E' caduto il siparietto del 'nuovo miracolo italiano' e ora inizia una fase nuova, quella della ricostruzione. Ciò che rimane di buono sotto le macerie del berlusconismo viene da un lontano passato: è la consapevolezza che ciò che si costruirà in futuro sarà frutto del lavoro e della fatica di tutti, e quindi sarà di tutti!
Per la prima volta dopo 17 anni, l'Italia ha fatto un passo avanti vero: s'è risvegliata dal coma sotto gli occhi del mondo. I brindisi, gli sfoghi, le espressioni di gioia ed entusiasmo della folla riunitasi ieri sera a Roma in Piazza Montecitorio, non possono essere ridotti, come sembra fare oggi Alfano e alcuni esponenti dell'ex maggioranza, ad una mera condanna dell'operato del governo; facendolo sbagliano analisi. In verità gli esponenti del Popolo delle Libertà sono amareggiati perchè non hanno alcun argomento valido di fronte alla cruda realtà: di fronte ad una folla che festeggia la caduta di Berlusconi, non possono usare la loro consueta demagogia populista, non possono accusare il popolo di ribaltonismo!
La caduta del caimano è stata soprattutto una 'liberazione' ideologica e psicologica per il popolo italiano, quasi un rito di passaggio, un momento di crescita interore e collettiva. Finalmente è maturato quello scollamento generazionale che tanto aspettavamo tra paese reale e paese dei balocchi. Un paese frutto dei boom economici degli anni '60 e '80, del liberismo e del neoliberismo anglosassone, dei miti del riscatto dalla miseria, del successo personale e della distinzione dalla massa, dell'arricchimento personale, idee che hanno monopolizzato i sogni degli italiani da almeno un secolo. Non finosce tutto ma solo la favola dell'Italia settima potenza economica mondiale, un paese esistito solo nelle teste di un'elite imprenditoriale e di qualche milione di ignari e manipolati consumatori, un paese sognato, idealizzato ma mai realizzato, perchè l'effettiva impossibilità di farlo nelle condizioni in cui si trovava il nostro paese. C'è un'enorme differenza tra progetti e sogni, tra sogni e chimere, e bisogna essere prima di tutto realistici.
E' la fine di un certo tipo di Italia da copertina, di un paese vissuto al di sopra delle proprie possibilità e che già negli anni '80 veniva ammonito laconicamente da un politico tedesco con le seguenti parole: "Italiani sbruffoni e truffaldini, andate avanti così e non farete molta strada". E aveva ragione. E' la fine di un'idea di Belpaese figlia dell'ubriacatura del mini-boom economico degli anni '80, un decennio che ha visto la vittoria dell'Italia ai Mondiali, la nascita dell'ideale della competizione positiva, della borsa, della propaganda capillare del modello capitalistico nordamericano, un decennio duro a morire, caratterizzato in Italia soprattutto dall'emergere dell'impero economico di Silvio Berlusconi. Si respirava un clima di rinato sentimento patriottico e di ottimismo, il che diede il via ad un periodo di spesa sconsiderata, indiscriminata, senza controllo, origine di tutti i problemi di debito pubblico dell'Italia di oggi.
Era come se l'Italietta borghese si identificasse totalmente con gli States, nei film holliwoodiani degli anni '30, in una sorta di ubriacatura collettiva, come se gli italiani si riconoscessero concittadini della maggiore superpotenza economica mondiale, in un perverso processo di identificazione collettiva. In quegli anni, e anche in seguito, abbiamo tutti pensato erroneamente di poter trasformare l'Italia in un paese benestante, moderno e dall'economia fiorente, mentre invece la nostra era solo un'economia drogata dal debito e l'ottimismo era solo apparente, quasi forzato, trascinatosi per inerzia anche nei decenni successivi, in una sorta di dipendenza euforica da spesa compulsiva e da benessere indotto artificialmente. Fu del tutto illusorio pensare che sarebbe durata.
Eppure ora, dalle ceneri di quell'autoinganno, può iniziare una nuova grande sfida per l'umanità, quella dellla politica dal basso, della costruzione del bene comune universale, del riconoscimento di ogni essere umano alla luce di valori e ideali comuni, solidarietà, amore, conoscenza, al di la dei particolarismi. La diversità è fonte di ricchezza, di contributi originali e non di contrapposizioni dettate dall'avidità e dall'ideale della competizione. La strada è ancora lunga lo so, ma insieme, con tutto il mondo unito in un solo fondamentale intento, ce la possiamo fare. Parola d'ordine: dare il proprio contributo, perchè anche un solo mattone serve a reggere l'intera casa.Published by: http://cuba-italia.blogspot.com
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COMMENTI (1)
Inviato il 14 novembre a 04:42
Prima di scrivere questo articolo non valeva la pena dare una controllata all'andamento del debito pubblico negli ultimi anni? Sappi che, dati inoppugnabili alla mano, dal 94 in poi il debito italiano è stato in graduale -lenta, certo- discesa fino alla crisi del 2008. Certo, scendeva dall'alto, anzi, altissimo, ma comunque in discesa. I problemi partono da ben prima del 94.