani, continuano ad essere disattesi, e nella quasi indifferenza generale. Mi ha colpito in particolare, oltre alla questione del reato di tortura (interessante come l'impunita violenza verso i nostri concittadini ci interessi meno di quella sui nostri quadrupedi), l'allarme lanciato negli stessi giorni del caso Green Hill dall'associazione Antigone, riguardo alla grave situazione delle nostre carceri. Allarme totalmente ignorato.
Quanti hanno commesso dei reati devono scontare una pena. Ciò non toglie che debbano continuare a vivere in condizioni dignitose, non stipati in celle adatte alla metà del numero di persone che ospitano. Stipati come animali, diremmo. Senonché, per una curiosa inversione, ora sono piuttosto gli animali ad essere stipati in spazi angusti e maltrattati come persone. Perché il primo termine di riferimento, in casi simili, sono proprio gli altri mammiferi.L'impressione, per essere più chiari, è che per noi sia diventato più facile accettare che degli altri esseri umani  versino in condizioni inumane piuttosto che lo stesso capiti agli animali. I piccoli beagle suscitano una simpatia e una tenerezza immediate in chiunque abbia un minimo di quella cosa poc'anzi citata che inizia per "c". Nessuno può immaginare che vengano fatti oggetto di sofferenze indicibili.Molto più difficile è impietosirsi per qualcuno che ha commesso dei reati, e che non è dunque, come i poveri cuccioli, l'immagine stessa dell'innocenza. Per loro, come per lo sventurato Michè, non c'è alcuna pietà.Non serve arrivare agli eccessi di una Susanna Tamaro, che senza problemi paragona i tacchini nei camion agli ebrei nei carri bestiame della Shoah - dove il problema è aver smarrito quale sia dopotutto la differenza. Né all'assoluta mancanza di pudore, spacciata per senso di umanità, con cui certuni ammorbano i social network di immagini scioccanti di animali scuoiati e urlanti. D'altro canto, il punto non è essere dei barbari maltrattatori di animali pur di difendere gli umani.No, è proprio la mancanza di progressività nella nostra sensibilità, prima ancora che nel riconoscimento di diritti, che fa problema. Quasi che, riempiti del senso di partecipazione per i cuccioli di Green Hill, ogni altra pena non trovasse in noi più alcuno spazio vuoto.Il punto, forse, è capire perché alcuni dolori ci sono più fraterni di altri.da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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