
Ci sono scrittori che hanno fatto il Novecento ed hanno scelto la via della solitudine, del coraggio, della coerenza e della fedeltà ad una tradizione e non scrittori che la sinistra politica e ora il radicalismo culturale hanno innalzato ad icone e considerato scrittori. Ma basta leggere i testi oltre le facili e fragili disinvolture di ignoranze permanenti. Degli scrittori non scrittori ho deciso di non parlare. Per il momento. La strada è lunga ma anche l’ignoranza non è corta. Parlo degli scrittori che sono tali anche perché è stato pubblicato, di recente, un nuovo testo, con mia prefazione: io e Mauro apparteniamo ad una generazione che nin si è mai smentita ed ha avuto maestri che vanno da Pound a Grisi, su Giovanni Papini. L’irrequieto e solitario Papini. Anzi la grandezza della coerenza. Papini segnò un percorso preciso nella storia della letteratura in quella del pensiero filosofico del Novecento. Un percorso in cui la testimonianza diventa un rapporto costante tra la vita e la letteratura, e la stessa letteratura, diventa il più delle volte una dichiarazione esistenziale. Il saggio di Mauro Mazza, edito da Pellegrini, dal titolo: “Uomo infinito. La lezione di Papini”, focalizza il percorso di Papini all’interno di un processo di idee che ha segnato la volontà di una generazione non solo ad essere testimone, ma soprattutto protagonista.
L’attualità e l’inattualità sulle quali Mazza si sofferma, in una riflessione a tutto tondo su un Novecento che comincia ad aprirsi ai nuovi “valori” e al nuovo modello di uomo: da quello “finito” a quello della “rivelazione”, costituiscono la chiave di lettura in una temperie che ha vissuto l’intreccio tra moderno e tradizione anche nel contemporaneo. Ma andiamo per ordine su questo Papini di Mazza.

Mazza si era già soffermato su Papini ponendo all’attenzione una questione sia storica che esistenziale. Quella “penna arrabbiata”, come afferma Mazza in un suo capitolo, costituisce l’anima critica non solo di un intellettuale, ma di un secolo. È chiaro che uno dei testi che segna inevitabilmente la vita di Papini è certamente “Storia di Cristo” che porta la data del 1921.
Un testo vissuto completamente sulla sua diretta esperienza umana e religiosa. È uno scritto che pubblicizza sostanzialmente la sua conversione al cattolicesimo. Papini era un ateo intransigente. La Storia di Cristo racconta appunto il suo accostamento alla religione cattolica. L’opera più conosciuta resta indubbiamente Un uomo finito che risale al 1912. Si tratta di un’autobiografia in cui il narratore fa una resa dei conti della propria vita.

Così sottolinea: «Che cosa volevo imparare? Che cosa volevo fare? Non lo sapevo. Né programmi né guide: nessuna idea precisa. Di qua o di là, est od ovest, in profondità o in altezza. Soltanto sapere, sapere, saper tutto. (Ecco la parola del mio disastro tutto!). Fino d’allora sono stato di quelli per cui il poco o la metà non contano. O tutto o nulla! E ho voluto sempre il tutto – e che niente sfugga o resti fuori! Completezza totalità – più niente da desiderare, dopo! Cioè la fine, l’immobilità, la morte!». L’anticonformismo che traccia la linea dell’intelligenza dell’eresia. Mazza dedica un capitolo a “Prezzolini, l’anticonformista”, un capitolo che si apre a chiavi di lettura significative. In Papini d’altronde la consapevolezza della crisi è la ritrovata memoria.

Questo è un altro modo di dire che il nostro scrittore fu inguaribilmente un poeta e che i suoi eroi, sotto molteplici nomi, sono proiezioni del suo io». Si tratta di una sottolineatura importante perché ripropone Papini nella sua completezza e nella sua complessità. E ripropone il Papini poeta. Ovvero la metafora della poesia attraverso una tensione esistenziale che supera la fisionomia dei conflitti. In una sua poesia Papini recita: «…Ma quando al finire del giorno/ ritrovo, stracco e freddo, la fossa della strada/ nella mezzombra lilla del ritorno,/ sono il povero triste a cui nessuno bada».
Questi versi risalgono al 1917, alle “Venti poesie” di “Opera prima”. Il Papini successivo non è soltanto lo scrittore della “redenzione”, è anche lo scrittore di quel gioco nostalgico che vive la malinconia del tempo su una dimensione che è anche, come ha sostenuto Borges, intrecciata da quei segni fantastici fatti di crepuscoli e di sogni.
Un libro, questo di Mauro Mazza, che ci permette, in questo nostro tempo, di rileggere e anche ricontestualizzare uno scrittore e un filosofo che supera il tempo della leggerezza e della fragilità, per vivere e farsi vivere in quella metafisica dell’anima tanto cara a Maria Zambrano. Ma è un libro che attraversa il pensiero di un Novecento inquieto. Papini uomo inquieto in un Novecento inquieto da D’Annunzio a Cardarelli, da Prezzolini a Gentile, da Grisi a Berto.
Foto: Pierfranco Bruni e Mauro Mazza: una generazione che non si è mai smentita. * V. Presidente Nazionale del Sindacato Libero Scrittori