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Gio Rapace, seconda parte: le avventure di un uomo ridicolo

Creato il 13 aprile 2010 da Pierrebarilli
Gio Rapace, seconda parte: le avventure di un uomo ridicoloErano gli anni in cui perdere tempo voleva dire far finta di vivere. Gio Rapace era morto da tempo, e lo sapeva. Fingeva benissimo e nessuno faceva caso a quel tipo che arrancava in strada Garibaldi alla ricerca del tempo perduto. Quand'era con l'anima al suo posto, ricordava il grigio smog del palazzo dove abitava. Ricordava anche il nomignolo che gli affibbiarono quando portava la borsa al commercialista e s'immergeva nella parte: rompipalle. Si, lo chiamavano "rompipalle" ed era così talmente nella parte che se un qualcuno, magari al bar o dal libraio, diceva "rompipalle" Gio Rapace si girava con la faccia tirata come la prima gallina che canta ha fatto l'ovo.Con le donne ci provava, ma anche lì, seppur vivo,  pareva morto. Dio invece era un santo e lui, a frequentare chiese e sacre scritture ci provava gusto, quasi orgasmico. Finchè un giorno, sembrava sera colpa dei nuvoloni che correvano la nell'alto dei cieli,  si rese conto di diventare sempre più un rompipalle, anche per se stesso. Il pretino che lo confessava - sabato mattina, tutti i sabato mattina - dietro una pesante tenda e chiuso dentro una specie di sgabuzzino traforato che chiamavano "confessionale", non l'ascoltava oramai più. Peccati noiosi, talmente noiosi che il pretino nel frattempo si faceva le parole crociate,  liquidando il tutto con tre ave qualcosa e tre pater nostrum. Si, si vedeva, Gio Rapace era definitivamente intrappolato proprio dall'istinto di morte che, pesante fardello, l'accompagnava alla stazione la mattina per poi sbarcarlo nello studio del commercialista a far da osservante passacarte.In quel tempo, la fantasia voleva il potere; Gio Rapace cercava la bella morte e, visto che la politica era morta... soppiantata dalla fantasia, si butto in politica: portare borse e riportare l'osso diventò il suo mestiere. Lì comprese che il sistema conosceva un'unica legge, quella della dominanza. L'umanesimo, la carità cristiana -nonostante le centinaia di cialde messegli sulla lingua da bisbiglianti sacerdoti - i miti, le filosofie e i buoni sentimenti non avevano potuto nulla contro tale legge. Egli stesso, malgrado i buoni discorsi, non aveva fatto che ottemperare a tale legge. Finì così a costruire capannoni in terra promessa e, se dal disordine nasce l'ordine, dall'ordine di togliersi di mezzo mai più si sollevò. Morto, nel frattempo, l'era diventato. Gio Rapace in eredità ebbe, come se fosse vivo, la fantasia in cooperativa. Fu così che, per la prima volta al mondo dopo Caligola, la fantasia salì al potere e si ebbe lo spettacolo nuovo delle Gazzelle a sirena spiegata sotto casa di chi voleva, con scorciatoia chimica, chimicare torti e ragioni.Gio Rapace, rifornitore di braccia al piccolo chimico, difese l'accusato e licenziò l'accusatore. Poi l'accusato, finìto preventivamente in galera, uscì e morì,  tirando di tennis e le cuoia.Anche Gio Rapace era morto da tempo, e lo sapeva. In forma per il futuro, fingeva benissimo e nessuno faceva caso a quel tipo che arrancava in strada Garibaldi alla ricerca del tempo perduto.Nessuno!L'ultimo spenga il fotovoltaico, please.Fine seconda puntata (Continua...) 

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