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Geoingegneria: roba forte, da non bere a digiuno

Creato il 04 marzo 2015 da Valtercirillo

Geoingegneria: roba forte, da non bere a digiuno

L'Accademia nazionale delle scienze (NAS) degli Stati uniti ha recentemente pubblicato due rapporti complementari sulla geoingegneria. Ovvero sulle tecniche per manipolare alcuni aspetti dell'ambiente su scala planetaria, con lo scopo di contrastare i cambiamenti climatici causati dall'uomo.

Lo strumento finora individuato contro il riscaldamento del pianeta e i cambiamenti climatici è la riduzione dei gas serra presenti nell'atmosfera, cosa che implica innanzi tutto una drastica riduzione delle emissioni correntemente prodotte dalle varie attività umane. È appunto su questa strada che si sono indirizzati gli sforzi dell'umanità, guidati da un certo numero di Paesi che ci stanno provando - chi più, chi meno - da una quindicina di anni. Finora, però, i risultati sono globalmente fallimentari: la concentrazione in atmosfera dei gas serra è costantemente aumentata e continua a farlo.

Con l'effetto serra aumenta anche la temperatura media del pianeta e quindi i cambiamenti climatici, che minacciano di avere conseguenze sociali ed economiche enormi. Ecco perché da tempo ci si chiede se non ci siano altre strade da percorrere, nel caso le politiche di mitigazione (quelle in atto e quelle previste) non riescano a ridurre le emissioni nella quantità e nei tempi auspicati.

Secondo alcuni studiosi l'unica altra opzione possibile è la geoingegneria. Con ipotesi tecnologiche che già sono numerose e che continuano ad aumentare di numero, ma che sostanzialmente si propongono di agire in due modi:
1. rimuovere la CO2 dall'atmosfera [ nell'atmosfera sono presenti numerosi gas che provocano l'effetto serra con un livello di efficienza molto diverso tra di loro. Il motivo per cui si fa sempre riferimento solo alla CO2, è perché l'anidride carbonica è il gas quantitativamente più abbondante, inoltre viene utilizzata come una sorta di unità di misura equivalente, comprendendo cioè anche l'attività serra degli altri gas - n.d.r.]
2. ridurre la radiazione solare che raggiunge la bassa atmosfera.

È a questi due orientamenti di ricerca che fanno riferimento anche i due studi realizzati dalla NAS e dedicati appunto uno alla rimozione e sequestro definitivo della CO2 e l'altro al raffreddamento della Terra tramite riflessione della luce solare. L'obiettivo è di valutare i potenziali impatti, i benefici, i rischi e i costi delle due opzioni.

Geoingegneria: tecnologie ancora poco studiate e mai sperimentate

Quello della geoingegneria è un settore di ricerca relativamente nuovo, che prevede tecniche poco studiate e mai sperimentate.
Finora lo studio più vasto e autorevole è stato quello realizzato nel 2009 dalla britannica Royal Society, la cui logica conclusione era che è meglio fare molta attenzione, prima di mettere mano a interventi di qualsiasi genere su scala planetaria.

Alla stessa conclusione sono giunti anche gli studi della NAS. Del resto non ci vogliono molti discorsi per convincere che è bene pensare e studiare cento volte prima di mettersi a fertilizzare oceani (dispersione nei mari di sostanze chimiche per accrescerne la capacità di assorbimento della CO2) oppure a creare nuvole artificiali o a spargere sostanze chimiche nell'alta atmosfera (possibili tecniche per ridurre la radiazione solare che arriva al suolo).

Altre pratiche hanno il sapore della fantascienza, ma sono meno rischiose per l'ambiente: è il caso della proposta di mettere in orbita grandi "specchi" solari in grado di riflettere parzialmente le radiazioni del sole. Si tratta di una opzione teoricamente già fattibile, a patto di superare qualche evidente problemuccio di natura economica, di cooperazione internazionale e tecnologica, quest'ultima in relazione anche alla manutenzione e alla gestione delle apparecchiature.

Tuttavia è indiscutibile che, se davvero la geoingegneria è l'unico "piano B" per fronteggiare eventuali situazioni drammatiche, allora è meglio avviare subito studi mirati sulle possibilità di sviluppo di queste tecniche e sui reali rischi che esse comportano.

Del resto le tecniche possibili sono molte, la maggior parte delle quali di per sé innocue. I problemi nascono quando si passa alla scala necessaria per renderle efficaci. Per esempio, anche il rimboschimento di vaste regioni può essere considerato una tecnica di geoingegneria, sulla quale nessuno avrebbe da ridire. Se però si volesse rimboschire l'intero Sahara (cosa oggi tecnicamente possibile, e anche senza troppe difficoltà, a parte la questione dei costi) di nuovo si rientra in quelle opere che è bene studiare con attenzione prima di pensare che è cosa sicuramente bella e buona.

È proprio questa la lezione principale del nuovo studio americano: l'insistenza sulla fondamentale importanza di studi seri, approfonditi e multidisciplinari (ecologici, economici, tecnologici, giuridici, geopolitici) su ogni attività che si voglia ipotizzare su scala planetaria o anche solo su scala continentale. Non è un caso che lo studio realizzato dalla NAS sia stato congiuntamente commissionato dal National Research Council (NRC), dalla Central Intelligence Agency (CIA), dalla NASA e dal Dipartimento dell'energia (DOE).

Altro aspetto da sottolineare è che questa è la prima volta che importanti agenzie governative Usa chiedono di dare l'avvio a esperimenti di geoingegneria. Lo fanno tramite uno studio scientifico che innanzi tutto ribadisce che al momento non esiste alcuna ipotesi di adottare le nuove tecniche, ma solo l'esigenza di conoscerne l'efficacia e i costi economici, politici e ambientali. Come pure si precisa che in nessun modo e in nessun caso le tecniche di geoingegneria possono essere considerate alternative alle politiche di riduzione delle emissioni.
Però è stata sufficiente il solo accenno alla necessità di studiare per creare allarme tra gli ambientalisti, alcuni dei quali stanno già dissotterrando l'ascia di guerra, perché "è meglio non fidarsi solo degli scienziati" e perché occorre vigilare affinché non comincino a girare ipotesi di tecniche miracolose che distolgano l'attenzione dagli sforzi per ridurre le emissioni.

[ Valter Cirillo]

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