Le parti rilevanti dell'intervista («Universo, sinfonia sconosciuta», 5 novembre 2010) sono le seguenti:
Come si concilia il Big bang, l’universo in espansione, con la creazione?Fisica e metafisica, due domini distinti e separati
«Intanto c’è da dire che la teoria del Big bang è la migliore spiegazione scientifica che abbiamo, ma non è perfetta. Noi ci aspettiamo di capire altre cose. Scientificamente non sappiamo nulla dei primi istanti dell’universo. Dalla fede, invece, sappiamo che senza Dio non si può spiegare l’esistenza dell’universo. Allo stesso tempo la scienza non può rispondere alla domanda essenziale».
Che sarebbe?
«Perché esiste l’universo e non il nulla?».
Ci sono scienziati come Stephen Hawking che rispondono negando che Dio possa servire all’universo e che la metafisica non serve più a niente.
«Per chi ha fede Dio è fonte di ogni cosa. Lo scienziato deve cercare spiegazioni a livello naturale. È scorretto utilizzare la scienza per rispondere a domande filosofiche e metafisiche, perché le si chiede qualcosa che non può dare. Riguardo a Hawking, non ho ancora letto il suo libro. Certo è che non possiamo pensare a Dio come a un’energia, a una forza di gravità: è un punto di partenza sbagliato. Dio è al di fuori delle nostre conoscenze scientifiche. Non abbiamo bisogno di Dio per spiegare come si formano le galassie. Abbiamo invece bisogno di Dio per spiegare il motivo per cui esiste l’universo invece del nulla. E questa domanda, o meglio, questa esigenza intima dell’uomo, non ha a che fare con la scienza».
Fondamentalmente, Funes sembra sostenere che vi sia una netta separazione di dominii tra scienza e fede, con la prima che si occupa di cercare le «spiegazioni a livello naturale» di cose come, ad esempio, «la formazione delle galassie», mentre riserva alla seconda la risposta a domande filosofiche e metafisiche come «perché esiste l'universo e non il nulla?».
Messa così non si può che essere d'accordo con Funes: scienza e religione non hanno nulla in comune, ognuna ha il suo ambito di indagine e i due insiemi sono disgiunti.
Il problema è, a mio avviso, la definizione degli ambiti di indagine di religione e scienza, e su questo non sono completamente d'accordo con Funes.
Hawking ha reso popolare una teoria, non sua e non certo recentissima, in base alla quale l'universo sarebbe nato dal "nulla" in base a leggi fisiche; conseguenza di questa teoria è che non vi sia bisogno di postulare l'esistenza di un Dio creatore.
Ora, si possono muovere tante obiezioni a questa teoria, che potrebbe anche non essere corretta. Ma Funes non fa questo, egli contesta ad Hawking il diritto di trattare scientificamente questi problemi; secondo lui, infatti, «la scienza non può rispondere alla domanda essenziale "Perché esiste l’universo e non il nulla?"», e non lo può fare perché questa domanda appartiene al dominio filosofico e metafisico.
Ma su quali basi Funes rivendica l'appartenenza della domanda sull'esistenza dell'universo all'ambito metafisico piuttosto che a quello fisico? E, più in generale, può la religione rispondere realmente a questo tipo di domande?
Dove finisce la scienza e inizia la metafisica?
Funes non si dilunga sulle ragioni per le quali, a suo dire, domande come «perché esiste l’universo invece del nulla?» sarebbero fuori dal dominio della scienza, e questo è un peccato, perché su questo argomento abbiamo punti di vista differenti.
A me, infatti, sembra che la domanda sull'esistenza dell'universo possa essere spiegata tramite il processo scientifico e che, soprattutto, la scienza non debba rinunciare ad indagarla, tanto meno per un presunto rispetto dei diritti della metafisica.
Davanti ad una domanda del genere, infatti, il primo passo dovrebbe essere metterne in discussione l'assunto implicito che l'esistere sia qualitativamente migliore, in un certo senso più "speciale", del non essere. Se in generale questa assunzione può sembrare accettabile, bisogna verificare che lo sia anche nel caso dell'universo.
Quando parliamo di "universo" stiamo parlando di qualcosa che comprende ogni cosa e che dunque è l'opposto del "nulla". Ma il "nulla" può realmente "esistere"? Può qualcosa che è caratterizzato dal non avere niente che lo caratterizzi avere l'attributo di esistenza? Mi pare evidente che non lo sia, perché nel caso in cui il nulla esistesse, vi sarebbe qualcosa che esiste, il nulla appunto.
Questo potrebbe sembrare un sofismo, e non sono certo che non lo sia, ma mi pare chiaro che la questione «perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla» non sia così chiara come sembra. E infatti, quello che mi pare Hawking sostenga è che la questione sia mal posta: l'universo esiste, infatti, perché non potrebbe far altro che questo, non potrebbe non-esistere. Da cui si deduce che questa domanda non è necessariamente dominio della metafisica, ma potrebbe essere indagata legittimamente dalla scienza. Con buona pace di Funes.
Chi può rispondere davvero alle domande sull'origine dell'universo?
La seconda domanda riguarda la possibilità per la religione di rispondere a domande quali «perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla». Mi pare evidente che a questo genere di domande la religione possa rispondere solamente «perché Dio lo ha voluto», o qualcosa del genere. Certo la teologia non è così primitiva, e le risposte fornite sono articolate, ma, fondamentalmente, tutte si riconducono alla risposta fondamentale «Dio l'ha voluto».
E «Dio l'ha voluto» non è una risposta ammissibile, per il semplice motivo che non spiega nulla. Il motivo? Qualunque cosa può essere spiegata affermando che Dio l'ha voluta a quel modo; allo stesso modo, però, è possibile spiegare il contrario.
Qualche esempio. La Terra è al centro dell'universo? «Dio l'ha voluto!» La Terra non è al centro dell'universo? «Dio l'ha voluto!» La Terra ha seimila anni? «Dio l'ha voluto!» L'universo ha tredici miliardi di anni? «Dio l'ha voluto!» E così via...
«Dio l'ha voluto» è una spiegazione molto facile, perché permette di dare una risposta senza sforzarsi di trovarla; allo stesso tempo, nel caso fossimo confutati, potremmo sempre spingere Dio un po' più indietro nella catena delle spiegazioni, farlo passare dall'essere la causa di qualcosa all'essere la causa della causa e così via. Si tratta di qualcosa che è stato fatto per millenni, ogni volta che la scienza permetteva all'uomo di spiegare fenomeni fino ad allora spiegati col volere divino Dio arretrava un po' di più. Ora è confinato agli estremi della conoscenza umana, agli primissimi istanti dalla nascita dell'universo.
E le teorie scientifiche come quella di Hawking lo stanno spingendo ancora più in là. Con buona pace di Funes, nelle cui parole si inizia a sentire un po' di timore.
Immagini: Luke Muehlhauser e Colin Purrington.