Secondo voi, poi uno si riprende? Da questa tachicardica pressione intercostale, che se ci penso troppo su mi si chiude anche la gola in un perverso gioco di sospiri strozzati, ci si riprende? Voglio dire, prima o poi tornerò a gonfiarmi il petto di un respiro leggero? O Moravia è una condanna inestinguibile? Che poi, a rifletterci attentamente tutti assieme, è un controsenso. Io sto male da una settimana per un libro che mi ha spalmato in faccia la melmosa indifferenza alle reciproche esistenze di una famiglia rassegnata all'apatia sentimentale.
In tutto ciò, annoto un fastidioso bruciore allo stomaco.
Cosa c'è in questo libro di così opprimente?
Non può essere il certosino scardinamento del buon senso borghese in cui, un Moravia appena diciottenne, declassa i suoi personaggi a caricature pirandelliane dei nostri umori. Non può essere questo. Questo a me piace.
Saranno i soldi che, uniti allo sprezzante squallore di un sesso quasi elemosinato, creano una combine sul filo del grottesco?
Ecco, adesso mi sanguina anche il naso.
Faccio ancora fatica a respirare.
No, non è nemmeno questo. Non c'è potenza; c'è una scacchiera, le cui pedine polverose vengono mosse da mani indifferenti e distratte.
E se fossero le donne di questo libro ad indispormi tanto da farmi sanguinare il naso? E se fossero loro che, codarde e vuote, trovano, nei loro corpi ben torniti, l'unica moneta di scambio per un'esistenza emotivamente più dignitosa?
Ho gli occhi cerchiati. Il respiro è affannato.
Vorrei solo stendermi nel silenzio e nell'indifferenza di una canzone suonata per nessuno.
Sono troppo insulse per tanto malessere.
Eccolo che risale dallo stomaco.
Carica sul petto il peso di quelle pagine sfogliate, a tratti divorate.
Non riesco a parlare. Posso solo scrivere.
E se fosse tutta colpa di Michele? Il figlio maschio bistrattato?
Ora è come un pugnale che affonda la lama fredda nella mia carne e fiotti di sangue caldo scorrono affamati sulla pelle che rabbrividisce per il dolore.
Ci siamo. E' Michele. Perché lui? Non è certo meglio degli altri, ma è il più consapevole. E' il più onesto, anche e soprattutto con se stesso. Non si cala una maschera di Pierrot sul volto ma si agita e si dispera per l'aridità che aleggia greve, nutrendo d'aria consumata i suoi sentimenti. Michele, che si scopre e si interroga, sarà l'unico a rassegnarsi con sincera disperazione all' epilogo serenamente accettato dagli altri. Perdo anche i capelli per Michele, che si trova giusto un attimo ma è già condannato ad una volgare pantomima.
Non ho mai letto un libro tanto cattivo.