a cura di Ninnj Di Stefano Busà
Giuseppe Conte è nato a Imperia
nel 1945. Si è laureato in Lettere presso l'Università Statale di Milano,ed è stato collaboratore di riviste letterarie, redattore della rivista Il Verri diretta da Luciano Anceschi, assistente
universitario di Estetica a Milano con il Prof. Dorfles e di Letteratura Italiana a Torino con il Prof. Barberi Squarotti, e docente nelle Scuole Superiori. Abbandonato l'insegnamento, si è poi
dedicato a tempo pieno all'attività di scrittore. Esordisce nel 1972 con un volume come "La metafora barocca" (Mursia editore), destinato a diventare un punto di riferimento costante
per gli studi secenteschi, e nel 1979 in poesia con "L'Ultimo aprile bianco" (Guanda, Società di Poesia), cui seguirà nel 1983 "L'Oceano e il Ragazzo", uscito direttamente nei
tascabili della BUR di Rizzoli, che fu salutato da Italo Calvino come un libro fondamentale nel rinnovamento della poesia italiana. In seguito, ha pubblicato altre raccolte di poesia, romanzi,
saggi, libri di viaggio, libretti d'opera, testi teatrali. Il suo ultimo romanzo, "Il Terzo Ufficiale", Longanesi 2002 ha vinto i premi Hemingway e Basilicata. Ha tradotto Blake,
Shelley, Whitman, D. H. Lawrence, ed ha curato l'antologia "La lirica d'Occidente", Guanda 1990.
È in uscita una sua nuova antologia che, prima in
Italia, comprenderà anche la poesia delle maggiori tradizioni dell'Oriente (quella araba, persiana, turca, indiana, cinese, giapponese). Dal 1986, è consulente per la poesia dell'editore Guanda
(Gruppo Longanesi), e dal 1984 collaboratore di diversi quotidiani, settimanali e periodici. Ha scritto come commentatore su Stampa Sera, come critico letterario sul supplemento di Repubblica
"Mercurio", e attualmente è collaboratore del Giornale e del Secolo XIX.
Tra i libri pubblicati: "Lettera ai disperati
sulla primavera" (Ponte alle Grazie, 2006) e "Ferite e rifioriture" (Lo Specchio, Mondadori 2006).
Momento culminante di una storia poetica iniziata
trent'anni fa con "L'ultimo aprile bianco".
Sono qui seduto su un tappeto
Salmo 2 (A Yves Bonnefoy)
Oso invocarti in questa Europa cieca
sfiancata da calura e siccità
corrosa da diluvi e frane
continente di cenere e liquami
dove sono sovrani incontestati
Nulla e Ipermercati.
Oso invocarti e sperare, Poesia.
Senza essere né Davide né Salomone
senza possedere né Betsabea né la Sunemita
e senza conoscere il linguaggio
degli sparvieri o delle formiche
io ti invoco, ritorna
ritorna come un maggio
luminoso-selvaggio
e come il primo raggio
soffiante-biancheggiante
dell’alba.
Ritorna, ritorna.
Ritorna foreste, anime, cattedrali.
Ritorna azzurri giardini orientali.
Ritorna, ritorna
Vergine, Venere, Africa.
Non sarai più la stessa,
migrerai, muterai
e noi non ti vedremo come non vide
Mosè la Terra Promessa.
Ma ritorna, ritorna, Poesia.
Oso invocarti e sperare.
Seduto sulla sponda del torrente in secca ad aspettare
e ancora tra le rovine a cantare.
Giuseppe Conte