Gita con un unpodichimica
Longiano
(dove)
E’ un piccolo paese ma ha in serbo preziosi doni per chi oltrepassa le sue porte.
Vi sono giunta un assolato pomeriggio estivo e per un attimo ho pensato di vivere un’ avventura simile a quella della coppia Troisi -Benigni in ”Non ci resta che piangere”. Niente macchine, nessun evidente segno del XXI secolo, solo un gruppo di persone che si aggiravano in abiti trecenteschi ( o giù di lì) per le strette vie parlando un italiano arcaico.
Nessun viaggio nel tempo, però: ero solo nel bel mezzo delle prove generali di una commedia ma l’effetto non era niente male!
Longiano è un bellissimo paesino medievale, in salita, con vie strette e case color mattone . Lì si incontra una piccola chiesa sconsacrata , un gioiellino barocco che racchiude tesori d’arte sacra, un magnifico Castello Malatestiano che accoglie la Fondazione Balestra con un’ interessante raccolta d’arte figurativa del ‘900, il teatro Petrella datato 1870 e … unpodichimica!
Nooo! Direte voi : questa anche in vacanza va a cercare robaccia chimica! Intanto niente di quello che ha a che fare con la chimica è robaccia e poi questa volta parlo del Museo della Italiano Ghisa e la ghisa non è solo quelle poco alettante materiale biancastro utilizzato per i termosifoni ma è una lega affascinante capace di riportare indietro nel tempo, agli albori della città industriale.
Intorno alla seconda metà del 1800, infatti, nelle strade delle città italiane e straniere, iniziarono a comparire enormi candelabri , fontane, panchine, gazebo, maschere e decori, alcuni d’insospettabile leggerezza. Tutti realizzati in ghisa. Perché proprio in ghisa?
Ragioni economiche: essendo una lega ferro –carbonio, la ghisa era un materiale molto più economico del bronzo ( lega rame- stagno) pur richiedendo temperature di lavorazione più alte; inoltre, le prime ghise erano ad alto tenore di fosforo e questo ne aumentava la colabilità rendendole adattissime alla produzione di manufatti da realizzare in fonderia. La fragilità e la non malleabilità della ghisa non ne permettono la forgiatura né a freddo né a caldo. Per lavorarla è necessario sottoporla a fusione ed è questo l’aspetto che la caratterizza e la differenzia dal ferro battuto ed è ancora questo a determinarne l’impiego in architettura a partire dal XIX e parte del successivo.
La ghisa, Infatti, essendo fusa consente la riproduzione del medesimo articolo in numerose copie identiche;
Il ferro battuto invece è legato all’abilità dell’artigiano di cui ogni pezzo è espressione.
Questa considerazione è alla base delle due diverse correnti di pensiero, pro e contro l’uso della ghisa nell’arredo urbano, che si scontrarono all’apparire di questo nuovo materiale, destinato comunque a sostituire con successo altri materiali come il legno e il marmo.
Il giudizio di Ruskin in (Seven Lamps of Architecture) è di condanna senza appello: il decoro in ghisa è “ rozzo freddo e vogare … un surrogato dell’autentico ornamento” (Rossella Bassi Neri- La ghisa: quando il gusto incontrò l’arte industriale.
Nonostante le critiche la ghisa contribuì alla trasformazione delle città che si sviluppavano per effetto dell’industrializzazione e dell’industrializzazione fu essa stessa il simbolo.
Nonostante l’ aspetto massiccio, i manufatti in ghisa erano facile preda della corrosione e dovevano essere protetti con trattamenti superficiali per evitare, o almeno ritardare, l’attacco degli agenti atmosferici. A dispetto di questa precauzione, molti pezzi sono arrivati ai nostri tempi in condizioni precarie e per salvarli dall’inevitabile degrado, si sono resi necessari difficilissimi restauri.
Com’ è fatto un museo della ghisa? E’ un luogo in cui sono raccolti gli arredi urbani di importanti città italiane ed europee realizzati in fonderia vale a dire producendo ghisa e colandola in elaboratissimi stampi. Oltre ai manufatti, si possono visionare i progetti disegnati da artisti, alcuni anche famosi o ammirare gli esiti di quei restauri così complessi che hanno riportato in vita pezzi quasi spacciati.
Una parte delle opere in ghisa è custodita nella chiesetta di Santa Maria delle Lacrime nel cuore del paese: il resto lo si può trovare nel museo annesso alle fonderie Neri .
Purtroppo sono riuscita a vedere solo la piccola parte conservata in paese perché sabato e festivi il Museo della fonderia è chiuso, ma la selezione di opere scelta per la chiesetta è di
candelabro per la Montagnola
tutto rispetto.
Appena entrati nell’edificio, è proprio uno dei grandi candelabri della Montagnola (parco di Bologna) ad accoglierci. Magnificamente restaurato, riporta agli anni in cui salivano le imponenti gradinate elegantissime signore in crinoline e uomini con cilindri; i tempi sono decisamente cambiati e l’eleganza non è più una caratteristica di quella zona della città.
Osservando meglio il candelabro scopro che è stato
fonderie G. Barbieri Castel Maggiore
prodotto nelle gloriose fonderie Gaetano Barbieri, industria storica e oggi scomparsa del Castel Maggiore( il mio paese) che fu .
Molte sono le città italiane rappresentate dai pezzi della collezione: Milano, Messina, Venezia per citarne alcune. L’insieme è veramente suggestivo e Longiano meriterebbe una visita anche solo per questo.
Concludo con quella che considero una chicca scovata fra le opere della fondazione Balestra: tre disegni di Leonardo Sinisgalli, ingegnere e poeta del novecento. Una vera emozione trovare matite di questo interessante scienziato/ poeta praticamente dimenticato, che non sapevo fosse anche pittore.
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Di Sinisgalli riporto anche una poesia, tratta da “ Vidi le Muse” ( 1931/37) e riportata in “ Poesia italiana del novecento” a cura di Edoardo Sanguineti
San Babila
Trascina il vento della sera
Attaccate agli ombrelli a colore
Le piccole fioraie
Che strillano gaie nelle maglie.
Come rondini alle grondaie
Resteranno sospese nell’aria
Le venditrici di dalie
Ora che il vento della sera
Gonfia gli ombrelli a mongolfiera.