commento di Elisabetta BartuccaSummary:
Un’operazione costata poco più di 68 milioni di dollari e un incasso di 60 milioni dopo solo due settimane dall’uscita negli Stati Uniti. Il cast, nonostante il budget, è quello delle grandi produzioni hollywoodiane (Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Pena, Jon Bernthal); il film, Fury, che in Italia arriverà il prossimo 29 Gennaio 2015 è un war movie duro e puro diretto e prodotto da David Ayer. Che per il suo ritorno sulle scene non poteva scegliere diversamente: è sua infatti la firma della sceneggiatura di “U-571” di Jonathan Mostow, scritta all’indomani del servizio militare trascorso su un sottomarino del US Navy. Ma per molti il nome di David Ayer è legato soprattutto a film come “Training Day” (2001) di Antoin Fuqua o “Harsh Times – I giorni dell’odio” (2006), gangster movie indipendente in parte autobiografico che segna il suo debutto alla regia.
L’ultima volta che i fan italiani lo hanno apprezzato sul grande schermo risale al 2012, in quell’occasione Ayer sfoderò “End of Watch – Tolleranza zero” che metteva insieme Michael Pena e Jake Gyllenhaal, poliziotti per le strade di Los Angeles, in un mockumentary.
La storia questa volta è ambientata in Europa nell’aprile del 1945, durante la fine della Seconda Guerra Mondiale. Un agguerrito sergente dell’esercito americano, Wardaddy (Brad Pitt), si ritrova al comando di un’unità di cinque soldati che a bordo di un carro armato Sherman tenteranno di colpire il cuore della Germania nazista. Per Brad Pitt un ritorno alla divisa di ufficiale americano dopo quella indossata nei “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino, ma a fare la differenza qui è l’approccio ad uno scenario storico praticamente identico: “Fury lo scenario storico lo prende molto sul serio”, dichiara alla stampa l’attore. A partire da quei tre mesi di addestramento con carri armati veri a cui tutto il cast è stato sottoposto prima dell’inizio delle riprese: “Abbiamo voluto rendere la spossatezza dei soldati per il freddo e la fame, giorno dopo giorno”, confessa Pitt, che non si è risparmiato in nulla tanto da trascorrere diversi giorni al fianco dei reduci americani dei carri Sherman; un ruolo che non avrebbe potuto interpretare senza “uno studio sulla leadership per imparare a farsi rispettare”.
Il film, che ha chiuso lo scorso London Film Festival, è destinato a far parlare di sé anche per alcune criticate scene di sangue e devastazione a cui il regista risponde così: “C’è un guerriero in ognuno di noi, ‘Fury’ è un film sull’azzardo morale e psicologico”.
Destabilizzante l’impatto emotivo che l’intero periodo di riprese avrebbe avuto sugli attori, rimasti sul set per tutta la lavorazione: di qualche tempo fa la notizia che Shia LaBeouf, ad esempio, non si sia lavato per mesi e che abbia dormito in un bed and breakfast lontano dal resto della troupe per poter ricreare al meglio le condizioni di vita al fronte. Cinque uomini e gli orrori della guerra osservati quasi sempre a bordo dell’inseparabile tank; punto di vista certo non nuovo, adottato da qual Lebanon di Samuel Maoz che nel 2009 si meritò il Leone d’oro al Festival di Venezia. Precedente illustre e difficile da dimenticare.
di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net