Dopo aver parlato di José L. Peixoto, scatta il riflesso condizionato che ci porta all'altro caso letterario portoghese d'inizio millennio: Gonçalo M. Tavares. Giunto anche lui in Italia tramite un editore di prestigio, forse qualcosa non è andata come ci si aspettava in quest'altra cronaca di un genio annunciato, perciò Guanda ha pubblicato solo tre titoli di una produzione letteraria precocemente sterminata. Dal suo debutto, dieci anni fa esatti, Tavares ha infatti scodellato decine e decine di libri grandi e piccoli, senza contare i testi più o meno brevi, a volte brevissimi, usciti su giornali, riviste e blog. E il Portogallo ha di bello che basta piacere a un pugno di comparativisti, lusitanisti, epistemologi, logici matematici, prefatori illustri e intellettuali in vacanza per diventare imprescindibili al Canone Occidentale. C'è un che di simpaticamente provinciale in tutto questo, perché distante dall'aggressivismo delle macchine da guerra editoriali progettate per lanciare best-sellers. Qui ci si accontenta di sfornare capolavori, ma un controllino antidoping ogni tanto non guasterebbe.
In sì copiosa bibliografia, va detto, il curatore italiano Roberto Mulinacci rivela del tatto; il romanzo “Gerusalemme” è una delle cose migliori scritte da questo infaticabile “capolavorista”. Un uomo rinvia un suicidio dopo una telefonata di una donna. Le va incontro. Tanti anni fa si amarono in manicomio, ora lei ha un cancro, le restano pochi mesi di vita ed è svenuta. Li soccorre uno psicopatico, il quale ha appena ucciso il loro figlio, strappato loro alla nascita e momentaneamente abbandonato dal padre putativo in cerca di sesso a pagamento (scava scava e trovi sempre le solite proiezioni parentali adulterine, più adulterate del classico triangolo borghese). L'assassino estrae una pistola. Ci giocano tutti e tre, ma parte un colpo e l'assassino finisce assassinato. La donna si autodenuncia, viene arrestata e, miracolo, sconterà una lunga pena. Questo fatto, semplice eppure intricato, è narrato all'inizio e alla fine del libro con qualche frase di raccordo che si ripete col copia-incolla. In mezzo, la vita di questi personaggi: il manicomio, i medici, il sesso, il dolore, il carcere che ricorda il manicomio ma senza il controllo ravvicinato dello psichiatra (GMT ha letto Foucault), dissertazioni sul rapporto tra orrore, disoccupazione e lavoro come canalizzazione della violenza (GMT ha letto Bataille). Tematiche immense trattate con eroico sprezzo del ridicolo (frasi come “nessuno cuoce il pane mentre viene torturato” sono di una stupidaggine invereconda) e frullate in un non-luogo letterario in cui s'aggirano personaggi dai nomi vagamente evocativi e rigorosamente teutonici (Spengler, Busbeck, Hinnerk...) che nel XXI secolo, a certe latitudini, suonano come i vari Aminta e Amarilli della poesia arcadica. Tanti altri personaggi di GMT esibiscono nomi di grandi scrittori, come “Il signor Calvino” e “Il signor Valéry”, per citare altri due titoli Guanda di una serie dedicata ai vari signori Brecht, Juarroz, Henry, Walser, ecc...

L'ultimo paradosso è che il Paese di Fernando Pessoa, morto lasciando un famoso baule pieno di inediti, sta diventando culla di scrittori che non lasciano inedito nemmeno lo scontrino del baule comprato all'Ikea. Sintomi entrambi, come la diarrea dopo la stipsi, di cattiva salute editoriale.





