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Lo è per Ivan Basso, che dopo la gloria ritrovata in patria tornava al Tour, la sua corsa, quella che lo rese grande quando da giovane promessa teneva la ruota di Armstrong, quando l'incotnro con Bjarne Riis gli cambiò la carriera, in positivo prima, in negativo poi. Ivan ci ha provato, ci ha messo grinta prima che la bronchite e la febbre gli facessero abbandonare ogni speranza. Ha patito le fatiche del Giro vinto a maggio e una condizione mai arrivata, oltre che la freschezza degli avversari. Ci riproverà statene certi. Non è uno scattista, bensì un maratoneta che per vincere ha bisogno di lavoro, sacrificio, studio e costanza. In questo Tour le cose sono andate male, ma le bastonate spesso fanno meglio di una carota. Basso è caduto, ma ha dimostrato di sapersi rialzare con stile.
Tempo di bilanci anche per Alessandro Petacchi. Alejet ha ripreso a volare, a 36 anni, vincendo due tappe e conquistando la maglia verde. Non accadeva dal Tour 1968, Bitossi. Certo Cavendish ha una marcia in più anche se l'esperienza di Petacchi ha pagato per portare a casa la maglia a punti. Colorata di quel verde speranza; quella di non dover fare la cosa peggiore per un amante del ciclismo: riscrivere le classifiche. Causa doping. Resta un'ombra su questa maglia verde viste le indagini e le voci che giungono dalla procura di Padova, tornerà il sole? Nel frattempo questa maglia di Petacchi rappresentano il salvagente di salvataggio per un Tour altrimenti disastroso per i nostri azzurri. (A parte l'ottimo lavoro di Tiralongo; che ahinoi corrè con il nemico).
Per Andy Schleck una maglia bianca, che anno dopo anno va sempre più stretta. 39" sono pochi, pochissimi, salti di catena a parte Andy non dormirà tranquillo per qualche notte ripensando alla propria tattica psicologica attuata sulle Alpi. Contador non era al top, ma ha corso intelligentemente mascherando i propri limiti mentre Andy nonostante un potenziale incredibile a tratti è sembrato troppo sicuro, sprecone, arrogante, giocherellone, superficiale e immaturo, quasi un bambino viziato. Maturerà. Le sconfitte fanno crescere. Per ora un secondo posto onorevole e una dimostrazione di forza; atteso per i prossimi anni con più cattiveria.
Il terzo successo di Contador è stato il più sofferto. L'anno scorso dominò in salita, da padrone, dimostrando di non avere rivali quando la strada saliva. Nel 2007 vinse per 24" su Evans, ma era la giovane rivelazione che si imponeva sui campioni affermati. Era il nuovo che avanzava, e per questo i 39" di quest'anno sembrano molti meno in confronto a quei 24". In montagna non ha entusiasmato, mai staccato ma mai solo, a crono ha sofferto e ha trovato un rivale all'altezza sia fisicamente che psicologicamente che non è risucito a sconfiggere con convinzione. Chi vince però, ha sempre ragione, pur senza un successo di tappa e nonostante i soli 39" Contador ha meritato questo Tour per costanza e intelligenza. Lo gusterà, visto il sudore versato per conquistarlo. Per Alberto Contador questo 3° successo al Tour è stato un pò come il primo amore: è stato troppo breve, sa che avrebbe potuto fare meglio, e non lo scorderà mai.
L'abbraccio sul podio tra i due sfidanti è la parola fine su tutto ciò che è successo prima. Il tempo dei bilanci finirà presto, e prenderà piede il desiderio di rimettersi in viaggio, verso nuove mete. I loro sguardi sul podio ci assicurano che non è finita qui, questo era solo l'inizio.
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