Siamo proprio sicuri che sia giusto mettere assieme paese (con i suoi problemi) e nazionale di calcio, confondendo il tifo con la critica di una nazionale che ci ha illuso giusto per lo spazio di un fine settimana?
"right or worng it's my country" è un detto anglosassone, per cui del proprio paese non si deve parlare male.
Sia che si tratti della nazionale, che delle proprie istituzioni.
Come la presidenza della Repubblica, i vertici dello stato, che non possono subire critiche per quelle telefonate con un ex ministro, testimone in un importante processo che parla dei rapporti tra stato e mafia.
Il calcio come l'Italia
"Sto parlando del calcio o dell'Italia? I discorsi si assomigliano molto .. "
Ieri pomeriggio il presidente si voleva riferire ai problemi da affrontare nel paese e anche nel calcio: come il calcioscommesse, come la scarsa cura dei vivai, come la scarsa attenzione per la nazionale da parte dei club durante i campionati (qui Prandelli si è tolto un sassolino in conferenza stampa).
Si è usato il calcio, nei giorni scorsi, come palliativo dei mali del paese.
Finita l'illusione, sono rimasti i problemi.
Chi è più anti italiano: chi critica questa gestione del calcio nostrano, o giocatori che all'indomani del blitz della Finanza a Coverciano, hanno attaccato i pm dell'inchiesta?
Fa più male al calcio italiano l'anti tifo di Travaglio e Grillo o le scommesse dei calciatori?
Questo è un paese di vecchi ..
«Il nostro è un paese vecchio, che pensa in modo vecchio, che ha vecchi schemi. C'è una voglia matta di cambiamento, noi lo abbiamo incarnato, perciò abbiamo raccolto l'adesione dei giovani»
Per comprendere quanto siano state vere le parole di Prandelli, bastava guardarsi attorno, alla cerimonia di ieri: Piero Gnudi, ministro dello sport, 74 anni. Giancarlo Abete, 62 presidente FGCI, ex deputato DC, ai vertici del calcio nostrano da più di vent'anni.
Gianni Petrucci, presidente Coni, 67 anni (tra i principali sponsor delle olimpiadi a Roma).
Siamo un paese di vecchi (con un'alta disoccupazione giovanile): gli stessi vecchi che hanno portato il paese in questa situazione di crisi e che ora si mettono pure al riparo da sacrifici (niente tagli alle pensioni d'oro) rimanendo attaccati alla poltrona.
Non bastano le belle parole di ieri sera per dimenticarci dei nostri problemi.
A cominciare da quelli dei terremotati dell'Emilia che si sono visti le partite nel caldo delle tende. Quando arriveranno i soldi dello Stato (per non parlare di quelli dei partiti)?
L'articolo di oggi di Travaglio è una risposta alle accuse di antiitalianità, fatte ieri sera da Abete ("Una sola cosa dico. Io ho sempre tifato Italia, e mi vergogno di chi non tifa Italia"):
Giancarlo Abete, detto anche “cambio di vocale”: il presidente della Figc che si vergogna per quei due o tre che hanno osato dichiarare il tifo anti-“azzurri”. Conservi la vergogna, se ha idea di cosa sia, per questioni più serie. Tipo quel tizio che nel 1979, ai tempi di Breznev e Andreotti, era deputato Dc; dopo tre legislature divenne dirigente pallonaro per meriti politici, senz’accorgersi di decine di Calciopoli; e dopo 23 anni è ancora lì a far la muffa; tant’è che Prandelli, vedendoselo sempre fra i piedi, è sbottato contro l’Italia “paese per vecchi”.
Un editoriale dedicato a
" chi mischia calcio e politica e viene punito col più impietoso dei contrappassi: non basta una bella partita per vincere il campionato. Al più grande biscottificio della storia dell’universo, il calcio italiano, che lanciava sospetti sul “biscotto” spagnolo e ha avuto quel che si meritava: un bel cappotto spagnolo. A Sandro Petrucci, presidente del Coni dalla notte dei tempi, altro dinosauro che deve aver ispirato la denuncia di Prandelli visto che bivacca fra Coni, Federcalcio, Federvolley, Federgolf e politica da 35 anni. L’altra sera gli è bastata una buona partita con la Germania per uscirsene col memorabile “lo spread lo dettano gli azzurri, le chiacchiere stanno a zero”. Zero a quattro, per la precisione."